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 2025  settembre 16 Martedì calendario

Rifiuti speciali, record nel riuso

L’Italia è tra i Paesi europei più virtuosi nel riuso dei rifiuti speciali. Parliamo di una tipologia diversa da quelli urbani, prodotti dalle famiglie e da tutte le provenienze assimilabili e che vengono gestiti dalle pubbliche amministrazioni. Gli «speciali» derivano da attività produttive, quindi da industrie, aziende agricole, di costruzioni, produzioni artigianali, attività commerciali e sanitarie, e si distinguono in pericolosi e non pericolosi (93,8% del totale). Sono rifiuti gestiti da aziende private autorizzate al recupero e allo smaltimento.
Sugli speciali è stato da poco pubblicato il Rapporto Ispra 2025, che riporta dati relativi al 2023. Ed è proprio da questa indagine che emerge la «virtuosità» del sistema italiano. Complessivamente la quantità di rifiuti speciali generati in Italia ammonta a 164,5 milioni di tonnellate. Il dato certifica un aumento dell’1,9% rispetto al 2022. Un incremento poco significativo se si tiene conto di quanto il nostro Paese è riuscito a riutilizzare nel 2023, anno in cui, con il 73% dei rifiuti gestiti, si è toccato il record di rinascita a nuova vita degli speciali. Ben 130 milioni di tonnellate recuperati e sottratti a inceneritori e discariche. Un dato che è in progressione costante negli ultimi 5 anni, periodo in cui la percentuale di riciclo è aumentata di una quota superiore all’8%. Quel 73% è particolarmente significativo se si tiene conto che l’ultima normativa comunitaria poneva il traguardo al 70%.

Il settore industriale che produce più rifiuti (il 51% del totale con 83,3 milioni di tonnellate) è quello delle costruzioni e demolizioni. «Ma è anche quello che recupera di più – chiarisce il presidente di Ispra Stefano Laporta – arrivando alla percentuale top dell’81%. Va comunque sottolineato che il recuperato si trasforma prevalentemente in rilevati e sottofondi stradali, cioè componenti fondamentali per garantire alle strade stabilità, durabilità e sicurezza. Tuttavia, nella prospettiva di sviluppare ulteriormente l’economia circolare, sarebbe auspicabile arrivare a produrre gli stessi componenti con i materiali riciclati, per esempio da mattone a mattone invece che da mattone a sottofondo».
L’ottima performance nel riutilizzo dei rifiuti speciali ha un’altra conseguenza positiva, cioè il calo deciso dello smaltimento in discarica, quello più impattante sull’ambiente: 997 mila tonnellate in meno, cioè l’11,2% sotto il 2022. «È inevitabile – commenta il responsabile scientifico di Legambiente, Andrea Minutolo – che a fine ciclo virtuoso ci sia un residuo da smaltire. Tuttavia, anche se i rifiuti inceneriti o discaricati restano solo una minoranza sul totale degli speciali, c’è da sottolineare che resta ancora molto spazio per l’innovazione, a partire da quelle filiere che conservano tecnologie non mature, poco capaci nel recupero dei materiali e nella loro reimmissione sul mercato».
In effetti esiste un gap soprattutto geografico sulla disponibilità di impianti per la gestione dei rifiuti speciali. Il Nord Italia, che è il maggior produttore di rifiuti speciali (57,2% del totale), è anche l’area che vanta il numero più elevato di impianti: 5.888 (55,6%) su 10.592, contro i 1.782 del Centro e i 2.922 del Sud. «La produzione di rifiuti speciali – chiarisce Laporta – è legata alle infrastrutture e alle attività produttive e il Nord ha un dato più alto rispetto al resto del Paese. Non a caso è la Lombardia la regione che produce più rifiuti e che è la più virtuosa per il numero e la qualità di impianti di recupero». Sono le aziende che gestiscono i rifiuti quelle che devono occuparsi della movimentazione dei rifiuti verso gli impianti e le discariche. «Ci sono tanti pregi in questo tipo di filiera, perché esistono imprese private che fanno ricerca e innovazione. Certo – commenta Minutolo – dietro l’angolo c’è sempre il pericolo dell’infiltrazione malavitosa, per questo bisogna continuare a mantenere alta l’attenzione affinché tutta la filiera sia tracciabile e trasparente».
Un’attenzione che va posta particolarmente sulle movimentazioni che avvengono attraverso le frontiere, visto che l’Italia nel 2023 ha importato 6,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e ne ha esportate 5,5 milioni. «L’importazione riguarda rifiuti che servono per lavorazioni nel nostro Paese – spiega Laporta – ed è legata quasi sempre alle regioni transfrontaliere. Sostanzialmente si tratta di rottami metallici dalla Germania e dalla Francia che non riescono ad avviarli al riciclo mentre noi, che abbiamo un alto numero di impianti, possiamo lavorarli e recuperarli. In Lombardia, per esempio, arriva circa mezzo milione di tonnellate di terre e rocce da scavo dalla Svizzera, destinate ai recuperi ambientali».
Con una curiosità: il record di recupero di materiali in Italia va a un rifiuto particolare, quello dei pneumatici, che «rinasce» nell’87,6% dei casi.