ilfattoquotidiano.it, 14 settembre 2025
Il Sahel nella morsa dei terroristi
Nel Sahel si sta scatenando l’inferno. Gli attacchi dei jihadisti si susseguono in Mali, Niger e Burkina Faso. Anche il nord del Benin, poco distante dalla frontiera con il Niger, non è stato risparmiato dai sanguinari terroristi, che cercano di espandersi nei Paesi del Golfo di Guinea.
I tre Stati dell’Alleanza per il Sahel (AES, Burkina Faso,Mali,Niger) non riescono a fermare gli estremisti islamici e molti territori sono ancora fuori dal controllo dei governi centrali. Come sempre in questi casi, la popolazione civile paga il prezzo più alto delle incursioni dei gruppi armati.
Pochi giorni fa è stato attaccato dapprima il commissariato di Kalalé (che dista oltre 600 chilometri da Cotonou, in Benin). Subito dopo gli uomini armati hanno preso di mira il centro sanitario. Non si registrano vittime, ma secondo testimoni oculari, sono stati rapiti alcuni operatori. Finora l’aggressione non è stata rivendicata da nessuno dei gruppi terroristi attivi nell’area.
A Tillabéri, nell’ovest del Niger, nella zona delle tre frontiere (Burkina Faso, Mali, Niger) l’esercito di Niamey questa settimana ha subito parecchie perdite. Miliziani di EIGS (Stato Islamico del grande Sahara) hanno attaccato una postazione militare di FAN (Forze Armate Nigerine) vicino all’aeroporto, uccidendo 12 soldati.
I terroristi hanno aggredito anche la periferia della città, dove ha perso la vita un pastore. Infine i sanguinari estremisti hanno parzialmente raso al suolo un campo per sfollati, poco distante dal centro abitato. Il bilancio delle vittime è stato pesante: 27 militari morti, tra cui 15 della guardia nazionale. Quest’ultimi sono caduti in un’imboscata mentre stavano inseguendo i miliziani di EIGS.
La popolazione civile non ne può più. Recentemente sono nati due raggruppamenti. Il CDN, (Cadre de lutte contre les dérives du Niger), al quale hanno aderito personalità della società civile, giornalisti, giuristi, ricercatori, che coraggiosamente si oppongono alle autorità militari al potere.
CDN chiede elezioni libere, la riabilitazione dei partiti politici e la liberazione del presidente Mohamed Bazoum (agli arresti domiciliari dal colpo di Stato militare del 2023) e, tra l’altro, hanno anche denunciato i continui attacchi dei terroristi.
Anzi, CDN ha puntato direttamente il dito contro i militari. Nel corso della prima conferenza stampa tenutasi il 12 settembre scorso, il loro portavoce ha fatto sapere che durante le ultime gravissime incursioni, il capo di Stato maggiore dell’esercito si trovava addirittura a Tillaberi, ma ciò non è bastato a organizzare la reazione dei governativi.
“Ciò dimostra il totale scompiglio delle nostre truppe. La situazione nel Paese è critica – ha sostenuto il rappresentante di CDN -. Prima del putsch militare del 26 luglio 2023 il Niger godeva di una certa stabilità. Ora, invece, la popolazione è abbandonata a sé stessa, in preda ai jihadisti”.
Mentre l’altro gruppo, il G25, è composto da oppositori della società civile e dei media. Anche questa nuova organizzazione chiede la scarcerazione di Bazoum, eletto democraticamente, e il ritorno dell’ordine costituzionale e quant’altro. I membri hanno denunciato la mancanza di interventi mirati al terrorismo, visto che le aggressioni dei gruppi estremisti sono ormai all’ordine del giorno. E hanno chiesto una maggiore protezione dei civili.
Human Rights Watch, nel suo rapporto del 10 settembre scorso ha denunciato l’intensificarsi delle aggressioni dei miliziani di EIGS a Tillabéri. La ONG ha documentato che da marzo a giugno i terroristi hanno ucciso in 5 diverse incursioni nella regione, 127 persone. HRW ha chiesto alle autorità di Niamey una maggiore tutela dei civili.
Anche il Burkina Faso non è immune dalle offensive dei jihadisti. Lunedì è stata attaccata una postazione militare a Tangaye, nella regione del Sahel, nel nord del Paese. Tre soldati sono stati uccisi e i miliziani di JNIM (Gruppo di Sostegno dell’Islam e dei Musulmani, legato ad al-Qaeda), che hanno rivendicato l’assalto, si sono impossessati di droni, armi, motociclette e di altro materiale.
Pochi giorni prima sono stati ammazzati altri due militari a un checkpoint nella periferia di Fada N’Gourma (nell est), preso di mira dai miliziani.
Se in Niger e Burkina Faso la situazione è preoccupante, in Mali è a dir poco disastrosa. Da settimane e settimane JNIM ha intensificato le incursioni nella regione di Ségou (nel centro del Paese), costringendo migliaia di persone alla fuga. A metà agosto i terroristi hanno attaccato una caserma militare a Farabougou (Ségou). Da allora la città è sotto controllo degli estremisti. Il governo non ha rilasciato nessun bollettino ufficiale sul bilancio delle vittime, ma i jihadisti sostengono di aver ucciso 21 soldati e diversi civili.
Non è la prima volta che Farabougou è sotto assedio. Nel 2020, poco dopo essere saliti al potere, i golpisti avevano dichiarato di aver posto fine all’occupazione jihadista, grazie all’operazione Farabougoukalafia di FAMa (esercito maliano).
Il 3 settembre le autorità di Bamako hanno esteso il coprifuoco notturno per un altro mese nella regione di Ségou. Tale misura è in atto da giugno, proprio a causa delle insistenti incursioni di JNIM. Anche a Kayes (nella parte occidentale al confine con il Senegal) e Sikasso (nel estremo sud) è stato imposto il coprifuoco notturno per questioni di sicurezza.
Il Timbuktu Institute, centro di ricerca con sede a Dakar, pochi giorni fa ha pubblicato uno studio che analizza la nuova strategia di JNIM, definita jihad economica.
L’analisi precisa che quasi l’80 per cento dell’oro maliano, la principale risorsa del Paese, viene prodotto nella regione di Kayes. L’istituto di ricerca ha sottolineato che il 30 per cento delle importazioni terrestri maliane, in particolare carburante e cereali, transita sulla strada nazionale 1, via di collegamento tra il porto di Dakar e Bamako, passando per Kayes.
I miliziani legati a al Qaeda da dieci giorni hanno imposto blocchi stradali a Kayes e Noro per impedire le importazioni di carburante. Da allora i terroristi hanno intercettato camion e corriere e distrutto persino alcuni mezzi. Diversi passeggeri e camionisti sono stati presi in ostaggio, i più sono poi stati rilasciati.
Nei giorni scorsi FAMa ha dichiarato di aver intensificato gli attacchi aerei nella regione di Kayes, pur non ammettendo che JNIM abbia bloccato le strade nell’area. In un comunicato trasmesso sulle reti TV governative l’8 settembre, il portavoce dell’esercito sostiene che il vero problema di accesso alle vie di comunicazione siano le piogge abbondanti e non i terroristi. Secondo le autorità l’interruzione del traffico sarebbe semplicemente un’invenzione dei media stranieri.
Ovviamente le autorità di Bamako hanno assicurato di aver inviato rinforzi ovunque. E infine ha anche dispiegato pattuglie per “mettere in sicurezza” le arterie stradali. Dal 10 settembre l’esercito maliano ha garantito le scorte alle autocisterne provenienti dal Senegal.
Il sindacato degli autotrasportatori ha chiesto tali provvedimenti anche per Zégoua, area al confine con la Costa d’Avorio, perché anche lì i grossi mezzi di trasporto sarebbero bloccati.
Mentre scriviamo sono arrivate segnalazioni su X che oggi JNIM avrebbe condotto un complesso agguato contro un convoglio scortato dalla FAMa a tra Kaniéra e Lakamané.