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 2025  settembre 21 Domenica calendario

Il Nobel negato a un italiano sulla malaria

Nell’agosto 1898 Gian Battista Grassi, professore di zoologia all’Università di Roma, scriveva alla figlia dodicenne Isabella: «Cara Ella, ho fatto un viaggetto di tre giorni alla ricerca di zanzare e spero di aver scoperta quella che produce la malaria». Era il momento esaltante di una caccia scientifica nella quale erano impegnati molti dei maggiori microbiologi dell’epoca. Alla figura di Grassi, uno dei maggiori biologi italiani di tutti i tempi, è dedicata la biografia scritta da Paolo Mazzarello. Il libro delinea le tappe di una vita singolare, coronata da grandi acquisizioni mediche e zoologiche, con al centro la fondamentale scoperta della zanzara che trasmette la malaria all’uomo; ma si tratta anche della descrizione di un’epica straordinaria della scienza italiana ed europea fra Otto e Novecento.
Tra tutte le affezioni contagiose la malaria era quella che, probabilmente, aveva maggiormente contribuito a mantenere in condizioni di miseria e sottosviluppo intere popolazioni rurali incidendo marcatamente nella demografia umana su scala globale.
Diffusissima nei Paesi tropicali, la malattia colpiva anche le zone paludose dell’Italia, lungo il corso del Po, l’Agro Romano e buona parte del Meridione. Tradizionalmente era considerata la conseguenza dell’esposizione all’aria malsana, da cui il termine introdotto per denominarla. Nel novembre 1880, tuttavia, il medico francese Alphonse Laveran riscontrò la presenza di corpi pigmentati, di forma variabile, nel sangue di malarici ricoverati in un ospedale algerino e propose l’ipotesi, presto dimostratasi esatta, che si trattasse dei microbi causali della malattia.
Nonostante le ricerche sviluppate negli anni seguenti, nessun ricercatore riusciva a capire come il microbo entrasse nel corpo umano.
Quando Grassi nel 1898 si buttò a capofitto nella caccia della zanzara patogena era già uno scienziato dalla grande fama internazionale, insignito nel 1896 – primo non britannico – della Darwin Medal della Royal Society di Londra forse il riconoscimento biologico più prestigioso su scala mondiale. Nato a Rovellasca in provincia di Como nel 1854, si era distinto già da studente in medicina a Pavia per il suo talento naturalistico.
Dal carattere impetuoso e insofferente – al quint’anno di medicina era anche stato espulso dal Collegio Universitario Ghislieri per gravi atti di «insubordinazione» -, il giovane era un fanatico ricercatore al punto che giunse a trasformare il proprio corpo in una sorta di laboratorio clinico nel quale effettuare pericolosi auto-esperimenti come ingerire ogni sorta di verme per valutarne il potere infettante. Riuscì, tra l’altro, a mettere a punto un metodo per dimostrare la presenza del parassita intestinale Ancylostoma duodenale in casi di grave e inspiegabile anemia. Un procedimento diagnostico che, successivamente, verrà utilizzato da altri medici per dimostrare la presenza del verme fra gli operai impiegati ad Airolo, in Svizzera, nei lavori per il traforo del San Gottardo, che contraevano la malattia a causa delle insalubri condizioni ambientali.
Dotato di profonde cognizioni biogeografiche, Grassi aveva scoperto che la distribuzione sul territorio della malaria non era sovrapponibile a quella delle zanzare e allora ipotizzò la presenza di particolari specie di insetti presenti solo nelle zone malarigene.
Il 20 ottobre 1898, all’Ospedale Santo Spirito di Roma, ottenne la prova definitiva delle sue congetture quando espose un paziente neuropsichiatrico lungodegente che si chiamava Abele Sola alla puntura delle zanzare del genere Anopheles provenienti da zona malarica. Il 1° novembre il malato presentava tutti i sintomi della malattia, la diagnosi venne confermata dall’esame del sangue: si trattava del primo caso controllato di infezione sperimentale. Il 3 novembre gli venne somministrato il chinino e dopo quattro giorni il paziente era completamente guarito.
Nei mesi cruciali fra 1898 e 1899, con la collaborazione dei colleghi medici Amico Bignami e Giuseppe Bastianelli, Grassi fu in grado di identificare in varie specie di zanzare del genere Anopheles i vettori in grado di trasmettere la malattia, descrivendo le trasformazioni del microbo nel corpo dell’insetto. Pochi mesi prima l’ufficiale medico britannico Ronald Ross aveva descritto in India un analogo sviluppo di una forma di malaria degli uccelli trasmessa dalle zanzare del genere Culex, ma non era riuscito a fornire che dati incerti sulla trasmissione dell’infezione umana. La gara giunta al traguardo con la scoperta dell’Anopheles aveva lasciato molti strascichi polemici anche a causa del carattere impulsivo e focoso di Grassi desideroso di affermare i suoi meriti con critiche talvolta sferzanti all’indirizzo di Ross e del grande batteriologo tedesco Robert Koch, invano impegnato in quelle stesse ricerche.
Si accese allora, nel mondo scientifico europeo, una dura battaglia per il riconoscimento della scoperta, descritta da Mazzarello con le movenze dell’intrigo scientifico, a cui presero parte alcuni colleghi universitari dello scienziato italiano. Koch giunse al punto di contattare personalmente un membro della giuria del premio Nobel per sconfessare totalmente il valore del contributo di Grassi a favore del solo Ross. E così, nel 1902, il secondo premio Nobel della storia – che avrebbe dovuto riconoscere ex aequo chi aveva posto le fondamenta della scoperta e chi ne aveva completato l’edificio – vide giungere nel freddo di Stoccolma il solo medico britannico.