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 2025  settembre 21 Domenica calendario

Il Muro crollò a colpi di libri

Quando parliamo della Cia e del suo ruolo durante la guerra fredda, viene difficile associarla a qualcosa di benevolo o filantropico. Harry Truman, il presidente che lanciò e guidò il containment, la dottrina con cui gli Stati Uniti contrastarono l’espansione del comunismo sovietico, disse una volta che non ne avrebbe mai approvato la creazione nel 1947, «se avessi saputo che sarebbe diventata la Gestapo americana». E in verità, l’azione del servizio segreto Usa è piena di pagine oscure e poco onorevoli: il colpo di Stato del 1953 in Iran, contro il governo democratico di Mohammad Mossadeq, che inaugurò la dittatura dello scià Reza Pahlavi, e quello dell’anno successivo in Guatemala che depose il presidente eletto Jacobo Árbenz Guzmán e instaurò il feroce regime militare di Carlos Castillo Armas. O ancora, la fallita invasione della Baia dei Porci a Cuba nel 1961 e il golpe del 1973 in Cile che portò all’assassinio del presidente Salvador Allende e all’instaurazione della mortifera dittatura del generale Augusto Pinochet. In mezzo ci furono anche l’appoggio ai colonnelli greci golpisti nel 1967, gli omicidi mirati di leader democraticamente eletti considerati troppo a sinistra per i gusti dell’agenzia, gli esperimenti clandestini su cavie umane con l’Lsd, l’appoggio a trame eversive in Paesi occidentali considerati a rischio, a cominciare dall’Italia.
Non che i servizi sovietici fossero da meno. Anzi. Il Kgb e i suoi affiliati del Patto di Varsavia, in primo luogo la famigerata Stasi tedesca-orientale, firmarono omicidi, torture, sabotaggi, infiltrazioni clamorose fin dentro i governi occidentali. Una per tutte, quella dello spione Günter Guillaume al fianco di Willy Brandt nella cancelleria tedesca. Fu molto probabilmente un servizio dell’Est, con il placet sovietico, ad architettare nel 1981 il tentato assassinio di Papa Giovanni Paolo II. Erano i riti e le modalità inconfessabili del mondo di sotto al tempo dei blocchi contrapposti, quello raccontato nei romanzi di John le Carré, fatto di talpe, doppiogiochisti e killer di professione.
Ma torniamo alla Cia. Sorprende infatti scoprire che in tanto lavoro sporco, il servizio segreto americano durante la guerra fredda possa vantare al suo attivo una campagna coperta di natura affatto diversa, tanto poco conosciuta quanto devastante nei suoi effetti per l’Unione Sovietica e i regimi satelliti. Per decenni, infatti la Cia finanziò l’invio clandestino di centinaia di migliaia di libri e riviste in Urss e nelle altre dittature del socialismo reale, fornendo a dissidenti e spiriti liberi non armi ma idee. A raccontare questa storia straordinaria è Charlie English in The Cia Book Club, uscito in Inghilterra per William Collins e negli Usa per Random House e che verrà tradotto e pubblicato in Italia da Marsilio. «L’operazione più di successo dell’agenzia – è la tesi dell’autore, ex giornalista del quotidiano britannico “The Guardian” – non ebbe nulla a che fare con agenti segreti o traffici d’armi, ma con la letteratura».
Molti studiosi ormai sostengono con buone ragioni l’argomento che, in fondo, a causare la caduta dell’Urss e del mondo sovietico fu soprattutto la diffusione di valori e concetti incompatibili con il comunismo, contenuti nei grandi capolavori della letteratura e della filosofia. Come osservò l’intellettuale dissidente polacco Adam Michnik, «un libro è un serbatoio di libertà, pensiero indipendente, dignità umana». L’origine del cosiddetto Cia Book Program può esser fatta risalire a una strana e un po’ ingenua azione di propaganda lanciata nell’estate del 1951 dall’ufficio di Monaco di Baviera di Radio Free Europe, l’emittente finanziata dall’intelligence statunitense che da un anno trasmetteva nei Paesi del Patto di Varsavia. Migliaia di palloncini aerostatici, cui erano appesi dei contenitori, furono liberati nell’atmosfera meno di dieci chilometri dalla frontiera cecoslovacca. I sacchi, a forma di cuscino, erano pieni di volantini con su scritto: «Al popolo della Cecoslovacchia. Un nuovo vento sta soffiando. Una nuova speranza sta nascendo, Gli amici della libertà di altri Paesi hanno trovato un nuovo modo per raggiungervi. Sanno che anche voi volete libertà». Gli esperti meteorologi mobilitati avevano visto giusto, i palloncini salirono fino a migliaia di metri di altezza e il vento li trasportò verso Est. Molte ore dopo, quattro milioni di volantini cominciarono a cadere su Praga, Bratislava e perfino su altre zone e città della confinante Germania Est. Concepita da una speciale unità della Cia incaricata della guerra psicologica, il Fec (Free Europe Committee), l’operazione venne battezzata Winds of Freedom, venti di libertà. Tra il 1951 e il 1956 mezzo milione di palloncini, con un totale di 300 milioni di volantini, vennero lanciati verso Polonia, Cecoslovacchia, Bulgaria e Romania. L’iniziativa fece molto arrabbiare le autorità comuniste, che cercavano di abbattere le mini-mongolfiere, anche usando i caccia militari, e comunque arrestavano chiunque veniva colto in possesso di uno dei volantini. Ma l’efficacia fu dubbia, in fondo quei pezzi di carta contenevano solo qualche slogan.
Ma nel 1955, in una delle ultime azioni, qualcuno nel Fec propose di mettere nei sacchi libri al posto di foglietti. Così, tra febbraio e marzo di quell’anno, i palloncini riuscirono a far cadere nei Paesi socialisti 300 mila copie del capolavoro di George Orwell, La fattoria degli animali, la più celebre e feroce satira dello stalinismo, in una edizione speciale stampata su carta molto leggera. L’accoglienza fu incredibile. La gente che riusciva ad assicurarsi una copia la passava a parenti e amici dopo averla letta. Ma il mezzo di consegna rimaneva incerto, molti palloni venivano abbattuti, migliaia di copie andavano perdute, non c’era alcuna possibilità di misurare l’impatto reale. Così, dopo cinque anni, il Fec fece una scommessa più ambiziosa: usando gli elenchi del telefono, iniziò a mandare libri via posta. Anche se la censura dei regimi sul servizio funzionava, una parte delle copie arrivava a destinazione. Molte persone addirittura rispondevano con lettere di ringraziamento, o chiedevano altri libri. Il catalogo del Fec iniziò ad ampliarsi: 1984 ancora di Orwell, il romanzo distopico di Aldous Huxley I l mondo nuovo, L’uomo in rivolta di Albert Camus, ma anche copie delle riviste «Marie Claire», «Cosmopolitan» o «The New York Review of Books».
Ma il meglio doveva ancora venire. A fare la differenza fu un giovane esule, nato a Bucarest nel 1920, rampollo di una ricca famiglia aristocratica costretta a lasciare la Romania dopo l’arrivo al potere dei comunisti. Il suo nome era Minden, George Minden. Arrivato a New York nel 1955, dopo aver sposato un’americana conosciuta in Spagna, egli trovò lavoro proprio al Fec, dove prima guidò il desk dedicato alla Romania e poi, dal 1959, diventò capo dell’intero programma, il Free Europe Press Book Center.
Minden capì subito che il sistema della posta aveva forti limiti e che occorreva aprire altre strade. Soprattutto si convinse che era necessario un salto di qualità. Come scrive English, «l’America doveva offrire qualcosa che riempisse il vuoto di idee del campo socialista, una sorta di aiuto umanitario letterario, l’equivalente in libri dei pacchi alimentari spediti con il programma Care». Quella che Minden proponeva era «un’offensiva di libero pensiero e accurata informazione» in grado di contrastare le menzogne sovietiche, poiché «la verità è contagiosa». Obiettivo dovevano essere non solo le persone influenti, gli accademici, le figure letterarie, ma chiunque fosse assetato di letteratura e non sopportava l’asfissia del dibattito pubblico. Detto altrimenti, la vera battaglia era quella per conquistare i cuori e le menti dei popoli che vivevano sotto il tallone di ferro comunista.
Con Minden al timone, l’operazione iniziò a cambiare natura e dimensioni. Mentre non si fermarono mai le spedizioni per posta, iniziarono quelle clandestine. I libri venivano portati dai più diversi e improbabili viaggiatori oltre la Cortina di Ferro, nascosti in valigie con doppio fondo, nei sedili di automobili, perfino nelle toilette dei treni come fossero sigarette di contrabbando. A volte anche le valigie diplomatiche di funzionari d’ambasciata facevano al caso, fosse pure per poche decine di libri. La lista dei titoli si allungò diventando un vero catalogo di tascabili tradotti e stampati a prezzi ribassati dalle più grandi case editrici del mondo occidentale, come Barnes & Noble, Macmillan, Hachette, Bertelsmann, Encyclopaedia Britannica, Faber and Faber. Gli autori, tutti banditi nel mondo socialista, andavano da Boris Pasternak a Iosif Brodskij, da John le Carré a Hannah Arendt, da Kurt Vonnegut a Nadežda Mandel’štam ad Agatha Christie. Di tutto di più. Negli anni Settanta si aggiunsero fra gli altri anche Aleksandr Solzenicyn e Czesław Miłosz. L’intelligenza di Minden fu anche di decentralizzare le spedizioni, rendendole più capillari e meno rintracciabili: nel 1962, almeno 500 organizzazioni da ogni angolo d’Europa mandavano libri clandestini nei Paesi comunisti per conto della Cia che le finanziava. Ma a coordinare tutto c’era lui, Minden, sotto la copertura di un anonimo ufficio con sede a Manhattan, l’International Literary Center (Ilc).
Di tutti i Paesi oggetto del Book Program della Cia, a beneficiarne di più fu sicuramente la Polonia. E in effetti, il libro di English è in gran parte dedicato al caso polacco, soprattutto nell’ultimo ventennio della guerra fredda, cioè a partire dagli anni Settanta, quando le repressioni del regime produssero il miracolo di Solidarnosc, il sindacato dei portuali di Danzica che avrebbe cambiato la storia. Il flusso segreto dei libri verso la Polonia continuò sempre ininterrotto anche dopo la proclamazione della legge marziale nel 1981 da parte del generale Wojciech Jaruzelski. La rete della Cia, gestita da un ufficio con sede a Parigi e nome in codice Qrhelpful, si appoggiava a collaboratori clandestini sparsi in tutta l’Europa che avevano legami con la Polonia.
English rivela che il riferimento romano del programma era Wanda Gawronska, sorella del giornalista Jas Gawronski. «Cattolica italo-polacca – scrive l’autore – aveva per anni spedito libri dell’Ilc da Roma all’università di Lublino. Ma nel 1981, Minden notò che aveva molti contatti sociali e con persone dell’economia, che viaggiavano spesso in Polonia o nell’Urss ed erano disposte a portare dei libri con sé. Funzionari del Qrhelpful erano incaricati di avvicinarle, promettendo ricompense in denaro in cambio di una partita di libri da consegnare».
Tutta questa letteratura fece la differenza nell’ondata di protesta popolare che, sotto la guida di Lech Wałesa, portò alla caduta del regime nel 1988-89? Michnik non ebbe mai dubbi: «Sono stati i libri che hanno vinto la battaglia, ci hanno permesso di sopravvivere e non impazzire».
Altra storia è cosa la Cia pensasse del ruolo e dell’efficacia del suo «Book Club». Alla centrale di Langley la convinzione generale fu sempre che il fattore decisivo nel precipitare la caduta dell’Urss e del comunismo fu il contrasto all’invasione dell’Afghanistan e l’aiuto armato americano ai mujaheddin, che portò alla sconfitta dell’Armata Rossa. È un fatto che la quinta colonna letteraria incontrasse forte resistenza all’interno dell’Agenzia, refrattaria all’idea che i libri potessero rovesciare un regime. Più volte i capi della Cia pensarono di tagliare i fondi al Book Program, specie quelli, considerati eccessivi, per la Polonia. Ma la fortuna fu anche di avere personaggi come Zbigniew Brzezinski, consigliere per la Sicurezza nazionale di Jimmy Carter, e Richard Pipes, celebre sovietologo di Harvard e consigliere della Casa Bianca, entrambi di origine polacca. Furono loro a battersi con successo per respingere ripetuti tentativi di ridimensionare il programma.
Il libro di English ci ricorda la forza del soft power americano: non molto tempo fa, la letteratura proibita fu in grado di far pendere la bilancia dalla parte giusta della storia. È un monito potente e attuale, nel momento in cui Donald Trump usa l’accetta per smantellare tutte le istituzioni che ne costituivano il nerbo, da Usaid a Voice of America, a Radio Free Europe. Ed è un avvertimento su che cosa si rischia di perdere, quando il governo di un grande Paese non crede più alla forza dei propri ideali e dei propri valori.