Corriere della Sera, 17 settembre 2025
Amazon, sconto fiscale dopo l’incontro viceministro-Procura
Dipende. Lo si può considerare come un prezioso tesoretto per lo Stato di 600 milioni che l’Agenzia delle entrate chiede ora ad Amazon dopo mesi di inchiesta della Procura di Milano sull’ipotizzata evasione di 1,2 miliardi di Iva nel 2019-2021 sulle vendite a distanza online. O lo si può valutare come un gigantesco favore ad Amazon fatto dal governo Meloni a una delle big tech a cuore del presidente Usa Donald Trump, con lo «sconto» di quasi 2 miliardi e mezzo di euro tra tasse e sanzioni rispetto ai calcoli di GdF e pm, e soprattutto con la dichiarata esclusione di quei rilievi penali di frode fiscale che invece la Procura insisterà a propugnare. Sono le due possibili interpretazioni della scelta notificata ieri ad Amazon dall’Agenzia delle entrate dopo una riunione, inusuale, alla quale mercoledì 10 settembre in Procura a Milano il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha direttamente partecipato accanto al direttore centrale dell’Agenzia, Vincenzo Carbone, per discutere con i pm proprio della definizione di questo procedimento penale in fase di indagini preliminari. E per comunicare al procuratore Marcello Viola, alla vice Tiziana Siciliano e al pm Elio Ramondini le ragioni per le quali l’Agenzia non appoggia il pur apprezzato lavoro della GdF di Monza (condiviso dal Comando Generale); non sposa il pm che contesta il reato di dichiarazione fraudolenta a tre manager tra cui il vicepresidente «global tax» Kurt Lamp; in sede tributaria non applica sanzioni e interessi calcolati dalla GdF in quasi 2 miliardi, esclusione che supporta Amazon nell’assenza di fraudolenti artifici o comunque opinabilità delle questioni; e dimezza le tasse che propone ad Amazon di ripagare, da 1,2 miliardi a 600 milioni (300 subito sul 2019, il resto per il 2020-2021).
Nell’«accusare» l’indifferenza dell’algoritmo predittivo di Amazon agli obblighi tributari di venditori cinesi nell’87% dei casi, GdF e Procura ritengono violato da Amazon l’art. 13 del decreto crescita 2019, «il soggetto che facilita la vendita a distanza di beni importati nella Ue è tenuto a trasmettere i dati»; invece per l’Agenzia delle entrate il legislatore del 2019 avrebbe usato le categorie «in senso atecnico», sicché sarebbe «improprio» ricavarne un obbligo dichiarativo a carico di Amazon.