repubblica.it, 18 settembre 2025
Nel Pig Palace da 26 piani dove la Cina disegna il futuro dell’allevamento dei maiali. Che fa paura
Maiali a 5 stelle. Naturalmente (ma non troppo) “made in China”. Stavolta però il lupo non ha alcuna speranza di entrare nella “casa” dei tre (e oltre) porcellini. Non è di paglia, non è di legno e nemmeno di mattoni. Soprattutto non è a un piano solo. È il primo Pig Palace al mondo: un luogo difficilmente accessibile e che non può essere fotografato facilmente e dove possono accedervi solo i dipendenti e i soggetti autorizzati, nella provincia cinese di Hubei, a pochi chilometri dalla città di Wuhan.
È un sistema reale, dove nulla fa pensare alle favole: un enorme grattacielo, indicato come il più grande allevamento di maiali nel Pianeta, dove all’interno vengono allevati centinaia di migliaia di suini, in un ambiente totalmente artificiale e automatizzato. A costruirlo nel 2022, un’azienda del centro del Paese, la Hubei Zhongxingkaiwei, che ha investito 500 milioni di euro per realizzare questo “hotel a 5 stelle” di 26 piani a Ezhou, città sulla sponda meridionale del fiume Yangtze (provincia del Hubei) con aria condizionata e percorsi automatizzati dove “gli ospiti” possono trovare il cibo. E altre attenzioni deluxe.
Appena aperta (ottobre 2022) la struttura ha visto albergare i primi 3.700 maiali, ma è tornata recentemente a far parlare di sé su Twitter, grazie anche ai tanti post promozionali del governo cinese. Oltre a risparmiare spazio, riesce – secondo quanto riferito dal giornale Beijing News – a isolare i maiali dall’esterno, proteggendoli da malattie e virus, un pericolo costante nei grandi allevamenti orientali (e non solo). “Ogni piano è gestito separatamente e la ventilazione è indipendente”, scrivono. Scrofe e maialini si spostano con ascensori a un livello assegnato e rimangono lì, accatastati tutti insieme. E questo “modus vivendi” invece, criticano gli animalisti e altri produttori, scatenerebbe malattie.
Si tratta di strutture alte diversi piani, più costose rispetto agli impianti tradizionali, ma necessarie per poter risparmiare suolo e per “migliorare” la produttività. L’allevamento verticale, una volta in piena attività, può far crescere fino a 1,2 milioni di maiali ed è stato pensato proprio per rispondere alla sempre più alta domanda di quella che è la principale fonte di proteine per la popolazione cinese. La Cina è in effetti all’affannosa ricerca di nuove strategie per la produzione di carne suina il cui consumo nazionale è la metà di quello mondiale, soprattutto dopo la peste suina africana che tra il 2018 e il 2020 ha ucciso circa 100 milioni di animali. Un allevamento di maiali trasformato in grattacielo di cemento armato occupa un quinto dell’area agricola normalmente necessaria per allevare lo stesso numero di animali in campagna. Il tutto, naturalmente, a scapito del benessere degli animali, ammassati in numero sempre maggiore in spazi sempre più ristretti.
Entriamo eccezionalmente a “vedere”: ogni piano funziona come una fattoria autonoma per le diverse fasi della vita di un maiale con un’organizzazione delle varie aree pensata come un allevamento autonomo per le diverse fasi di vita dei suini. C’è un piano per i cuccioli, uno per le suine gravide, una stanza per il parto e punti di allattamento. Fino al piano dedicato all’ingrasso. 450mila chilogrammi di mangime vengono utilizzati ogni giorno, spostando il cibo su un nastro trasportatore, dove è raccolto in vasche giganti per poi essere consegnato ai piani sottostanti attraverso mangiatoie ad alta tecnologia in grado di distribuire automaticamente il pasto ai maiali in base alla loro fase della vita, peso e salute. Anche le feci di maiale vengono misurate, raccolte e riutilizzate.
Circa un quarto del mangime viene riutilizzato sotto forma di escrementi secchi che possono essere usati come metano per generare elettricità. All’interno ci sono dei sistemi di controllo per la ventilazione e la temperatura, nonché accurati rilevatori di gas. Anche i maiali vengono costantemente monitorati attraverso telecamere ad alta definizione. Per la nutrizione ci sono 30mila punti di alimentazione automatici, che si attivano con un pulsante nella sala di controllo: ogni animale riceve la giusta quantità di cibo in base all’età, al peso e alla salute, proveniente da giganteschi serbatoi posti all’ultimo piano in grado di distribuire più di un milione di chili di mangime ogni giorno. È stata anche analizzata la gestione dei rifiuti, che vengono utilizzati per generare biogas, da sfruttare poi per la produzione di energia utile all’azienda stessa. Una sorta di economia circolare. I controlli sono molto stringenti anche per le condizioni di salute dei dipendenti, che devono sottoporsi a diversi test prima di entrare e non possono lasciare l’edificio fino alla pausa successiva, dopo una settimana di lavoro.
Molte aziende agricole cinesi continuano a sperimentare questi Pig Palace hotel nonostante nel Paese l’industria della carne sia in ribasso da quasi un decennio, ma la Cina resta il Paese in cui si consuma più carne di maiale al mondo. E nonostante le critiche, soprattutto dal punto di vista sanitario che sono arrivate a pioggia, nulla sta rallentando l’avanzata dei grandi allevatori cinesi, nemmeno la consapevolezza di un maggiore rischio sanitario. Dietro a questo tipo di allevamenti intensivi si nasconde un business di milioni di euro che presto potrebbe coinvolgere non solo la Cina, ma l’intera Asia. Guangxi Yangxiang, un’altra azienda agricola privata, gestisce due allevamenti di questo tipo a 7 piani e ne ha successivamente inaugurato uno a 13 piani, considerato l’edificio più alto del mondo nel suo genere, nei pressi del porto fluviale di Guigang i cui numeri sono incredibili: su 11 ettari di spazio può ospitare circa 30mila scrofe, dalle quali possono nascere in media altri 840 mila animali. Un orgoglio della società che ha messo a disposizione l’edificio (su richiesta) anche come sito dimostrativo per tecnologie 5G e automazione.
Un tipo di allevamento che era stato sperimentato anche in Europa, ma senza alcun successo. In Cina, invece, malgrado le critiche per il rischio di contaminazioni e per il pericolo di diffusione di virus animali e ai dubbi etici sollevati dalle associazioni animaliste, vanno avanti convinti che la spesa sia compensata dal risparmio di spazio e di suolo. Difficile dire se gli animali siano “felici” in un ambiente così artificiale. Fatto sta che i lupi dovranno trovarsi un altro mestiere.