Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 21 Domenica calendario

Lo sguardo di mio padre

Il 24 settembre 1945 veniva proiettato al Teatro Quirino il film Roma città aperta di Roberto Rossellini. Il prossimo 24 settembre, nello stesso teatro romano, verrà proiettato il capolavoro restaurato, 80 anni dopo.
L’evento è prodotto dalla Onni srl in collaborazione con la famiglia Rossellini. Saranno presenti la figlia del grande regista, Isabella, e il nipote Alessandro. «Io non ero ancora nata quando uscì il film – racconta Isabella, – ma l’ho visto negli anni successivi tantissime volte e ricordo l’irritazione di papà quando veniva definito il padre del neorealismo».
Perché?
«Non si sentiva un regista che dettava uno stile, non voleva essere definito un artista, una definizione che sentiva come una camicia di forza... Una volta mi disse che non c’era niente di peggio dei “rosselliniani”. Papà con questo film ha voluto raccontare l’umanità della gente che aveva vissuto il terribile momento storico dell’occupazione nazista: la seconda guerra mondiale era appena finita, la sua era stata una scelta morale non stilistica e, oltretutto, non fu facile girare la pellicola: non c’erano soldi».
Il suo ricordo personale di Anna Magnani e di Aldo Fabrizi?
«Solo una volta conobbi Anna. Andai con papà a casa sua, ricordo che aveva tanti gatti e una cagnetta nera, ma soprattutto mi colpirono le sue pantofole: erano rosa e sopra c’era una specie di fiocco... le guardavo incuriosita. Anna e papà si fecero tante risate, mentre io stavo seduta con i gatti e la cagnetta. Aldo invece veniva spesso a cena da noi: era molto scanzonato, faceva continue battute, ci prendeva in giro e mi faceva un po’ paura».
«Roma città aperta» fu il film che fece conoscere suo padre e sua madre Ingrid Bergman...
«Il film non ebbe successo in Italia, mentre lo ebbe negli Stati Uniti, dove lo vide mamma insieme al marito di allora Petter Lindström. Ne rimase affascinata e, nonostante avesse successo a Hollywood, essendo svedese intendeva sperimentarsi proprio in Europa. Dopo aver visto anche Paisà, decise di scrivere una lettera a mio padre, dicendo: “Sono pronta a venire in Italia per un girare un film”. Concludeva aggiungendo: “La sola frase che so dire in italiano è ti amo”. Ma intendiamoci bene non era una dichiarazione d’amore».
Però, quando poi sbocciò la loro relazione nel 1949, con la nascita di tre figli, essendo entrambi sposati, fu scandalo...
«Erano altri tempi. La loro separazione non avvenne in un giorno, rammento il dispiacere di vedere che non si parlavano, poi negli anni successivi ridiventarono amici. Ma ovviamente anche noi figli fummo vittime di pettegolezzi e dei paparazzi: non potevamo uscire nemmeno per andare a comprare qualcosa in un negozio, perché c’era la folla, oggi si direbbe un circo mediatico».
Nel 1957 si separarono...
«Altro scandalo. Quando papà tornò dall’India, dove aveva girato un film, con la sceneggiatrice Sonali Das Gupta, che divenne la sua terza moglie, altra folla di paparazzi...».
Tanti matrimoni, tanti divorzi e, per lei, tanti fratelli e sorelle...
«Siamo una famiglia allargata. Ci ritroviamo spesso insieme, abbiamo anche una chat, “I Rossellinis”, e mio nipote Alessandro è il nostro “guardiano del faro”».

Per i 100 anni dalla nascita di suo padre, nel 2006, lei ha realizzato un mediometraggio, «My dad is 100 years old», dove lui è inquadrato soprattutto nel pancione...
«Era ingrassato, mangiava troppa pasta, molti amici gli dicevano sei troppo grasso, ma io lo difendevo, rispondevo “lasciatelo in pace!” e mi addormentavo spesso sul suo pancione durante la siesta. Quello del centenario è stato il mio primo filmetto e ho voluto rappresentarlo come un Budda».
Alla prossima Festa del Cinema di Roma, verrà proiettato in anteprima il documentario su suo padre, «Più di una vita», che uscirà poi nelle sale con Fandango.
«L’ho visto, è molto bello e verrò a presentarlo».
Ha appena finito di girare il biopic su Wallis Simpson, «The Bitter End», gli ultimi anni di vita della duchessa di Windsor impersonata da Joan Collins...
«Sì, interpreto un personaggio realmente esistito: l’avvocato Susanne Blume, una donna che fu accusata, giustamente, di tenere sotto controllo Wallis, che era vedova e che per ben 8 anni finì in coma».
E di recente la sua prima candidatura all’Oscar per il film «Conclave»...
«Finalmente! Mi sono commossa pensando che a mamma avrebbe fatto un piacere enorme».
E papà?
«A lui non fregava molto degli Oscar. Io ho amato molto il mio ruolo di suor Agnes amica del Papa».
E, in proposito, che ne pensa dell’attuale papa Leone IV?
«È il primo Papa americano! A New York, dove vivo, ho seguito in tv le divertenti interviste ai fratelli entusiasti che lo hanno raccontato sin da piccolo».
Tornando a «Roma città aperta», viene detta la famosa frase: «E tornerà la primavera». Nel panorama delle guerre attuali, tornerà la primavera?
«Papà una volta mi dette una grande lezione: se l’umanità diventa il denominatore comune, forse l’aggressività diminuirà».