repubblica.it, 19 settembre 2025
Usa come durante il maccartismo, anzi peggio. Ecco perché
Censura dei media. Lista nere degli avversari politici. Demonizzazione degli oppositori. Pressioni su Hollywood, imprenditori, università. La campagna sempre più intensa condotta da Donald Trump contro quella che fin dall’inizio del suo secondo mandato presidenziale ha definito “una minaccia all’America proveniente dall’interno”, descrivendola come più grave di qualunque minaccia dall’esterno, risveglia un vecchio fantasma o, meglio ancora, una sensazione di deja vu. “Negli Stati Uniti sta tornando il maccartismo?” titola stamani il Financial Times.
Una domanda che si pongono in molti, negli Usa e altrove, specie dopo la sospensione del talk show televisivo di Jimmy Kimmel da parte della Disney per un commento sulla morte di Charlie Kirk e il monito del capo della Casa Bianca secondo cui tutte le reti tivù che lo criticano “dovrebbero perdere la licenza” e venire messe al bando. Le somiglianze con la “caccia alle streghe” alimentata dal senatore repubblicano Joseph McCarthy negli anni ’50, passata alla storia come “maccartismo”, infatti non mancano. Ma c’è anche qualche notevole differenza, che rende il “trumpismo” odierno ancora più preoccupante del fenomeno analogo di settant’anni or sono.
Per maccartismo si intende la campagna di repressione politica e di persecuzioni contro individui e organizzazioni di sinistra lanciata dal senatore McCarthy tra la fine degli anni Quaranta e la fine dei Cinquanta. Venne anche chiamata “Second Red Scare” (la seconda paura dei rossi): la prima scoppiò nel 1920, qualche anno dopo la rivoluzione bolscevica in Russia, quando partiti socialisti e sindacati lottavano contro gli eccessi del capitalismo americano per una società più egualitaria, mentre questa arrivata dopo accompagna la fine dell’alleanza tra Washigton e Mosca nata durante la Seconda guerra mondiale per sconfiggere il nazifascismo e l’inizio della Guerra Fredda fra Usa e Urss, le due superpotenze nucleari, che diventa anche una guerra “calda” per procura con il conflitto fra le due Coree.
Il maccartismo è pure una reazione alla politica sociale, se non socialista, portata avanti dal presidente Franklin Roosevelt con il New Deal, il vasto programma di aiuti statali e investimenti pubblici introdotto per combattere la Grande Depressione, la crisi economica degli anni Trenta che fa seguito al crollo di Wall Street del 1929.
Nel mirino finiscono dipendenti governativi, importanti figure dell’industria dell’intrattenimento, accademici, politici, avvocati, giornalisti, sindacalisti. Basta poco per finire nella “black list” di McCarthy. Le conseguenze vanno dalle minacce alla perdita del posto di lavoro, dall’arresto a pene carcerarie, in un caso fino alla pena di morte, come accade ai coniugi Julius e Ethel Rosenberg, accusati di avere passato all’Unione Sovietica i segreti della bomba atomica e giustiziati sulla sedia elettrica. La maggior parte delle vittime del maccartismo vengono semplicemente messe alla pubblica gogna, zittite, escluse da qualsiasi ruolo pubblico, intimorite. L’espressione “caccia alle streghe” indica da un lato una campagna di demonizzazione, dall’altro una denigrazione priva di prove fattuali: dietro le posizioni degli intellettuali di sinistra e degli artisti attaccati da McCarthy non c’era un complotto sovietico per instaurare il comunismo in America, ma soltanto una legittima posizione liberal, come si dice negli Stati Uniti, ossia idee progressiste.
Un senatore da solo non avrebbe potuto, ovviamente, scatenare una campagna di massa di queste dimensioni. Molte forze collaborano con McCarthy: innanzi tutto il potere esecutivo, attraverso una serie di decreti firmati prima dal presidente Truman, poi dal suo successore Eisenhower. Ha inoltre un ruolo preminente il potere legislativo, con la commissione parlamentare denominata “House Un-American Activities”, in sostanza un’indagine sulle attività “anti americane” a colpi di udienze pubbliche simili a un vero processo. Infine contribuisce al clima una parte del potere giudiziario, tramite il ministero della Giustizia, il procuratore generale e singoli magistrati che si accaniscono contro chi esprime ideali di sinistra: uno di questi è il procuratore distrettuale Roy Cohn, che anni dopo diventerà il maestro e l’ispiratore di Donald Trump. Infine al maccartismo contribuisce l’Fbi, triainato dal suo direttore, Edgar J. Hoover, ossessionato dal comunismo, che rimane alla guida della polizia federale per quasi tre decenni, aizzando i propri agenti contro l’America liberal. Una campagna che colpisce anche ebrei e omosessuali, con antisemitismo e o omofobia visti come un necessario corollario dell’anticomunismo.
Jimmy Kimmel, il comico e conduttore televisivo sospeso dalla Disney con il plauso della Casa Bianca, ha molti predecessori illustri fra gli attori, registi e sceneggiatori di Hollywood emarginati, interrogati dalla commissione della Camera e accusati da McCarthy di attività “anti americane”. Eccone alcuni: gli scrittori Nelson Algren e Dashiell Hammett, la scrittrice Dorothy Parker, il commediografo Arthur Miller, il grande compositore, pianista e direttore d’orchestra Leonard Bernstein, registi geniali come Charlie Chaplin e Joseph Losey, lo sceneggiatore Dalton Trumbo, il cantante folk Pete Seeger, attori come Zero Mostel, Lucille Ball, Dolores Del Rio e tanti altri. Perfino il fisico nucleare Albert Einstein viene perseguitato, così come uno dei padri della prima bomba atomica, Robert Oppenheimer (tra gli scienziati del “Progetto Manhattan” ce ne fu uno, Rudolph Fuchs, che effettivamente diede i segreti della bomba all’Urss di Stalin, ma Oppenheimer fu solo sconvolto, dopo Hiroshima, dal senso di colpa per avere creato un’arma così devastante).
Ci sono numerose somiglianze fra maccartismo e trumpismo, come notano il Financial Times e vari commentatori sulle due sponde dell’Atlantico. Ma tra l’uno e l’altro ci sono anche importanti differenze. La prima è che a condurre la caccia alle streghe degli anni Cinquanta era un senatore: ora, nella stessa parte, c’è il presidente degli Stati Uniti. E se in un primo tempo i presidenti dell’epoca appoggiarono il maccartismo, poi fu la Casa Bianca, con il repubblicano Eisenhower e quindi con i democratici Kennedy e Johnson, a frenarlo. La seconda differenza è che a mettere fine al maccartismo furono le sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti, presieduta da Earl Warren, un tribunale in quella fase assai equilibrato politicamente: la Corte Suprema di oggi, in virtù della morte di tre giudici durante il primo mandato presidenziale di Trump, da lui sostituiti con giudici ultraconservatori, ha una netta maggioranza che simpatizza con le sue idee, come ha già dimostrato con alcuni verdetti. Non è chiaro se, di fronte a una svolta sempre più autocratica da parte di Trump, la Corte si opporrebbe o gli darebbe via libera.
Per questo nei giorni scorsi l’ex-presidente Barack Obama ha avvertito che l’America è in un momento cruciale della sua storia. Il maccartismo ha messo a rischio la democrazia americana. Il trumpismo rappresenta una minaccia ancora più grave.