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 2025  settembre 15 Lunedì calendario

Intervista a Novella Calligaris

Le medaglie olimpiche, le prime per l’Italia del nuoto, e l’attentato terroristico vissuto in diretta a Monaco. Poi il record mondiale a Belgrado e l’addio allo sport a 19 anni. «Ero stufa». Il racconto di Novella Calligaris comincia da quei due anni straordinari e terribili, il 1972 e il 1973, e si srotola fino all’oggi, al mestiere di giornalista, a figlio e nipoti e all’amore «quello vero, dopo tanti casini».
Il nome Novella che origini ha?
«I miei genitori erano di Trieste, il nome è di quelle parti, ma è diffuso anche in Emilia Romagna: i contadini lo davano alle figlie per ingraziarsi il fiume».
Il primo impatto con l’acqua?
«Subito. Papà aveva una barca, io e mio fratello a un anno abbiamo iniziato a stare a galla. Insegnare a un bambino a nuotare è la prima assicurazione sulla vita».
Arriviamo all’agonismo: perché definiva il suo allenatore Bubi Dennerlein un filosofo?
«Perché ti faceva ragionare, sapeva come prenderti, parlava. Un esempio: gli anni 70 erano un periodo politicamente caldo, lui faceva quello di sinistra con quelli di destra e viceversa. Aveva una capacità anche di psicologo che ha fatto scuola. I campioni di oggi sono figli suoi».
Lei a Monaco nel 1972 è stata la prima medagliata del nuoto olimpico azzurro: che ricordi ha di quei giorni?
«Il mio obiettivo era entrare in finale. Bubi si era accorto che avevo uno stato di forma molto alto, però non lo faceva capire neanche a me. Presi un argento e due bronzi. A fine gare guardavo il tabellone per capire se indicava la posizione o la corsia».
La Germania dell’Est praticava il doping di Stato. Non crede che sarebbe stato giusto cancellarne i risultati?
«Io intanto le ho battute le ex Ddr, sia ai Giochi olimpici sia al Mondiale. Però trovo allucinante che ci siano state atlete olimpiche che hanno chiesto indietro le medaglie vinte dalle tedesche dell’Est. Quelle ragazze erano vittime: c’è chi è morta, chi ha cambiato sesso, chi ha figli deformi. La medaglia è l’unica cosa che hanno».
Nella sua Olimpiade ci fu l’attentato terroristico palestinese, 17 morti tra la nazionale israeliana, il commando di Settembre nero e un poliziotto. Che ricordo ha?
«Ero in camera con Chicca Stabilini, anche lei nuotatrice. Non ci accorgemmo di nulla perché i villaggi maschile e femminile erano separati dal filo spinato. Io volevo ritirare i pass per seguire le gare dell’atletica. Uscii ma fui presa di peso e riportata in camera. Da lì comunicavamo con il citofono. Facevamo una sorta di cronaca, ma solo al ritorno a Malpensa abbiamo davvero capito che cosa era successo».
Gli atleti che ha conosciuto e ammirato?
«Tra i tanti, Mark Spitz (ex nuotatore Usa, 9 ori olimpici, ndr), con cui sono ancora in contatto. E poi Pietro Mennea: quando ci siamo frequentati aveva un carattere complicato, mentre poi si è sposato con Emanuela ed è cambiato totalmente».
Ripensandoci oggi: ma che follia è stata lasciare lo sport e il successo a 19 anni?
«Diciannove e mezzo. Mi ero stufata. Lo sport è stata una sfida contro me stessa. A un certo punto nuotavo per la mia famiglia, per la mia società, per il mio allenatore… non capivo questo interesse intorno a me. Comunque la mia famiglia era tutt’altro che fanatica e non si oppose».
Un po’ presto per la pensione…
«Volevo mettermi alla prova in altri ambiti: ho iniziato con il giornalismo, poi ho fatto marketing, adesso che sono una donna super matura posso permettermi di scegliere. Anzi, veramente ho potuto sempre scegliere. In questo momento mi dedico al giornalismo, poi faccio molto volontariato, soprattutto con l’associazione Olimpici azzurri di cui sono presidente da cinque anni. Abbiamo un fondo per aiutare gli atleti in difficoltà. Insomma, cerco di restituire allo sport quello che lo sport mi ha dato».
Che rapporto ha con Federica Pellegrini?
«Buonissimo, è una bella donna, una mamma, una moglie. Su certe cose non siamo d’accordo, ma è anche un fatto generazionale».
Nuota ancora?
«Dopo mezzo secolo lontano dalle piscine ho scoperto il nuoto in acque aperte. Me l’hanno proposto per festeggiare il 75° anniversario dell’associazione Olimpici azzurri. Io lancio sempre il sasso, non potevo nascondere la mano. E così ho accettato di attraversare lo Stretto di Messina a nuoto. A 68 anni».
I muscoli si sono ricordati degli allenamenti di una volta?
«Sì, è una sensazione bellissima. Io non sono più entrata in piscina perché la sentivo come una gabbia. In mare c’è l’apertura, c’è l’orizzonte, ci sono i pesci e gli scogli. C’è tutto un mondo. Mi sono allenata per venti giorni, ho modificato la bracciata e via».
I Mondiali di Belgrado 1973: il suo anno migliore è stato anche di fatto quello dell’addio.
«È vero, ero all’apice della carriera. Io infatti già volevo smettere lì, il giorno del record del mondo negli 800. Poi ho continuato un altro anno rinunciando a una borsa di studio negli Stati Uniti».
Il motivo?
«C’era maretta in federazione: via io, avrebbero cacciato Bubi. Non volevo permetterlo».
Dall’esterno sembrò un’impresa persino semplice. Come andò veramente?
«Alla vigilia delle gare mi venne un ascesso a un dente. Mi portarono da un dentista di Belgrado che mi fece un’otturazione. Per capire, era uno che usava le perette dei clisteri per soffiare sui denti. Mi presentai in piscina con la faccia gonfia come un pallone, ma andò bene lo stesso. Mio padre si complimentò dicendomi “ti sei stancata, tesoro?"».
Ha subito molestie nella sua carriera?
«No, mai nello sport. Nel lavoro sì, ma ho saputo difendermi».
Il caso Pilato-Tarantino, le due atlete accusate di furto in aeroporto: come gestirebbe la vicenda?
«Basta con il processo mediatico, si vede proprio che quest’estate c’era una carenza di mostri da sbattere in prima pagina. La beffa per Pilato è che è stata crocifissa lei perché è famosa, anche se sembra estranea ai fatti. Che poi il gesto non sia degno di una maglia azzurra, mi trovo assolutamente d’accordo».
«Lei ha vissuto il terrorismo degli anni 70 e le guerre di oggi alle porte di casa. Il mondo non ha imparato nulla?
La situazione mi spaventa per mio figlio e i miei nipoti. Dalle guerre tra Oriente e Occidente a scendere fino ai femminicidi o al tipo al semaforo che ti aggredisce perché hai suonato il clacson, c’è un rigurgito di violenza che si sta diffondendo. È un mondo che impazzisce».
In un mondo di ritocchini e ritocconi, lei tiene i capelli bianchi.
«Sì. Amo anche le mie rughe perché hanno molto da raccontare di me».
Ci dica.
(sorride) «Mia nonna mi ha insegnato a non raccontare tutto di me.
Bisogna conservare una parte segreta».
La storia più bella che può riferire?
«La nascita dei miei nipoti e di mio figlio. E poi mi emoziona che a 70 anni sono innamoratissima. Ci ho messo molto, ho fatto parecchi casini però ho trovato l’uomo giusto. È Renzo Musumeci Greco (quarta generazione di schermidori ndr): ha le mie stesse passioni e mi lascia libera perché io dia il meglio di me in tutto. Ha una vita impegnata come ce l’ho io e abbiamo un bellissimo rapporto alla pari».