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 2025  settembre 21 Domenica calendario

La profezia di Atwood è ormai una realtà

Jules Verne era un convinto sostenitore dei fatti scientifici a sostegno delle fantasie letterarie. Si racconta che, quando lesse le invenzioni di H. G. Wells, suo contemporaneo, rimase così sorpreso da esclamare: «Ma lui inventa!». Pensava certamente che il suo Capitano Nemo fosse un presagio dei terroristi che avrebbero dichiarato guerra alla società, come accadde a Sarajevo nove anni dopo la sua morte e, quasi un secolo più tardi, l’11 settembre. Eppure Verne avrebbe sorriso all’idea che dei veri milionari potessero vivere tutto l’anno su un transatlantico, come in Una città galleggiante, o che nel XX secolo in Germania si sarebbe instaurata una società bellicosa e razzista, come raccontato in I cinquecento milioni della Bégum.
Certamente George Orwell sapeva che il regime totalitario del Grande Fratello stava prendendo forma nella Russia di Stalin, mentre scriveva 1984, ma nemmeno lui sospettava l’avvento di una sorveglianza elettronica onnipresente o delle fake news generate dall’intelligenza artificiale, capaci di alterare il corso dei governi democratici.
Gli scrittori che assumono il ruolo di Cassandra, di solito, non credono nella veridicità delle proprie profezie. Possono sostenere che le loro invenzioni non siano del tutto fittizie, che abbiano radici nella realtà e siano solo amplificazioni o elaborazioni di eventi documentati, ma pochi affermano di poter davvero vedere il futuro. Quando Margaret Atwood pubblicò Il racconto dell’ancella nel 1985, riteneva di aver scritto un romanzo distopico sulla scia di Orwell: un racconto ammonitore, non una previsione incontrovertibile. Il libro fu accolto meno come una profezia e più come una favola inquietante. Mary McCarthy lo definì “allarmista” in una recensione sul New York Times,una descrizione che si sarebbe rivelata clamorosamente errata: «Vedendo noi stessi nel presente in uno specchio deformante, veniamo avvertiti di ciò che potremmo diventare se le tendenze attuali continuassero. Questo era l’effetto di 1984 (...). È un effetto che manca in modo quasi sorprendente nel libro, peraltro molto leggibile, di Margaret Atwood, presentato dall’editore come una “previsione” di ciò che potrebbe riservarci un futuro abbastanza prossimo. Si sarà raggiunto uno stallo nei confronti dei russi e il nostro Paese sarà governato da esponenti di destra e fondamentalisti religiosi, con gli uomini riportati al ruolo tradizionale di guerrieri e noi donne al nostro “posto”». Sorda alla voce di Cassandra, McCarthy descriveva così, senza volerlo, lo stato del mondo in cui viviamo oggi, appena quarant’anni dopo.
Atwood non scrisse Il racconto dell’ancella nel vuoto. La sua meticolosa ricerca sulle derive della società nordamericana del XX secolo e un’attenta lettura della Bibbia, disponibile in molte camere d’albergo durante i suoi tour letterari, le fornirono una grande quantità di materiale: sia per individuare i possibili esiti pericolosi di certe tendenze, sia per osservare la persistenza dei pregiudizi ancestrali e dei valori puritani. «Per ogni dettaglio che i lettori potrebbero ritenere fantastico – ha detto – ho prove della sua esistenza in forma embrionale qui e ora».
Per studiare l’influenza della religione puritana, Atwood risalì alle proprie radici familiari fino a Mary Webster, una donna del Connecticut impiccata perché ritenuta una strega, a cui dedicò il romanzo. «L’hanno impiccata, ma non è morta – ha spiegato – perché non avevano ancora inventato il patibolo: l’hanno appesa, ma lei è sopravvissuta». La misoginia che bolla le donne come streghe o semplici fattrici, evidente ovunque nella Bibbia, viene esasperata da Atwood fino a diventare fondamento della Repubblica di Gilead, dove le donne sono private dei fondi per limitarne la libertà, e le conquiste del femminismo del XX secolo sono annullate. Qui molte giovani diventano “ancelle”, madri surrogate delle mogli sterili degli uomini al potere, e qualsiasi tentativo di aborto è punito con la morte. Atwood non poteva immaginare che, nel giugno 2022, la Corte Suprema degli Stati Uniti avrebbe stabilito che le donne non hanno diritto costituzionale all’aborto.
A Gilead, l’unica speranza per le ancelle è la fuga in Canada, storicamente considerato rifugio di libertà, sia dagli schiavi americani nel XIX secolo, sia dai giovani che rifiutavano l’arruolamento durante la guerra del Vietnam. «In Nordamerica si sente spesso dire: “Qui non può succedere”, ma è successo abbastanza presto», scrisse Atwood, rispondendo quasi allo scetticismo di McCarthy.
Atwood si definisce intrinsecamente canadese. All’inizio della sua carriera osservò che la famosa frase del poeta americano Robert Frost – «La terra era nostra prima che noi fossimo della terra» – non sarebbe mai potuta essere scritta da un canadese. «La terra non è mai stata nostra – disse – Il nostro rapporto con essa è quello di creature che devono lottare per sopravvivere». Fin dall’infanzia ebbe un legame fisico con il paesaggio: trascorse i primi anni seguendo le ricerche del padre, entomologo, che esplorava le foreste del Quebec settentrionale e dell’Ontario alla ricerca di esemplari da studiare. Da quell’esperienza nella natura selvaggia e dalle sue prime letture di fiabe e romanzi gialli, Atwood costruì il paesaggio della propria immaginazione letteraria.
La questione dell’identità è centrale nella sua opera. «Chi sono io?» e «Chi siamo noi?» sono domande che ricorrono nei suoi scritti in forme sempre diverse. In Il racconto dell’ancella la domanda sostiene la sopravvivenza della protagonista, Difred; nel seguito, I testamenti, anima la confessione di zia Lydia con una forza esistenziale ed empatica. A ogni svolta, in questo gioco di specchi mutevoli, affiora un’identità più profonda, complessa e affascinante.
Per Atwood, l’identità dell’autrice è intrecciata findall’inizio con quella del suo Paese. La vecchia battuta sul Canada – «Un Paese con troppa geografia e troppo poca storia» – viene trasformata in una sfida in Survival, manuale culturale da lei pubblicato nel 1972. Qui Atwood definisce la cultura canadese in termini di rapporto con la natura e attraverso la figura costante della protagonista-vittima-eroina, che considera caratteristica dell’identità nazionale. Le strategie di sopravvivenza dei suoi personaggi – per lo più donne – richiamano da vicino quelle delle eroine dei romanzi vittoriani che Atwood ammirava, come Jane Eyre o Catherine Earnshaw: nuove protagoniste che devono difendersi da ambienti ostili, siano essi la natura selvaggia o i patriarcati onnipresenti.
Molti suoi libri mettono al centro proprio questa figura della sopravvivenza. Fu leggendo Life in the Clearings della pioniera canadese Susanna Moodie che Atwood incontrò per la prima volta la storia di Grace Marks, presunta assassina, destinata a diventare protagonista del romanzo L’altra Grace. Grace e la Difred dell’Ancella sono sorelle: una nel passato, l’altra nel futuro. Entrambe rinchiuse in stanze anguste, definite – o meglio etichettate – dal mondo maschile che le ha imprigionate, entrambe modellate da una società che le costringe in ruoli stabiliti, entrambe plasmate da sistemi di esclusione. Ciò che conta, per queste figure, è il lento sviluppo della coscienza: la costruzione della persona dall’interno, che si tratti di Grace, di Difred o della zia Lydia dei Testamenti.
Negli scritti di Atwood non esiste una contrapposizione ingenua tra vittime e carnefici, buoni e cattivi. L’esplorazione dei temi dell’ingiustizia, della repressione, della censura e del potere, così come le sue indagini sull’identità sessuale, familiare e civica, assumono nelle sue narrazioni una coloritura esplicita ma ambigua e stratificata. Atwood crede nella verità del mestiere di scrittrice e sa che l’intelligenza acquisita attraverso le parole può contribuire a un mondo migliore. Il suo contrario, la “stupidità”, sostiene, «è uguale al male, se lo giudichiamo dai suoi frutti».
Il punto di partenza della sua visione letteraria si rifà a un commento del critico canadese Northrop Frye: «In ogni cultura esiste una struttura di idee, immagini e credenze che esprimono, in un determinato momento storico, una visione generale della condizione umana e del suo destino». Per Atwood, quell’insieme immaginario può essere riassunto in Canada dall’idea di sopravvivenza. Perseguitati dagli spettri del colonialismo, intimoriti dall’immensità del paesaggio, esiliati nella propria terra da una natura ostile, consapevoli della minaccia politica proveniente da sud, i canadesi, secondo Atwood, raccontano non ciò che desiderano, ma ciò che temono: ciò contro cui devono combattere per sopravvivere. Questo è il nucleo narrativo di Il racconto dell’ancella.
Quando il libro fu pubblicato nel 1985, Atwood non poteva immaginare che i segnali di abuso di potere che intravedeva nella società americana avrebbero portato, decenni dopo, all’elezione di Donald Trump e alla messa in discussione – ancora una volta – del ruolo delle donne, i cui diritti sembravano ormai acquisiti dopo le lotte femministe del XX secolo. Con il tempo, Il racconto dell’ancella ha assunto negli Stati Uniti e altrove lo status di grido di battaglia contro un leader condannato dalla giustizia e contro politiche apertamente favorevoli ai maschi bianchi. Trasformato in una serie televisiva di successo mondiale, il libro è stato tradotto in oltre quaranta lingue e ha raggiunto milioni di lettori. Il seguito, I testamenti, aggiunge un tassello cruciale alla riflessione sull’identità: come si arriva a tradire la propria specie e diventare carnefici?
Atwood non si accontenta mai. Il racconto dell’ancella è oggi considerato uno specchio delle ingiustizie delle società contemporanee: negli Stati Uniti, in Afghanistan, in Argentina, in Ungheria e in molti altri Paesi autoritari. In Portogallo, un graffito comparso a Lisbona recita: «CHEGA = GILEAD». Donne vestite con le uniformi rosse delle ancelle hanno iniziato a comparire nelle manifestazioni anti-Trump. Difred è diventata un’eroina simbolica del nostro tempo. Il racconto dell’ancella compie quarant’anni, e Cassandra è costretta ad ammettere che, purtroppo, aveva fin troppo ragione.