il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2025
Londra, soldati e pollastre. Céline nella città di luci e bordelli
All’inizio appena sbarcati a Londra non la vedevo quasi mai l’Angèle. Il primo mese è tanto se è venuta un paio di volte a farmi un saluto, giusto il tempo d’intingere il biscotto. Occupata com’era diceva lei col suo Purcell… all’angolo di un parco tipo Parc Monceau, lo Hyde (Haide). Io non c’andavo mai da quelle parti, avevamo deciso di comune accordo, per non disturbarli. Me ne stavo per lo più nella mia zona, non chiedevo niente a nessuno, basta che mi lasciano in pace. Non me le sarei andate a cercare io le complicazioni. Lei mi aveva perciò scelto un appartamentino più che decoroso devo ammetterlo a Leicester Street. Il quartiere dei facili piaceri, Leicester quello è, una zona a lato del viale per darvi un’idea, proprio all’angolo dell’Empire Theater. All’epoca di cui parlo era la ribalta per varietà sculettanti l’Empire Theater. Era pure il momento della propaganda alla mattanza. Stuzzicavano l’inglese con tutti i mezzi, da tutti i pizzi, per farlo entrare nella danza, e l’inglese da quell’orecchio poco ci sente! Eppure gli presentavano la cosa in musica come un viaggio grandioso quanto mai patriottico e di nozze, con una fiumana di motivetti, un visibilio di cosce sgambettanti, in un paradiso di fiori elettrici spampanati. Che voleva di più io mi domando e dico. Al 22° corazzieri era stato più semplice ma per il gentleman ci davano dentro. Era uno schizzinoso. Lo prendevano per suggestione, con il whisky, la sigaretta, l’orgoglio, il fronzolo, per sfinimento. Io non dicevo niente, ero ammirato, quello mi competeva, ma mi sembravano comunque giochetti da bambini. Quando non ho più avuto l’uniforme per andare a spasso, il loro arruolatore con la piccola coccarda e la giannetta mi si avvicinava spesso per tastarmi i sentimenti. Andava a stuzzicare l’amor proprio, mi pigliava per un pivello. C’aveva la parlantina. E io lì che ciondoloni mi prestavo. C’era comunque sia di che sognare. Quando lo ascoltavo mi sentivo ringiovanire, da quello che era un inferno tornavo in piena forma. E poi ascoltarlo mi faceva anche piacere… Vi stavo dicendo che la via dove alloggiavo si trovava poco lontano da Piccadilly Circus, la piazza dove c’è automezzi a sfare e réclame a ogni finestra. Una stradina secondaria piuttosto equivoca la nostra a dire il vero, con negozi dove non si vendeva granché, a parte il culo più o meno, ma di stramacchio va da sé, all’ammezzato, all’inglese. Dabbasso, al pianterreno, facendo finta di chiacchierare, si rilassavano i magnaccia, sempre in campana. Non conosceva l’Inghilterra, Angèle, ma i contatti per me li aveva subito trovati, mi aveva presentato i conoscenti. Le ferite, quelle all’inizio mi rendevano simpatico. Veri amici, a proposito. Niente da eccepire, fino a un certo punto. Li stupiva la medaglia militare, tutto qui, ma quella cazzo di decorazione mi pompava troppo agli occhi delle loro consorti, e questo era rischioso. Mi sono tolto l’uniforme. Non mi andava di fare il gradasso.
Avevo la bella mansarda imbiancata lassù in alto tutta per me, proprio sopra le camere di Cantaloup, il papponcello di Montpellier che organizzava i viaggi. Metteva le mignotte come extra a Leicester Street. Era già un uomo fatto Cantaloup, aveva esperienza… Certe volte ne aveva tre o quattro di pollastre da stivare assieme nella stanza per mesi prima di vederle prendere il treno per Rio via La Coruña. Cantaloup era il fascino a salvarlo nel mestiere, non la forza, spesso abbordava le inglesi quelle vere che pure sono difficili, andava a cuccarle fin nei bar di viale Shaftesbury lì accanto, tipe fresche, giovincelle, una addirittura che avrà avuto manco sedici anni. Le inglesi va da sé, oltre alle ragazze del Midi, le tipe qualunque, le piazzava per un periodo di prova nei dintorni di Victoria Station, le lasciava frollare. Quando faceva le presentazioni fra le sue meretrici, quelle attaccavano a piantare grane, non si aspettavano di essere così numerose a lavorare per Cantaloup. Certe volte scoppiava una rissa bella e buona. Allora la sua grande Ursule, la troia fissa, a lei quel lavoretto le piaceva. Facile che per gradire ci rompeva due o tre denti alle principianti, tanto per dargli una ridimensionata, e poi magari una scopa intera sul culo per mettere ordine. Della casa Cantaloup non si occupava, la sua specialità era l’acchiappo fuori. Io quando quell’altra gliele dava sentivo tutto quanto attraverso il caminetto della sua stanza. A certe cose Cantaloup preferiva non assistere, andava a piazzarsi lì vicino alla Royale sul divanetto di peluche con gli amichetti di Regent Street. La bettola ultranota a tutti quanti. Erano felicissimi gli amichetti di non essere personalmente precettati per andare al macero, di essere ancora in sospeso, gli ultimi magnaccia di Londra, vuoi le vene varicose o gli enfisemi, vuoi la vista corta o altri inconvenienti ancora più furbi… Il lavoro, sempre più clandestino doveva diventare. Racimolare tutte le pollastre dei compari partiti a fare gli eroi che restavano al verde. Fra l’altro la richiesta di carne fresca era in continuo aumento. Le mignotte che portava Cantaloup alla Ursule erano scelte bene, e lei finiva quasi sempre per scozzonarle. E piangevano pure le zoccole quando arrivava il momento di lasciarsi per partire lontano, a tal punto si erano già affezionate alle maniere di lui e della sua famiglia, nel giro di tre settimane, un mese. In fondo condannava ogni forma di brutalità Cantaloup. Dietro c’intravedeva la guerra e i massacri.