Corriere della Sera, 23 settembre 2025
Operazione cieli più puliti
Cinque miliardi di persone e oltre 130 milioni di tonnellate di merci portate da una parte all’altra del mondo, circa mille miliardi di dollari di fatturato, un impatto economico complessivo di più di 4 miliardi (il 4% del Prodotto interno lordo) e 87 milioni di posti di lavoro. Il trasporto aereo, ripreso a pieno ritmo dopo la pandemia, si conferma uno dei capisaldi del mondo globalizzato. Non senza un impatto sull’ambiente. L’aviazione civile è responsabile di circa il 2-3% delle emissioni globali di anidride carbonica, una quota che potrebbe salire fino al 20% entro il 2050 – stando agli scenari peggiori – in assenza di misure efficaci, considerando la crescita della domanda di voli. Ma a differenza di altri ambiti, l’aviazione è particolarmente difficile da decarbonizzare: i motori a reazione richiedono combustibili ad alta densità energetica e le alternative elettriche o a idrogeno non sono ancora mature su larga scala.
La sfida per la decarbonizzazione si sta giocando su più fronti. E sono tutti costosi. Le compagnie aeree hanno adottato strategie per ridurre l’impatto ambientale. La Iata, l’associazione internazionale che riunisce la maggior parte dei vettori, ha fissato un obiettivo ambizioso: raggiungere le zero emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050. Come? Attraverso una combinazione di misure. La più importante è l’adozione dei carburanti sostenibili per l’aviazione (Saf), prodotti da biomasse, rifiuti organici o processi sintetici alimentati da energie rinnovabili. I Sustainable aviation fuels – che costano fino a 8 volte il cherosene tradizionale – possono ridurre le emissioni fino all’80% rispetto al jet fuel. «Il Saf contribuirà fino a due terzi della riduzione necessaria per arrivare al net zero», ha detto il direttore generale della Iata, Willie Walsh alla vigilia della 42esima assemblea dell’Icao, l’agenzia Onu per l’aviazione civile. Ma, ha aggiunto, «siamo delusi dai progressi compiuti finora nella produzione: non siamo dove dovremmo essere e serve un impegno maggiore da parte dei Paesi». Il problema, ha proseguito, «è di offerta, non di domanda». Non solo perché il costo è elevato, ma anche perché la produzione resta limitata. Nel 2024, secondo stime della Iata, la produzione mondiale si è attestata a un milione di tonnellate. Quest’anno dovrebbe raddoppiare. Ma resterebbe comunque lo 0,7% sul totale del carburante necessario: l’altro 99,3% resta di cherosene tradizionale.
Le norme europee
Lufthansa, Air France-Klm e Iag (British Airways, Iberia, Vueling, Aer Lingus) hanno annunciato accordi pluriennali per l’acquisto di milioni di tonnellate di Saf entro il 2030. Ma come ha rilevato un’inchiesta di Reuters se da un lato le aviolinee hanno annunciato 165 progetti sul Saf negli ultimi dodici anni, solo 36 si sono concretizzati.
Sull’Europa incombe poi il pacchetto comunitario «ReFuelEu». Stabilisce che da quest’anno tutti i voli in partenza da un aeroporto dell’Unione europea saranno obbligati a utilizzare una quota minima di carburante sostenibile per l’aviazione: 2% nel 2025, 6% nel 2030, 20% nel 2035, 34% nel 2040, 42% nel 2045 e 70% nel 2050. All’interno di questa quota obbligatoria, però, l’Ue ha deciso di prevedere anche la presenza dei carburanti sintetici (e-kerosene): l’1,2% nel 2030, il 5% nel 2035 e il 35% nel 2050. Per raggiungere l’obiettivo i vettori del continente dovranno prevedere oltre 800 miliardi di euro di costi aggiuntivi.
Altri interventi riguardano l’efficienza della flotta: l’introduzione di aeromobili di nuova generazione come l’Airbus A350 o il Boeing 787 consente di ridurre il consumo di carburante fino al 25% rispetto ai velivoli più datati. Anche la gestione delle operazioni contribuisce: procedure di rullaggio a motori ridotti, rotte più dirette e atterraggi continui permettono di risparmiare carburante e ridurre le emissioni.
Il ruolo degli aeroporti
Gli scali non restano a guardare, anche se a inquinare sono gli aerei. Gli aeroporti del Vecchio Continente, riuniti in Aci Europe, hanno lanciato il programma «NetZero2050» per azzerare le emissioni. Impianti come quelli gestiti da Aeroporti di Roma (Fiumicino, Ciampino) o Sea (Milano Malpensa e Linate) hanno installato pannelli fotovoltaici, elettrificato i mezzi di terra e introdotto sistemi di climatizzazione più efficienti.
Uno degli sviluppi più significativi è stato «Corsia», lo schema internazionale di regolazione delle emissioni di CO2 derivanti dall’aviazione civile. Stabilisce che le emissioni in eccesso vengano compensate attraverso l’acquisto di crediti derivanti da programmi o progetti che generano un beneficio ambientale. Superata la fase «pilota» (dal 2021 al 2023, a partecipazione volontaria), nel 2024 è partita la prima fase e tra il 2027 e il 2035 toccherà alla terza che prevede la partecipazione obbligatoria per tutti gli Stati partecipanti, salvo esenzioni.
Sullo sfondo aleggia la gestione del traffico aereo. Il progetto europeo «Single European Sky» mira a ridurre la frammentazione dello spazio aereo del continente, che oggi costringe i jet a percorsi più lunghi del necessario. Secondo Eurocontrol, un cielo unico europeo potrebbe abbattere le emissioni del 10% grazie a rotte più dirette e tempi di volo ridotti. Ma di questo si parla da oltre vent’anni. E il progetto non è mai partito davvero.