la Repubblica, 16 settembre 2025
Chi si rivede, Miss Italia il salto indietro della Rai
Asettica premessa: “La rappresentazione della bellezza delle donne ha sempre avuto un posto chiave nell’immaginario popolare – si può leggere in Figure del desiderio, acuto saggio dello storico inglese Steven Gundle (Laterza, 2007) – e ogni forza politica che aspirasse alla leadership ha cercato in qualche modo di appropriarsene o di adoperarla”.
Detto fatto. Dopo anni di auto- streaming penitenziale, TeleMeloni riporta in Rai Miss Italia. A voler essere pignoli accade in leggero ritardo e solo su RaiPlay, ma con il beneficio della diretta. Sulla scia delle sovraccennate considerazioni, ma conoscendo un po’ anche le paturnie dei sovranisti, il revival si spiega con l’urgenza di “restituire l’orgoglio” a un “simbolo di italianità”, formula tanto generica quanto vantaggiosa per propinare al gentile pubblico una sorta di Miss Nazione.
Abbandonata la storica sede di Salsomaggiore, il tele-concorso si svolge a Porto San Giorgio, Marche, pochi giorni prima delle elezioni. Conduce la serata l’inesorabile Nunzia De Girolamo, già ministra dell’era berlusconiana e affidabile accompagnatrice di programmi andati così così. La croccante e scalpitante new entry, all’insegna della più facile inclusività, risponde al personaggio di Francesca Pascale, astutamente nominata presidente della giuria.
Già due anni orsono i Fratelli d’Italia ci avevano provato con goffo ardore: conferenza stampa di presentazione addirittura a Montecitorio, il futuro ministro Foti al posto d’onore, conduttrice designata Manuela Moreno, tra le giurate Hoara Borselli e Vera Slepoj; ma sul più bello l’impalcatura era crollata sotto il peso di un sanguinoso scontro tra il ministro Sangiuliano e il sottosegretario Sgarbi, acclamatissimo presidente della giuria, ma con ricco e incompatibile cachet.
Adesso la rivincita, subito attraversata dalle vibranti proteste dell’Usigrai, dalle scontate distinzioni di De Girolamo tra il corpo delle candidate e il loro talento e dalla ribadita “missione” dell’organizzatrice, Patrizia Mirigliani, che consisterebbe nel difendere la bellezza da “feroci attacchi”. Per non infiammare ulteriormente il clima si invocherà qui la virtù della pazienza: anche Miss Italia è in qualche modo un simbolico evento della vita pubblica, come tale soggetto agli appetiti, agli arbitri e alle suggestioni del potere.
Nel 1954 tredici deputati della Dc proposero per legge l’abolizione dei concorsi di bellezza; però poi nello scudo crociato, partito per metà islamico e per l’altra metà di gomma, si raggiunse il compromesso di presentare le ragazze non più in bikini, ma con il costume intero. D’altra parte nel mondo comunista una illustre giuria presieduta da Zavattini e composta da Blasetti, Visconti, Soldati, Moravia e perfino Elsa Morante era impegnata in quegli anni a scegliere la più bella delle “Stelline dell’Unità”.
A lungo la politica rimase sorda agli anatemi del femminismo. Nella Seconda Repubblica, perseguendo un bislacco progetto di rinnovamento, Berlusconi spinse l’innovazione fino ad arruolare in Forza Italia un certo numero di ex concorrenti, Brambilla, Carfagna, Siracusano, Tartaglione e altre. Mentre dopo la proclamazione della prima Miss di colore, la Lega mise su il baraccone, insieme etnico e co mmerciale, di Miss Padania. Tra parentesi: ancora l’altro giorno qualche leghista se l’è presa con Miss Trieste, figlia di madre italiano e padre senegalese.
Nel 2007, proprio quando la vincitrice di Miss Italia era ricevuta dal presidente del Senato Pera, approfittando di alcune polemiche sulla valorizzazione del “lato B” e il “mercato di carne”, il neosegretario del Pd Veltroni ripudiò il concorsone come robaccia d’altri tempi. L’anno dopo la serata finale fu preceduta da una Santa Messa nel Palasport di Salsomaggiore; e nel 2012, sotto la presidenza di Annamaria Tarantola, la Rai impose il ritorno del costume intero.
Non si dirà che per questo Miss Italia imboccò la via del declino e dello streaming. L’anno scorso le aspiranti sono sfilate in camicia bianca. Il dispiego di tricolori può segnare, ridicolizzandola, la nuova stagione.