corriere.it, 23 settembre 2025
Una croce nello spazio profondo: non è un segnale divino ma una conferma delle teorie di Einstein
Una croce nello spazio profondo. Gli scienziati la chiamano «Croce di Einstein», ma nulla a che vedere con religioni o fenomeni paranormali. Si tratta di un fenomeno puramente scientifico, rarissimo, previsto dalla Teoria della relatività generale di Albert Einstein. Un team internazionale di astronomi vi si è imbattuto quasi per caso, mentre osservava una galassia distante milioni di anni luce. E alla sorpresa di individuare un evento così raro, si è aggiunto un dettaglio inatteso: la Croce di Einstein rilevata mostrava una quinta immagine centrale, anzichè quattro. Un’anomalia che, secondo i ricercatori, porta la firma invisibile della materia oscura.
Che cos’è una Croce di Einstein?
Per capire l’eccezionalità della scoperta, facciamo un passo indietro. Croce di Einstein è un fenomeno che si forma quando la luce di un oggetto distante, come un quasar (cioé un nucleo galattico attivo estremamente luminoso), viene deviata dalla gravità di una galassia posta tra l’osservatore e l’oggetto lontano, generando un fenomeno noto come lente gravitazionale. In condizioni di allineamento quasi perfetto, la luce si divide in quattro immagini separate del quasar, disposte a forma di croce attorno alla galassia.
Una sorpresa inaspettataUtilizzando il radiotelescopio Northern extended millimeter array (Noema) e l’interferometro astronomico cileno Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma), il team stava studiando tutt’altro: una galassia distante e polverosa chiamata HerS-3. A sopresa gli astronomi hanno notato che la sua luce si divideva in cinque immagini anziché quattro. Inizialmente, hanno ipotizzato che si trattasse di un problema tecnico, ma nonostante l’impegno, la quinta immagine continuava a restare. «Ci siamo detti: “Che diavolo è?”», racconta Pierre Cox, astronomo francese e direttore di ricerca presso il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica, autore principale dello studio pubblicato su The Astrophysical Journal.
La materia oscura
«Ho detto: “Beh, questo non dovrebbe succedere”», ha raccontato Charles Keeton, coautore dello studio e astrofisico alla Rutgers University in un comunicato. «Non è possibile ottenere una quinta immagine al centro, a meno che non ci sia qualcosa di insolito nella massa che sta deviando la luce». Da lì, i ricercatori hanno iniziato a considerare diverse ipotesi. Ma la modellazione al computer della lente gravitazionale ha mostrato che le quattro galassie visibili in primo piano non bastavano a spiegare la comparsa della quinta immagine. Per far corrispondere i calcoli ai dati reali, è stato necessario introdurre una grande massa invisibile: la materia oscura. Questa misteriosa materia che compone circa l’85% dell’Universo, non emette luce né radiazioni rilevabili, quindi non può essere osservata direttamente, ma la sua gravità influenza il movimento delle stelle, la formazione delle galassie e perfino la traiettoria della luce. In questo caso, sarebbe stata proprio «lei» a creare la quinta immagine «impossibile».
I dati si allineano
Infatti, una volta inclusa la materia oscura – in questo caso, un alone con una massa pari a diverse migliaia di miliardi di volte quella del Sole – la matematica e la fisica si sono allineate alla perfezione, ha spiegato Keeton. «Questo è il potere della modellazione. Aiuta a rivelare ciò che non si può vedere».
«Un laboratorio naturale»
L’insolita configurazione porta con sè un importantissimo valore scientifico. L’effetto lente, in primis, ingrandisce la galassia sullo sfondo e permette agli astronomi di analizzarne la struttura con un livello di dettaglio altrimenti irraggiungibile. Ma soprattutto, offre una rara occasione per studiare la materia oscura. «Questo sistema è come un laboratorio naturale – ha spiegato Cox – Ci consente di osservare sia la galassia lontana sia la materia invisibile che ne piega la luce».