Avvenire, 19 settembre 2025
Gli Stati non frenano la corsa, debito globale a livello record
Il mondo vive sopra le proprie possibilità: il debito globale ha ormai raggiunto la cifra record di 251mila miliardi di dollari, pari a oltre due volte il prodotto interno lordo mondiale. Una montagna di passività che, secondo l’ultimo Database del debito globale del Fondo monetario internazionale, non cresce più ma neppure scende, rimanendo inchiodata a un livello altissimo: il 235% del Pil globale. Se però il settore privato stringe la cinghia, riducendo prestiti e mutui, i governi continuano invece ad accumulare debiti per finanziare deficit pubblici cronici, con Stati Uniti e Cina ancora una volta a dettare il ritmo della giostra finanziaria globale.
Nel 2024 il debito privato è sceso al di sotto del 143% del Pil globale, ai minimi dal 2015. Una dinamica che riflette la riduzione delle passività delle famiglie e la prudenza delle imprese non finanziarie, sempre meno propense a caricarsi di nuovi prestiti in un contesto economico incerto. Sul fronte opposto, il debito sovrano ha continuato a salire, toccando quasi il 93% del Prodotto interno lodo. Il risultato è un equilibrio precario: ciò che viene tagliato dal lato privato viene compensato dall’espansione della spesa pubblica.
Le due maggiori economie del pianeta restano il cuore pulsante delle dinamiche globali. Negli Stati Uniti, il debito pubblico è salito al 121% del Pil, due punti in più rispetto all’anno precedente. In Cina, l’aumento è stato ancora più marcato: dall’82 all’88%. Al netto degli Stati Uniti, le economie avanzate hanno visto però una contrazione media del debito pubblico di 2,5 punti percentuali, scendendo al 110% del prodotto interno lordo. In Francia e Regno Unito i conti si sono appesantiti, ma Giappone, Grecia e Portogallo hanno mostrato la direzione opposta. Nei mercati emergenti e in via di sviluppo, esclusa la Cina, il debito pubblico si è assestato sotto il 56% del Pil. Negli Stati Uniti il debito privato è calato significativamente al 143% del Pil, sostenuto da bilanci aziendali solidi e da un’elevata liquidità accumulata negli ultimi anni. La Cina, invece, ha registrato un’impennata: 206% del Pil, trainata soprattutto dalle imprese non finanziarie, nonostante la debolezza del mattone e la cautela dei consumatori nei mutui. Tra gli altri mercati emergenti, Brasile, India e Messico hanno visto un aumento dell’indebitamento privato, mentre Cile, Colombia e Thailandia hanno registrato un calo. Nei Paesi a basso reddito, la scarsa profondità dei mercati finanziari e la scarsità di liquidità rendono il quadro ancora più fragile.
Alla base della crescita del debito sovrano c’è un deficit fiscale globale medio del 5% del Pil. Una quota che riflette ancora i costi ereditati dal Covid-19 – sussidi, spesa sanitaria, trasferimenti sociali – combinati con l’aumento dei tassi di interesse, che ha gonfiato il peso del servizio del debito. Per il Fondo, questi squilibri non sono più sostenibili nel lungo periodo e rischiano di comprimere gli investimenti privati, creando un effetto di “spiazzamento” che ostacola la crescita.
Secondo il Fmi, i governi dovrebbero adottare piani di aggiustamento fiscale graduali e credibili, capaci di ridurre progressivamente l’indebitamento pubblico senza soffocare la ripresa economica. L’obiettivo è duplice: abbattere il peso del debito sovrano e lasciare spazio agli investimenti privati. Allo stesso tempo, è cruciale promuovere un contesto che stimoli la crescita e riduca l’incertezza, in modo da alleggerire la pressione sui bilanci pubblici e incoraggiare famiglie e imprese a tornare a investire.
L’istantanea del Fondo monetario internazionale racconta un mondo ancora sospeso: la discesa del debito privato ha finora compensato l’ascesa di quello pubblico, ma l’equilibrio appare temporaneo e fragile. Con livelli di indebitamento storicamente elevati e deficit difficili da colmare, la sostenibilità finanziaria globale resta un punto interrogativo. Stati Uniti e Cina continueranno a orientare la traiettoria, ma molto dipenderà dalla capacità degli altri Paesi di consolidare i bilanci senza sacrificare la crescita. Per ora, la montagna di debito resta lì, immobile, e la sfida è capire come ridurla senza fermare l’economia mondiale.