Corriere della Sera, 19 settembre 2025
Università, studenti pro Pal, e il ruolo dei rettori
In sostanza le cose stanno così. Nelle Università italiane la stragrande maggioranza degli studenti filopalestinesi si raccolgono perlopiù tra gli studenti di sinistra, i quali in generale sono quelli più presenti politicamente, più pronti nel prendere l’iniziativa. E in un gran numero di casi sono quelli che alle elezioni studentesche conquistano la maggioranza degli organismi rappresentativi degli studenti disponendo perciò del maggior numero di voti quando si tratta di eleggere il rettore dell’Università. Perché i Rettori – cosa che l’opinione pubblica perlopiù ignora – sono eletti anche con i voti (magari in certe circostanze determinanti) dei rappresentanti degli studenti. Rettori dell’Università i quali, per giunta, alla scadenza del loro mandato spesso sono tentati di fare, come si dice, il salto in politica: candidarsi a sindaco, a deputato, ovvero alla presidenza di qualche importante ente economico-sociale. Cariche per le quali, in un gran numero di luoghi del nostro Paese, è di certo utile avere un’immagine che non dispiaccia troppo allo schieramento politico di sinistra.
Si spiega così se il Rettore medio italiano si mostra in genere assai tiepido nel sanzionare le azioni aggressive degli studenti pro Pal all’interno del proprio Ateneo, nel denunciare il loro evidente sfondo antisemita. Perché mai, infatti, mettersi contro il proprio elettorato, reale o potenziale? Ma proprio perciò è il ministro dell’Università, invece, che oggi deve far sentire la sua voce alta e forte, non limitandosi, ogni volta che avviene un’azione squadristica, a qualche frase di condanna di circostanza post factum. Deve far sentire al Paese la voce politica del governo e far capire ai Rettori che non gli mancano i mezzi per far seguire alle parole i fatti. Le Università godono sì di una vasta autonomia, ed è un bene: ma fino a prova contraria non sono ancora un «territorio perduto» della Repubblica.