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 2025  settembre 18 Giovedì calendario

Gli ultimi maoisti indiani si arrendono «Tutto il mondo oramai è cambiato»

A quasi sessant’anni dalla loro origine come evoluzione di un movimento di protesta rurale, in India la guerriglia di ispirazione maoista dei naxaliti ha comunicato che deporrà le armi. Ufficialmente la dichiarazione di resa è ancora sotto esame da parte delle autorità di New Delhi, ma era in qualche modo attesa.
Negli ultimi due anni la costante pressione delle forze armate indiane e in parallelo il venire meno di nuove reclute e dei proventi dalla tassazione imposta nelle aree sempre più ridotte da essi controllate aveva messo con le spalle al muro i ribelli. Peraltro sottoposti a un interesse mediatico loro contrario ma ancor più a perdite ormai insostenibili, oltre 400 effettivi dallo scorso anno, tra cui diversi comandanti.
A maggio il leader della guerriglia, Nambala Keshav Rao, alias Basavaraju, era stato ucciso in un conflitto a fuoco in cui erano morti anche 26 dei suoi uomini.
Lunedì, un “comandante naxalita” di rango elevato è caduto in una trappola attivata da una taglia equivalente a 100mila euro. «Siamo pronti a dialogare», ha annunciato un portavoce del Partito comunista indiano (maoista) in una dichiarazione datata 15 agosto ma distribuita martedì sera alla stampa locale dello stato di Chhattisgarh da un intermediario. «In considerazione del nuovo ordine mondiale e della situazione nazionale, nonché dei continui appelli del primo ministro, del ministro degli Interni e dei capi della polizia, abbiamo deciso di sospendere la lotta armata», ha aggiunto.
Il ministro dell’Interno del Chhattisgarh, Vijay Sharma, non ha nascosto i suoi dubbi e ha segnalato che «la lettera deve essere verificata. Solo una volta autenticata verrà presa una decisione» su eventuali colloqui con la guerriglia per chiudere definitamente una pagina sanguinosa della storia moderna dell’India costata 12mila morti tra e parti in conflitto e civili. In un contesto di povertà e diffusa disillusione delle regioni più arretrate dell’India in cui operavano, i naxaliti sono arrivati a avere il controllo sul 30 per cento del territorio dell’India.
Quella nota come “fascia rossa che andava dal Bengala occidentale a nord-est fino al Karnataka a sud-ovest che si era ormai ridotta a poche aree del Chhattisgarh e di Stati limitrofi, dove i guerriglieri costantemente assediati continuavano a rivendicare il loro ruolo rivoluzionario.
Nel 2008, successivamente alla persecuzione contro i cristiani nello Stato orientale di Orissa, confinante con il Chhattisgarh, organizzata da gruppi estremisti indù prendendo a pretesto l’uccisione, il 23 agosto, di un loro leader locale, Laxmanananda Saraswati, i naxaliti si erano attribuiti la responsabilità dell’omicidio giustificata, secondo loro, dall’oppressione a cui sono erano sottoposti fuoricasta e tribali non indù. Questo non era servito a salvare la sparsa comunità cristiana locale dal pogrom iniziato il 25 agosto nel distretto di Kandhamal e costato un centinaio di morti, migliaia di fuggiaschi un gran numero di abitazioni e di edifici religiosi devastati o incendiati, oltre che da un processo di riconversione all’induismo imposto o incentivato.