Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 23 Martedì calendario

Parigi, il fondatore del polo del lusso si scaglia contro la tassa per i ricchi

Il governo Barnier è caduto a dicembre 2024, quello Bayrou a inizio settembre 2025, ma lo scoglio sul quale rischia di infrangersi anche il nascente governo Lecornu è lo stesso: il debito pubblico francese fuori controllo, e la quarantina di miliardi da trovare per cominciare almeno l’opera di risanamento delle finanze dello Stato. Chi pagherà quei 40 miliardi? In questi giorni il dibattito si è polarizzato attorno a due figure: da una parte l’economista Gabriel Zucman, 38enne allievo di Thomas Piketty e fautore di una tassa che imponga agli stra-ricchi di fornire un contributo eccezionale, e Bernard Arnault, 76enne fondatore del primo gruppo del lusso mondiale Lvmh, e per qualche tempo uomo più ricco del mondo davanti a Elon Musk e Carlos Slim. Per avere qualche speranza di arrivare a Natale, Lecornu ha bisogno di allargare la sua base in parlamento e cerca l’appoggio dei socialisti, che rispondono pretendendo la tassa Zucman: 2% di imposizione fiscale straordinaria sui 1800 patrimoni francesi superiori ai 100 milioni. Primo fra tutti Bernard Arnault, che negli ultimi tempi prende sempre più spesso la parola in difesa del suo gruppo e dell’economia di mercato. Lo ha fatto anche due giorni fa sul «Sunday Times» con una dura critica a Gabriel Zucman: «Non si possono comprendere le posizioni di Zucman se si dimentica che si tratta innanzitutto di un militante di estrema sinistra. In quanto tale, mette al servizio della sua ideologia (che mira alla distruzione dell’economia liberale, l’unica che funziona per il bene di tutti) una pseudo-competenza accademica che, di per sé, è oggetto di ampio dibattito». L’economista, ormai consacrato nuova star anche grazie all’opposizione di Arnault, gli ha risposto che «l’agitazione non autorizza la calunnia» e che «i miei lavori sulla globalizzazione e la ridistribuzione sono riconosciuti in tutto il mondo». Ormai è tradizione che gli attacchi personali raggiungano chi osa criticare le derive del capitalismo, e del resto nel 2013 Thomas Piketty venne subito bollato come «marxista da sottoprefettura». Ma la questione delle diseguaglianze crescenti è sempre più sentita dai cittadini francesi e non, al di là degli scontri tra ego.