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 2025  settembre 15 Lunedì calendario

Nelle acque contese del Mar Cinese meridionale si riaccende la tensione, come se non bastasse la disputa attorno all’isola di Taiwan a tener banco nel teatro dell’Indo-Pacifico

Nelle acque contese del Mar Cinese meridionale si riaccende la tensione, come se non bastasse la disputa attorno all’isola di Taiwan a tener banco nel teatro dell’Indo-Pacifico. Al centro dello scontro tra Pechino e Manila c’è la volontà del governo cinese di istituire una riserva naturale nazionale di 3500 ettari sullo Scarborough Shoal, una secca occupata dal 2012 dalla Cina, ma situata all’interno della zona economica esclusiva delle Filippine, ovvero circa 240 chilometri a ovest di Luzon, la più grande isola filippina. Mentre Manila chiama Scarborough Shoah “Panatag Shoal”, l’appellativo dato da Pechino – che pattuglia la zona con navi e con la guardia costiera – è “Huangyan Island”.
L’ossessione di Pechino per il Mar Cinese Meridionale
Pechino ha descritto l’iniziativa come una “garanzia importante per il mantenimento della diversità, della stabilità e della sostenibilità dell’ecosistema naturale”. La mossa nasconde, dietro l’intenzione di proteggere l’ambiente, il desiderio di consolidare il controllo su un’area nevralgica e riflette la crescente assertività del Dragone. Basta “provocare incidenti” nel Mar Cinese Meridionale: questo è stato l’ammonimento della Cina alle Filippine, Paese che può contare sull’appoggio degli Stati Uniti e sulla collaborazione intensa con Washington nel campo della sicurezza e della difesa.
La Cina rivendica la quasi totalità del Mar Cinese Meridionale, di grande valore e vitale per il commercio: ogni anno merci per oltre tre miliardi di dollari attraversano le acque di questa porzione dell’Oceano Pacifico. Le pretese di Pechino hanno dato vita a scontri storici, dato che comprendono le acque territoriali delle Filippine, ma anche del Vietnam, della Malesia e del Brunei.
Il colonnello dell’aeronautica militare Tian Junli, portavoce del Comando del Teatro meridionale dell’Esercito popolare di Liberazione (Epl), ha detto che i soldati cinesi hanno eseguito regolari pattugliamenti, ricordando a Manila di non provocarli. “Consigliamo vivamente alle Filippine di smettere subito di provocare incidenti e di creare tensioni nel Mar Cinese Meridionale”, ha aggiunto. L’Epl ha promesso di essere impegnato nella protezione della sovranità di Pechino e ha definito in modo sprezzante come “futile” il sostegno straniero a Manila, con Tian che ha affermato: “Cercare aiuto esterno è sicuramente inutile”, una chiara allusione al coinvolgimento americano.
“Probabilmente la Cina vorrà vedere quale sarà la risposta delle Filippine”, ha affermato Julio S. Amador III, amministratore delegato della società Amador Research Services, con sede a Manila e attiva nell’ambito geopolitico. Per ora, il dipartimento degli Affari esteri filippino ha annunciato che presenterà una “protesta diplomatica formale” contro questa azione “illegittima e illegale”.
L’avvertimento cinese arriva in un momento in cui gli Stati Uniti hanno criticato con vigore il piano di Pechino, accusata di minare la stabilità della regione. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha detto che la Cina utilizza “tattiche coercitive per cercare di avanzare rivendicazioni territoriali e marittime aggressive”. “Gli Stati Uniti sostengono il nostro alleato filippino nel respingere i piani destabilizzanti della Cina di istituire una riserva naturale nazionale”, ha scritto su X il braccio destro del presidente Donald Trump. Inoltre, Rubio ha esortato la Cina a rispettare la sentenza della Corte permanente di arbitrato dell’Aia del 2016, che stabilisce l’ingiusta esclusione, da parte di Pechino, dei pescatori filippini dalla zona. La Cina continua a rifiutare tale decisione e i pescatori filippini temono che la loro attività sarà ulteriormente limitata dalla designazione di riserva naturale. Eduardo Ano, Consigliere per la sicurezza nazionale delle Filippine, ha riscontrato anche la violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e della Dichiarazione sulla condotta delle parti nel Mar Cinese meridionale del 2002.