il Fatto Quotidiano, 22 settembre 2025
Studentati, l’obiettivo Pnrr è lontano: creati meno di metà dei posti
Non ci sono tende degli studenti in protesta per il caro affitti all’orizzonte eppure non è che negli ultimi due anni abbiano trovato nuove residenze universitarie a prezzo calmierato o ci sia stato un calo dei prezzi, anzi. I posti letto che avrebbero dovuto essere realizzati con i fondi del Pnrr sono fermi sotto quota 15mila (il ministero non fornisce dati ufficiali ma erano poco più di 11mila nell’ultimo rilievo di marzo dell’Unione degli Universitari) e comunque non sono ancora neanche a metà dell’obiettivo visto che la cifra da raggiungere entro fine 2026 – come da obiettivo Pnrr – è di 60mila nuovi posti.
Inoltre – spiega il report dell’Udu dal titolo “È tutto sbagliato” aggiornato a marzo – i posti letto realizzati finora sono per lo più creati dai privati, per i quali le offerte a prezzi calmierati non valgono e che possono riservare quote anche ad altre destinazioni d’uso. Basti pensare che i nuovi super hub nati da Firenze a Roma offrono posti letto in doppia per gli studenti sopra i 500 euro. A Padova, attualmente, si contano 983 studenti idonei che non hanno alcun posto di residenza pubblica assegnato. A Roma, fino a qualche giorno fa, si parlava di una residenza pubblica disponibile ogni 25 studenti fuorisede. A Pavia, i conti sono stati fatti dallo stesso sindaco, Michele Lissia: il problema della carenza di alloggi per studenti si è accentuato perché negli ultimi 5 anni hanno avuto un aumento di 3 mila residenti e anche il numero delle matricole è raddoppiato.
Si sa però che al Ministero dell’Università e della Ricerca sono arrivate almeno 60mila candidature, numero già epurato dalle richieste non adatte e dunque respinte. Inoltre, il bando è ancora aperto e quindi si potrà continuare a proporre e vagliare progetti. Di quelli presentati finora, stando ai numeri dall’unione degli studenti, 12mila hanno già il via libera definitivo, ovvero sono arrivati alla cosiddetta firma degli atti d’obbligo. Un’altra parte è invece alla Corte dei conti per i controlli di routine. Questo significa che alcune realizzazioni sono già partite e concluse, altre sono state già verificate, altre hanno avuto un primo vaglio e sono state ritenute accettabili ma magari devono essere ricontrollate. Il ministero pare intenzionato a fare i conti, o almeno a diffonderli, non prima della scadenza del 2026 oltre la quale alla ministra Anna Maria Bernini toccherà lavorare con il governo e con la Commissione europea per evitare di perdere gli investimenti già avviati e i relativi stanziamenti, dato che sarà difficile centrare il target previsto.
L’edilizia per gli studenti in Italia ha oggi diversi protagonisti. Una quota di alloggi è costruita dai privati, un’altra dipende dalle partnership tra pubblico (ad esempio tramite Cassa depositi e prestiti) e privato e un’ultima discende da progetti promossi principalmente da enti pubblici e finanziati da fondi altrettanto pubblici. A quest’ultima categoria, che tutela per definizione più delle altre modalità il diritto allo studio e l’accessibilità, fanno attualmente capo 2 miliardi di euro di soldi pubblici: 1,2 miliardi sono assegnati dal Pnrr, 800 milioni sono a valere sulla legge 338 del 2000, che è stata finanziata nel 2023 per l’ultima volta e che consente di co-finanziare la realizzazione di studentati con soggetti pubblici ed enti regionali: il ministero copre il 75%, l’università o l’ente promotore il restante 25%.
Questa disparità, è la lettura, potrebbe aver contribuito ad affossare l’investimento degli enti pubblici sulle residenze, come denunciano gli studenti rilevando come la stragrande maggioranza dei post letti creati sia appannaggio del privato, un “favore” fatto a grandi fondi e speculatori. In effetti, il bando Pnrr, nato sotto il governo Draghi quando era ministra Maria Cristina Messa, era orientato proprio a dare precedenza all’investimento privato. Va detto che è stata l’attuale ministra a direzionare nuovi fondi sul capitolo – seppur dopo un difficile momento di scontro con i sindacati, gli studenti e la stessa Commissione Ue per il conteggio dei posti – e a facilitare la partecipazione del pubblico attraverso l’individuazione e il rinnovamento di immobili statali in disuso. Eppure, proprio il pubblico non ha risposto. I Comuni delle grandi città universitarie, che dovrebbero individuare gli immobili da destinare agli studentati, non si muovono. Quasi assenti anche tutti gli altri enti, centrali e periferici. Il modello di assegnazione dei fondi favorisce infatti l’accesso agli operatori privati, già pronti e con progetti più competitivi. Inoltre, la legge 338 con 800 milioni ha finanziato nell’ultimo biennio quasi 9mila posti letto, con una media tra gli 80mila e i 100mila euro per ogni posto letto. I fondi del Pnrr destinano invece in media 20mila euro a posto letto gestito. Enti e Comuni dovrebbero anticipare soldi che non hanno, il ministero ha provato a proporre un anticipo per i progetti approvati ma non ha avuto l’ok dell’Ue (considerato aiuto di Stato). E finora non si è riusciti a trovare alcun altro modo per incentivarli.