repubblica.it, 17 settembre 2025
No shorts, vietate unghie lunghe e zeppe: a scuola arrivano i depliant per spiegare il dress code
La camicia hawaiana sì, gli hot pants proprio no. La salopette è ok, i jeans strappati ko. È il dress code da primo giorno di scuola che vale tutto l’anno. Dev’essere «sobrio, decoroso e consono». Solo tre parole, tre aggettivi che ricorrono nelle circolari firmate al suono della prima campanella dai presidi di tutta Italia. È così da anni, con docenti e bidelli chiamati a fare da stylist per rispetto dell’ambiente di studio.
Ora dalla Sicilia arriva pure un depliant, con tanto di disegni e figurini, per spiegarlo benissimo. Il “Pugliatti” di Taormina elenca graficamente ad alunni e famiglie l’abbigliamento ammesso. Vanno bene le t-shirt a girocollo o a V, le polo, le felpe, i lupetti, le camicie di flanella e persino il tuxedo, in camicia bianca e giacca da sera. Ma top e canotte sono sbarrate. Croce sopra pure ai reggiseni sportivi, agli shorts, alle minigonne d’ogni genere, da quelle jeans a quelle a portafoglio. Via libera a zampe d’elefante, camicette gipsy, pantaloni skinny, tute e kilt. Leggins, jeans strappati, tacchi vertiginosi, ciabatte e infradito, trasparenze unisex e ombelichi di fuori finiscono automaticamente nel capitolo dei «non ammessi all’entrata».
Ad Ugento, però, provincia di Lecce, come in molte altre scuole, le regole non valgono solo per gli studenti. Nella circolare sono elencati in grassetto maiuscolo anche «docenti, personale di segreteria, collaboratori scolastici, personale a vario titolo operante all’interno dell’istituto», che devono «dare l’esempio» con un «abbigliamento decoroso e dignitoso» perché «il rispetto per l’istituzione scolastica e per le istituzioni dello Stato passa anche attraverso le forme e i modi del vestire». Ecco dunque che, per un cortocircuito di parole, tutti sono «caldamente invitati», nonostante «il caldo», a «non indossare abiti inopportuni, che evochino tenute estive, o anche balneari».
Al Da Vinci di Floridia, Siracusa, lo stile balneare da evitare è questo qui: «pantaloncini corti, bermuda sopra il ginocchio, canottiere, ciabatte, abbigliamenti da spiaggia e simili».
In un istituto di Salerno, visto che «la scuola non è mica un villaggio turistico» vanno bene pure i calzoncini purché siano «sobri», cioè bianchi o blu. Macché, al Matteotti di Pisa «è vietato indossare all’interno dei locali ogni tipo di pantaloncino e top di qualsiasi lunghezza e misura».
Però al Giovanni da San Giovanni di Firenze, la preside concede una deroga a fine anno: «Considerate le temperature dell’ultimo periodo di scuola, sono accolti capi di vestiario come pantaloni corti fino al ginocchio».
Al Cesare Balbo di Casale Monferrato anche gli occhiali da sole possono restare a casa o in tasca. Per evitare di farsi male in palestra sarebbe meglio non portare nemmeno quelli da vista, si legge nelle norme del Ferro di Alcamo, da levare insieme a «collane, orologi, orecchini, braccialetti voluminosi, spille, fermagli rigidi».
Per la stessa ragione al liceo Cantone di Pomigliano d’Arco, «nell’ovvia considerazione che i concetti di decoro e sobrietà sono suscettibili di varietà interpretativa e senza voler limitare la libertà individuale», sono bandite anche le zeppe e i tacchi troppo alti: le altezze vertiginose mettono a rischio la sicurezza, «per esempio – scrive il preside nella circolare – in caso di necessità di evacuazione dell’edificio».
Non c’è solo l’armadio da rivedere ma pure il look. All’istituto comprensivo Archimede-La Fata di Partinico s’invita «a non mostrare eventuali piercing all’ombelico e a non tenere unghie esageratamente lunghe».
È questione di centimetri al Newton di Varese dove nelle attività di laboratorio «non sono ammesse le unghie a stiletto di lunghezza superiore a 0,5 centimetri nella parte eccedente il dito». Via anche abiti «che contengono messaggi offensivi o discriminatori».
Non possono neppure essere indossati «cappellini, cappucci e simili durante le ore di lezione, in modo da lasciare il volto a vista. Vengono autorizzati i copricapi e le velature (non sul viso) solo per ragioni di natura religiosa o di salute». Il divieto di berretti non rientra più solo nell’etichetta del decoro ma per i presidi, al cui insindacabile giudizio è sottoposta la liceità dell’outfit, servirebbe anche a garantire che gli studenti non usino cuffie attaccate agli altrettanto proibiti smartphone.
Chi controlla? Si spiega all’istituto Marconi di Civitavecchia che deve pensarci «tutto il personale della scuola», invitato «ad un’attenta sorveglianza e a comunicare tempestivamente l’eventuale infrazione». E i trasgressori? «Dopo essere stati invitati a provvedere ad un abbigliamento consono, saranno soggetti a sanzione disciplinare». Al Teodosio Rossi di Priverno significa «una nota sul registro» per chi porta «pantaloni a vita bassa o abiti succinti, magliette corte che lascino scoperta la pancia». Al Quintiliano di Siracusa è previsto anche «l’allontanamento o la non ammissione a scuola» di chi si presenta svestito: «Si spera sia evidente e inequivocabile – scrive la preside – che il problema non sono i centimetri di pelle scoperta; si tratta piuttosto di rendere consapevoli tutti che ogni luogo e contesto richiedono ed esigono delle specificità estetiche e di immagine, cui non si dovrebbe mai derogare».
Ci sarà pure un’eccezione. Sì, per il gesso. Al Marconi di Civitavecchia ricordano che canotte e calzini tagliati sono vietati per tutti «tranne chi è autorizzato a causa di infortuni».