Corriere della Sera, 21 settembre 2025
Il delitto nella casa dei festini hot. Ucciso per aver girato un video
Valentina Peroni riceve un messaggio da un amico. Che le invia un articolo, trovato su Facebook, di un omicidio successo nella notte tra il 22 e il 23 luglio a Sesto San Giovanni. È l’8 agosto. Hayati Hayim Aroyo, turco di 62 anni, è stato ucciso da poco più di due settimane. «Te l’ho inviato perché mi ricordavo quando siamo venuti a prenderti... che i paesi erano quelli. Magari avevi sentito qualcosa». Non può sapere che Peroni, 36 anni, quella notte era proprio nella casa di via Fogagnolo in cui il 62enne era stato ammazzato con trenta coltellate (la prima al cuore) e lasciato sul letto. Che l’appartamento era stato dato alle fiamme. Che per cancellare le tracce era stata usata della candeggina.
La casa al piano ammezzato a Sesto, a nord est di Milano, era formalmente affittata a uno studente universitario di 20 anni, e prestata per un periodo a Hayati Aroyo, o «Vittorio», «Vito» com’era chiamato. I vicini avevano sentito urla («Aiuto», «aiuto») e un forte odore di fumo. In via Fogagnolo erano arrivati i vigili del fuoco e la polizia. E dopo meno di due mesi di indagine, gli inquirenti tra giovedì e venerdì hanno arrestato i tre presunti responsabili. Sono Valentina Peroni, il marito Emanuele Paganini, 38 anni, entrambi di Busto Arsizio (Varese) con precedenti per truffa, e un amico della coppia, di fatto loro convivente, Elvis Simon, 33enne – originario dell’Albania – con precedenti per reati legati all’immigrazione e guida senza patente. Sono stati portati in carcere con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione, rapina, incendio e distruzione di cadavere.
Aroyo era cognato di Hüseyin Saral, il primo leader dei Sarallar, organizzazione criminale turca. Saral era stato ucciso in un agguato a Crotone il 31 gennaio 2005. Il 62enne nella casa di Sesto conservava i ritagli di giornale dell’epoca. Secondo gli investigatori della squadra Mobile di Milano, guidati da Alfonso Iadevaia e Francesco Giustolisi e coordinati dal pm Marco Santini, a spingere i tre a uccidere Aroyo sarebbe stato il forte astio cresciuto nell’ultimo periodo per un video intimo della 36enne, durante un incontro con una terza persona, conservato dalla vittima qualche settimana prima del delitto. Una circostanza che aveva scatenato l’ira del marito e dell’amico della coppia. I tre arrestati si erano conosciuti su un sito di incontri e avevano frequentato il 62enne solito organizzare festini in cui veniva spacciata cocaina.
Anche la sera dell’omicidio Peroni aveva fissato un appuntamento con la vittima che un mese prima, mentre erano sdraiati a letto, aveva tirato uno schiaffo alla donna: «Mi hai rotto». «Che schifo», la risposta della 36enne. Il 22 luglio era andata in via Fogagnolo con il marito e Simoni. Li aveva accompagnati un amico estraneo ai fatti. Entrata in casa, ecco che era scattata la «trappola»: aveva aperto la porta al 33enne che aveva aggredito Aroyo. «Avevo paura di provare pietà, ma nulla», uno dei messaggi inviati qualche ora dopo l’omicidio da Peroni. Avevano portato via tre carte di credito, il cellulare e il tablet della vittima. Dopo il delitto, ci sono stati tentativi di spesa, tra cui alcuni in una sala slot, con la carta del 62enne. I poliziotti sono arrivati a loro incrociando anche i filmati delle telecamere, le celle e i tabulati telefonici e i movimenti bancari.
Un mese dopo, Peroni aveva fatto delle ricerche su Google: «hayati hayim arroyo»; «hayati arabo»; «turco arroyo milano». Erano spuntati gli articoli sulla vicenda. Preoccupata, aveva scritto al complice Simoni: «Amor ho brutte sensazioni». A Ferragosto invece era stato il 33enne che, intercettato con la madre, aveva confidato di voler lasciare l’Italia in attesa che «si calmino le acque».