repubblica.it, 23 settembre 2025
Bye bye Bitcoin. Cala il cripto-entusiasmo tra gli italiani: -20%. L’effetto delle tasse e dei fondi
Nel secondo trimestre dell’anno il numero di possessori di criptovalute è crollato del 20% rispetto al trimestre precedente. In valore, il calo è del 22%. Gli italiani si sono disamorati della moneta virtuale? I dati sono stati pubblicati dall’Oam, l’Organismo agenti e mediatori, sulla base dei flussi inviati dai Vasp, i provider di valute virtuali come, ad esempio, i principali exchange di cripto, cioè le piattaforme dove si possono comprare e scambiare.
A oggi, all’Oam risultano 2,1 milioni di clienti in possesso di valute virtuali per un controvalore di 1,9 miliardi di euro. In media, quindi, gli italiani hanno in portafoglio 1413 euro in criptovalute a testa.
Scendono, in percentuali maggiori, anche le operazioni più basilari che si possono fare con le cripto: convertirle da euro a valuta virtuale e viceversa (-37%). Il controvalore in euro delle conversioni da cripto a valuta legale è calato del 36%. Insomma, molti clienti retail hanno abbandonato il mondo del cripto e chi ancora lo popola, ha movimentato meno denaro.
Secondo Giacomo Vella, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Web 3 del Politecnico di Milano, “il tema della tassazione può, in parte, spiegare il calo rilevato da Oam”. Il secondo trimestre è infatti quello in cui molti contribuenti iniziano a dichiarare i redditi e, con un’aliquota del 26% sulle plusvalenze, alcuni potrebbero aver pensato che non ne valga la pena.
Ma non è solo questo. Vella aggiunge che negli ultimi mesi il mercato è cambiato anche in Italia: “Non è più il periodo delle criptovalute che, in virtù di fenomeni speculativi, schizzavano del 30-40% in poco tempo, spingendo molti clienti all’acquisto. Oggi molti attori della finanza tradizionale acquistano soprattutto Bitcoin e Ether come asset di investimento alternativi. Ad esempio gli Etf, prodotti finanziari scelti dalla clientela retail, sempre più spesso hanno in pancia valute virtuali” che non sono conteggiate nell’analisi di Oam. Ma anche le banche sono più attente a questo mercato: nello scorso gennaio Intesa Sanpaolo acquistò 11 Bitcoin in un’operazione da un milione di euro. Poco in termini assoluti, ma simbolico di un cambio di passo.
Al di là delle tasse e delle scelte dei fondi di investimento, ad aggiungere complessità alla materia c’è anche il tema della scarsa trasparenza. Oam infatti rileva che il 21% dei Vasp non ha trasmesso alcun dato e, per questo, l’organismo ha avviato delle procedure sanzionatorie. In più, alcuni investitori potrebbero aver scelto di nascondere le proprie criptovalute in piattaforme non registrate al Vasp per evadere le tasse. E qui non è più questione di trasparenza ma di illegalità.
Vella spiega secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Blockchain, non ancora diffuse, “il dato dei possessori di valute virtuali è sostanzialmente in linea con l’anno scorso”. Nel mercato cripto italiano, insomma, la situazione non è chiarissima, anche a causa di un’opacità ancora diffusa e nell’incertezza se il governo aumenterà ancora l’aliquota sulle plusvalenze di Bitcoin e i suoi fratelli.