La Stampa, 20 settembre 2025
Il denaro è la stella polare degli Usa Può condizionare la Russia e Hamas
Il denaro può tutto. Questa è la conclusione più importante a cui giungere dall’auto umiliazione sofferta dal mio Paese, la Gran Bretagna, quando questa settimana ha accolto il presidente Donald Trump con carrozze d’oro, castelli e divise militari associate alla potenza del passato e alla ricchezza del presente della Famiglia reale. Non è un caso che Trump fosse accompagnato dai miliardari dell’hi-tech. E non è una coincidenza che, mentre si trovava in Gran Bretagna, la sua Amministrazione abbia costretto un colosso americano dei media, Disney, a umiliarsi sospendendo il comico Jimmy Kimmel dai programmi della sua rete televisiva Abc, per i suoi commenti sull’assassinio dell’attivista conservatore Charlie Kirk. L’America non è più la terra della libertà di espressione, ma resta la terra dove i soldi, e la paura di perderli, sono la fonte principale del potere.
Questa è una lezione importante da apprendere per avere a che fare con Trump, per capire che cosa sta facendo la sua Amministrazione a livello interno, ma anche per comprendere quali azioni di politica estera hanno la possibilità di influenzare il nostro ex stretto alleato, ma tuttora indispensabile socio. Le due arene dove bisogna far pesare i soldi sono Medio Oriente e Ucraina.
L’importanza del denaro non sfuggirà di certo alle monarchie arabe che, a differenza di Re Carlo, detengono ancora quel tipo di potere assoluto di cui è invidioso un uomo come Trump. Lo choc dell’attacco missilistico israeliano contro un meeting di alti funzionari di Hamas nello stato arabo del Qatar il 9 settembre implica che, se intendono avere un’influenza concreta su America e Israele, le monarchie arabe dovranno usare le loro immense ricchezze in modi che minacciano gli interessi americani e hanno una possibilità di attirare l’attenzione di Trump.
Il Qatar ospita una delle più grandi basi militari americane in Medio Oriente e collabora in stretto contatto con i diplomatici americani per cercare di assicurare un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Tutto questo, in ogni caso, non ha messo il Paese al riparo dagli attacchi dell’alleato americano, Israele, e le critiche di Trump a Israele sono state assai tiepide. Imperterrito, l’esercito israeliano prosegue la sua invasione di Gaza City, la capitale della Striscia, e gli Stati Uniti hanno opposto di nuovo il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva una tregua.
La settimana prossima, la Gran Bretagna dichiarerà ufficialmente di riconoscere la Palestina come Stato sovrano. Alla sua conferenza stampa con il primo ministro Sir Keir Starmer, Trump ha ammesso che la questione palestinese è una di quelle su cui Gran Bretagna e America dissentono. La Gran Bretagna intrattiene rapporti storici con parecchi Stati arabi, tra cui Bahrain, Oman e Arabia Saudita. Per Starmer, l’approccio migliore consisterebbe nel fare causa comune con quegli Stati riguardo alla Palestina, perché la loro ricchezza conterà di gran lunga di più del riconoscimento ufficiale, soltanto sulla carta, di Gran Bretagna, Francia e altri Paesi.
L’Amministrazione Trump non ha mai fatto segreto del suo amore per il denaro, sia per ciò che concerne l’arricchimento personale sia come misura tangibile del suo potere. Il fatto che i miliardari del settore tecnologico che hanno viaggiato con il presidente abbiano annunciato alcuni apprezzabili investimenti nel Regno Unito proprio durante la visita di Trump, forse può aver sollevato Starmer rispetto all’umiliazione inflitta a Re Carlo e alla nazione, ma in verità quegli investimenti erano stati già annunciati. Più che fare impressione sul Regno Unito, i capi di Microsoft, Nvidia, Apple e altre società perlopiù hanno voluto fare colpo su Trump sbandierando i loro soldi.
Adesso sia la Gran Bretagna sia l’Europa devono fare colpo su Trump e, a maggior ragione, sul suo amico Vladimir Putin, e ricorrere in modo intelligente ai loro soldi per contribuire a risolvere il problema più importante al quale tutti noi in Europa ci troviamo di fronte: l’Ucraina. Oltretutto, grazie al lento e scrupoloso lavoro della Commissione europea e del Consiglio Europeo, finalmente l’Unione si avvicina a poter fare una mossa particolarmente a effetto a suon di denaro: la consegna a Kiev di una grossa fetta dei 300 miliardi di dollari in riserve della banca centrale russa congelate nei conti europei.
Numerosi Paesi dell’Ue, tra cui Belgio, Italia e Germania, in precedenza avevano contestato l’uso di questi soldi a beneficio dell’Ucraina partendo dal presupposto che confiscare gli asset russi sarebbe illegale e dissuaderebbe fortemente gli altri Paesi intenzionati a servirsi delle istituzioni finanziarie europee e degli scambi economici nella gestione dei loro asset sovrani. Il metodo proposto adesso eviterebbe in modo astuto questo pericolo: consegnerebbe all’Ucraina il denaro sotto forma di prestito, che l’Ucraina sarebbe tenuta a ripagare soltanto dopo aver ricevuto i risarcimenti di guerra dal Paese che l’ha invaso, ossia la Russia.
Sono già in corso preparativi per istituire l’International Claim Commission per pronunciarsi, una volta terminata la guerra, riguardo alla possibilità che la Russia sia tenuta a pagare il risarcimento per la distruzione provocata dalla sua invasione illegale dell’Ucraina. Passeranno sicuramente molti anni prima che un tribunale di questo tipo si pronunci in materia e dia disposizioni, ed è anche possibile che la Russia cerchi di fermare tutto, prima ancora che il tribunale inizi a lavorare. È anche possibile però che la Russia, che a quel punto avrà una nuova leadership, possa considerare vantaggioso pagare risarcimenti al suo vicino, l’Ucraina, nella consapevolezza che alcuni o tutti quei fondi dovrebbero essere restituiti alla Russia sotto forma di asset congelati della sua banca centrale.
Qualora il tribunale non dovesse riuscire pronunciarsi in merito, o se la Russia si rifiutasse di accettarlo, allora i Paesi che hanno erogato quei fondi in prestito all’Ucraina dagli asset congelati russi andrebbero incontro a un grosso problema finanziario. In ogni caso, ciò sarà sicuramente meglio che andare incontro a un grosso problema legale. Tenuto conto, inoltre, che un problema finanziario si presenterebbe tra molti anni, non c’è ragione di preoccuparsene adesso, nel momento in cui il problema principale è la guerra in Ucraina, con le uccisioni quotidiane di soldati e civili ucraini e con la sempre più preoccupante pressione militare che Mosca sta esercitando sugli altri Paesi vicini come Polonia, Romania e Stati Baltici.
In Ucraina il denaro potrebbe pesare in tre modi. Consentirebbe a Kiev di comprare un nuovo arsenale di armi e investire maggiormente nella sua industria della Difesa, dandole maggiori chance di costringere Mosca a firmare un cessate il fuoco e ritirarsi entro i prossimi dodici mesi. Farebbe impressione su Trump grazie ai miliardi in ballo e al fatto che parte di quel denaro sarebbe usata per acquistare armi fabbricate in America. Più di ogni altra cosa, comunque, il denaro avrebbe il suo peso dimostrando che l’Ue e il Regno Unito meritano, dopo tutto, di essere presi sul serio, sia dalla Russia sia dall’America.
Questo sarebbe di gran lunga meglio dell’autoumiliazione di una visita di Stato. E, più importante ancora, offrirebbe la possibilità di porre fine a quella che al momento è la minaccia più grande per la sicurezza europea e l’ostacolo maggiore per la sua prosperità: la guerra in Ucraina. Il denaro può davvero tutto, per il bene comune.