La Stampa, 15 settembre 2025
Giovani più insicuri e ignorati. Lo Stato deve rimetterli al centro
Perennemente sotto giudizio di un qualche tribunale pubblico e spietato: così sembrano sentirsi molti adolescenti e giovani alle soglie dell’età adulta. Non stiamo parlando solo delle aspettative dei genitori o degli insegnanti, ma del tribunale dei coetanei che, nelle relazioni faccia a faccia e ancor più via social, li giudica in base al loro corpo e al loro aspetto estetico, per lo più in base a stereotipi di genere rigidi e modelli di bellezza basati su quelli proposti dai social e dai/dalle varie influencer popolari al momento. Lo ha rilevato una ricerca di Action AID su “Affettività e stereotipi di genere. Come gli adolescenti vivono relazioni, genere e identità”, effettuata su un campione di oltre 14 mila ragazzi e giovani tra i 14 e i 19 anni. Otto giovani su 10 non si sentono esteticamente adeguati. E più del 50% modifica il modo di vestirsi per paura dei giudizi. Non si tratta di fisime senza fondamento, dato che quasi 6 su 10 hanno subito provocazioni e prese in giro legate a peso, altezza, colore della pelle, capelli e altri aspetti fisici. Provocazioni che, senza finire necessariamente in azioni di vero e proprio bullismo sistematico, possono comunque provocare esclusione, isolamento, sfiducia in se stessi/e, quando non comportamenti autodistruttivi. Sapere che i modelli estetici in base ai quali si è giudicati, o ci si giudica da soli/e, sono irreali, non è sufficiente ad evitare sia di proporli sia di aspirare ad avvicinarvisi. Benché la maggioranza, 7 su 10, riconosca che i corpi perfetti proposti online siano irreali, infatti, una uguale maggioranza vuole cambiare il proprio aspetto per apparire all’altezza di questi standard di bellezza irraggiungibili. Perché il tribunale dei pari, che diviene anche il proprio tribunale interno, non perdona. Non sorprendentemente, sono le ragazze ad essere più vulnerabili a questi giudizi, all’insoddisfazione sul proprio aspetto e al timore di non essere accettate a causa di esso.
Non si tratta solo di modelli di bellezza. O meglio, questi sono fortemente intrecciati con modelli di genere. La stragrande maggioranza del campione, 80%, dichiara di sentirsi continuamente dire quali sono le “cose giuste” da fare per essere maschi o femmine. E oltre il 70% ha assistito a episodi di derisione e discriminazione nei confronti di qualcuno per come si veste, muove o esprime, perché “non confacente” al suo genere.
Si dice spesso che gli e le adolescenti e giovani oggi sono più liberi dai vincoli di stereotipi di genere; ma le cose sembrano un po’ più complesse. La parte della ricerca dedicata specificamente agli stereotipi evidenzia che una percentuale consistente, il 46% del campione, effettivamente rifiuta la disuguaglianza tra uomini e donne e tra chi ha un’identità di genere binaria e chi la ha più fluida. È anche consapevole che i media, anche quelli popolari tra i giovani, come la musica, spesso veicolano modelli negativi. Ma la maggioranza è distribuita tra quelli che i ricercatori chiamano i tradizionalisti inconsapevoli, i giustificazionisti (della violenza come forma di amore) e i progressisti distorti (che accettano l’uguaglianza in alcuni settori, ma legittimano controllo e violenza nei rapporti intimi). D’altra parte, difficile aspettarsi dati molto diversi, stante che questi adolescenti e giovani vivono in un mondo che dà messaggi confusi e spesso contraddittori su questi temi, senza creare spazi e occasioni in cui i più giovani possano essere aiutati a riflettere e a comporre una visione meno contraddittoria sia delle identità di genere, sia della sessualità e dei rapporti tra uomini e donne. Oltre la metà dei partecipanti al sondaggio dichiara di non sapere a chi rivolgersi nel caso di dubbi.
Dalla ricerca appare che la grande maggioranza vorrebbe avere occasioni di riflessione e formazione in questo campo e che la famiglia non basta (tanto più, aggiungerei, in una fase della vita in cui si ha bisogno di prendere un po’ di distanza e difendere la propria intimità). Desiderano poter interloquire, anche nel contesto scolastico, con persone competenti, preparate, capaci di parlare a partire dall’esperienza. Ed hanno anche ben chiaro che l’educazione sessuale e affettiva non si può ridurre all’approfondimento degli aspetti biologici o al rischio di malattie trasmissive.
L’adolescenza non è mai stata un’età facile, caratterizzata com’è da compiti, passaggi evolutivi che modificano equilibri e immagini di sé: cambia il corpo, l’esigenza di trovare propri spazi nella e rispetto alla famiglia diviene più pressante, il mondo relazionale si amplia, almeno potenzialmente, con il gruppo dei pari che assume un’importanza sempre maggiore nel processo di auto-riconoscimento e validazione di sé. Incertezza, sentimenti di insicurezza possono stare fianco a fianco con atteggiamenti di sfida e voglia di sperimentazione. L’incertezza su aspetti fondamentali di questa fase – il corpo, l’identità di genere, la sessualità, l’affettività, i rapporti amorosi – che caratterizza oggi anche la cultura adulta, unita alla forza dei media e dei tribunali permanenti dei social, sta rendendo forse più difficile questo passaggio, o comunque presenta aspetti e rischi inediti. Ancora più rischioso è ignorarli o sottovalutarli, non approntando strumenti e occasioni di ascolto e comunicazione adeguati.