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 2025  settembre 18 Giovedì calendario

Intervista a Renzo Rosso

Renzo Rosso, fondatore e presidente di Otb, 70 anni festeggiati con un party di 1.600 persone, tra amici e dipendenti. Il concerto di Jovanotti, pizza e tequila. Ha detto: «è stata la serata più bella della mia vita».
«Di solito le mie feste sono più un lavoro che un divertimento. Questa me la sono goduta. Ho sentito l’amore delle persone intorno a me».
Il primo proposito dei 70?
«Fare tutto più velocemente: sono della Vergine, vado a fondo. Ogni mio capo lo conosco dalla A alla Z. Oggi con l’aiuto di un ottimo management voglio lavorare più di strategia che di operatività».
Che sognava da bambino?
«Di fare almeno il caporeparto, non volevo essere un operaio. La mia famiglia aveva una grande fattoria».
Perché non ha fatto l’agricolore?
«Aiutavo ovviamente mio padre, quando avevo 5 anni mi faceva anche guidare il trattore e pulivo le botti durante la vendemmia. Ma ho sempre voluto fare qualcosa di mio, di più grande»
La sua famiglia.
«Mi ha insegnato a dividere: da quello che c’era nell’orto alle cose più importanti. Se qualcuno aveva un problema di salute lo aiutavamo a trovare le cure mediche. Con l’esempio della mia famiglia ho imparato a pensare agli altri e ho cercato di trasferire questi valori ai miei 7 figli».
Che studente è stato?
«Mi sono diplomato all’Istituto tecnico, gli insegnanti venivano dalle industrie. Ho fatto il primo jeans con la Singer di mia madre. Poi mi sono iscritto a Economia. Ma ho mollato presto, perché ero già entrato nel mondo del denim».
Perché questa ossessione per i jeans?
«Fino a 12 anni ho messo i pantaloni usati di mio fratello. Un giorno al mercato ho chiesto a mia mamma un paio di Roy Rogers. Li ho indossati subito e da allora ho portato sempre e solo denim».


La sua grande occasione.
«Ho cominciato lavorando con uno stipendio fisso a 240 mila lire al mese, poi ho capito che potevo fare di più e sono passato a lavorare a cottimo, arrivando a guadagnare due milioni e 400 mila lire. Così ho convinto nel 1978 Adriano Goldschmied a diventare mio socio. Poi nel 1985 mi sono messo in proprio».

Suzy Menkes sul New York Times l’ha definita il genio dei jeans.
«Avevo un punto di vista diverso, il jeans era sempre stato considerato un indumento da lavoro ma io volevo trasformarlo, volevo farne un capo con cui potevi uscirci la sera. Ho pensato al nome Diesel perché rappresentava l’idea di velocità: a benzina facevi 100.000 km, con il Diesel 400.000. Vai più piano, ma più lontano».
Ha detto: «ho avuto successo, ma ho anche pianto e sofferto tanto». Per cosa?
«Spesso ho pianto per la mia vita personale e per problemi aziendali. C’è stato un momento in cui Diesel ha avuto delle difficoltà: per tre anni non ho dormito la notte. Ho ripreso in mano l’azienda e siamo riusciti a farla diventare un’eccellenza mondiale nel mondo della moda, amata soprattutto dalla Gen Z».
Che padre è stato per i suoi figli?
«Molto presente: li portavo a scuola, andavo alle riunioni con i professori, in vacanza ci giocavo anche se ero stanco morto. Li accompagnavo dai medici e ci sono sempre stato nei momenti importanti».
È difficile essere figlio di Renzo Rosso?
«Temo di sì. Tutti i miei figli hanno subìto il problema di un cognome importante».
La prima volta si è sposato a 20 anni.
«Con una ragazza del mio paese. Purtroppo non mi ha seguito nel percorso: ho girato il mondo da solo, mi rivedo in viaggio in aereo, con il mio borsone, senza condividere».
Nel 2002 ha sposato la manager Arianna Alessi.
«Dopo due anni da single ho incontrato questa donna straordinaria, che comprava aziende per altri. Comprerebbe un’azienda al giorno anche per me! (ndr, Arianna Alessi è ad di Red Circle, azienda di investimenti privati di Rosso). Siamo entrambi molto impegnati, ma il venerdì non prendiamo appuntamenti, è un giorno solo nostro».
Ha detto: sognavo una donna internazionale e invece l’ho trovata sotto casa.
«Sognavo una donna dalla mentalità aperta, che potesse sedersi ai miei stessi tavoli. Arianna è di Bassano ma ci siamo incontrati in Sardegna. Mi ha colpito subito».
Un colpo di fulmine.
«Un miracolo, mi dà una energia pazzesca. Abbiamo tanti amici che non vedono l’ora di venire a Bassano da noi. Siamo gioia per tutti».

Con lei è diventato padre a sessant’anni: 9 anni fa è nata Sydne.
«E confesso che ero spaventato per l’età. E invece Sydne è la luce dei mie occhi, mi tiene giovane e informato. Con lei ho scoperto il gioco Roblox: ho convocato i miei manager per entrare nella realtà virtuale».
Il nome Sydne?
«Mi piaceva il nome Sydney ma non era di 5 lettere. Ho scoperto che esisteva anche la versione Sydne».
Perché di 5 lettere?
«È il mio numero: Renzo ha 5 lettere».
È scaramantico?
«Un po’. Le targhe delle mie auto iniziano tutte con 555».

Cosa si è regalato per i suoi 70 anni?
«Un’auto customizzata insieme ad Horacio Pagani».
Un regalo inatteso?
«Mi hanno chiamato con urgenza per un problema in mensa: invece c’erano tutti i dipendenti che mi hanno letto una lettera bellissima. Mi sono commosso».
Le sono arrivati via video gli auguri di Renato Zero, Gianna Nannini, Kim Kardashian, Anna Wintour, Adrian Brody, Leao...
«Anna è una donna speciale. E con Kim abbiamo un bellissimo rapporto».
Jovanotti per i 70 anni le ha dedicato un concerto e ha riscritto le parole di Starman di Bowie per lei : «Renzo un amico, superstar, esploratore molto fico e fantastico...»
«È stato un concerto pieno di energia e di affetto. La prima volta che l’ho conosciuto aveva 18 anni, è venuto a fare il dj a una mia presentazione».
Altri amici insospettabili?
«Ogni due mesi pranzavo con Enrico Cuccia: diceva che gli portavo freschezza. Quello che oggi cerco anche io».
Amici storici?
«Alberto Nagel, Stefano Domenicali, Gerry Scotti, Nerio Alessandri, Remo Ruffini. Ammiro questi imprenditori e manager eccellenti».
È stato toccato dal lutto di Giorgio Armani?
«Molto, un anno fa avevamo trascorso una serata parlando di tutto, un dialogo intelligente nella nostra diversità. È stata una persona iconica, che resterà immortale per quello che fatto».
La sua successione?
«Sto lavorando perché la azienda rimanga alla mia famiglia e ai miei dipendenti. E ci quoteremo in Borsa. Credo che la successione vada preparata molto bene, ammiro quello che ha fatto Silvio Berlusconi».
È presidente del Vicenza calcio. Gioie e dolori?
«Avevo delle grandi ambizioni, ma il calcio purtroppo non è controllabile come un’azienda e non sono riuscito ad arrivare dove avrei voluto».
Una battuta su Trump.
«L’ho sostenuto. Oggi il mondo intero lo vede un po’ confuso».
La morte la spaventa?
«No, ma non vorrei morire nella sofferenza di una malattia grave».
Sta facendo investimenti sulla longevità.
«Abbiamo acquisito un gruppo di cliniche dove ci occupiamo di longevità e del benessere delle persone. Cerco di tenermi in forma facendo attività fisica quasi tutti i giorni».
È credente?
«Credo nell’energia positiva, passo al cimitero a salutare i miei genitori. Penso di avere un angelo custode che ogni tanto, probabilmente, mi assiste».