La Stampa, 14 settembre 2025
Criminali di guerra e i macellai di Bucha. Ecco la nuova classe politica dello Zar
È la “giornata elettorale unica”, e i russi vanno alle urne: in 20 regioni si vota per il governatore, in 11 regioni si eleggono i parlamenti locali e in 25 si rinnovano i consigli cittadini. In realtà, sono tre giorni, una maratona che si concluderà stanotte, attraversando l’intera Federazione Russa, dalla regione di Leningrado a Ovest alla Kamchatka in Estremo Oriente, passando per importanti città della Siberia. Le televisioni e le agenzie di regime mostrano foto di cittadini che si avviano alle urne in mezzo a cori e balletti folcloristici, personaggi in maschera (a Irkutsk sono stati avvistati un gigantesco scoiattolo di pelouche, a Kursk attori travestiti da contadini ottocenteschi) e distribuzioni di cibi e bevande. Nel distretto Chunsky, in Siberia, il sindaco ha addirittura organizzato per i votanti una lotteria con sorteggio di elettrodomestici, dolci, servizi di piatti e perfino camion carichi di legna, il premio più ambito alle soglie dell’autunno.
Al ventiseiesimo anno del regno di Vladimir Putin, il meccanismo elettorale russo funziona ormai come un orologio: la segretaria della Commissione elettorale centrale Ella Pamfilova ha riferito di appena 228 violazioni della procedura elettorale, prevalentemente telefonate anonime con falsi allarmi di bombe ai seggi. Dal monitoraggio indipendente arrivano altre informazioni: nella regione di Voronezh un osservatore è stato brutalmente picchiato, a Perm tre giovani sono stati arrestati per aver affisso uno striscione contro il governatore in carica. A Tomsk, città universitaria della Siberia famosa tra l’altro per essere stata uno dei focolai dell’opposizione di Alexey Navalny (avvelenato qui proprio durante la campagna elettorale precedente, nel 2020), il candidato comunista Igor Nuzhny è stato fermato dalla polizia per tre ore: gli è stato contestato l’adesivo della sua campagna, incollato sulla sua auto.
Gli oppositori che si esprimono contro Putin e la guerra in Ucraina non hanno più alcuna possibilità di accedere alla campagna, e i vincitori vengono approvati al Cremlino ben prima della data del voto. Putin però giudica i suoi uomini in base ai numeri del consenso che riescono a conquistare, e quindi dalle regioni russe arrivano le solite segnalazioni di molteplici brogli, dalle schede in più inserite nelle urne alle “anime morte” aggiunte alle liste elettorali, per non parlare delle “lotterie” e delle pressioni ai dipendenti pubblici e agli studenti per costringerli a votare il candidato giusto, cioè quello di Russia Unita. La spartizione di cariche con gli altri partiti ammessi dal regime, come il Pc e i nazionalisti “liberaldemocratici”, è praticamente finita, e infatti i comunisti sono gli unici a contestare il monopolio della nomeclatura putiniana: a Krasnodar il candidato Aleksandr Safonov ha denunciato brogli a suo danno, dopo che sperava di prendere addirittura il 13% e far scendere il governatore di Russia Unita Veniamin Kondratyev, al terzo mandato consecutivo, sotto l’abituale 80%.
Un voto scontato, e l’elettorato ha comprensibilmente disertato i seggi: l’affluenza non ha mai superato il 50%, e perfino a Irkutsk, una delle poche regioni dove ci si aspettava un minimo di scontro, la rielezione del fedelissimo putiniano Igor Kobzev è apparsa talmente scontata da non riuscire ad attirare nemmeno un quinto degli aventi diritto. Del resto, al Cremlino ormai da tempo hanno deciso di non incoraggiare troppo la partecipazione, anche per non portare alle urne gli scontenti. Non a caso, i leader dei partiti non hanno dedicato la propria comunicazione al voto: l’eterno capo comunista Gennady Zyuganov e la guida formale di Russia Unita Dmitry Medvedev non le hanno proprio menzionate, mentre i numeri uno di Russia Giusta e Uomini Nuovi, Sergey Mironov e Andrey Nechaev, hanno dedicato gli ultimi post alla lotta contro i migranti. Nechaev, che gode di fama di una sorta di “liberale di regime”, ha addirittura proposto di combattere l’immigrazione formando “reparti speciali dei soldati” reduci dall’Ucraina.
E sono proprio i “veterani della Svo”, l’acronimo della “operazione militare speciale” contro l’Ucraina, i veri dominatori di queste elezioni: sono ben 1.616 i reduci candidati ai vari livelli. L’anno scorso erano appena 495, di cui 395 usciti dallo scrutinio con un mandato. Putin li definisce spesso “la nuova élite” russa, e il Cremlino ha istituito un programma di addestramento speciale, “Il tempo degli eroi”, alla ricollocazione dei militari in politica. Un migliaio di “veterani” sono già stati piazzati ai vari livelli del regime, e in alcune regioni come la Buriazia e la Tyva – tra le maggiori fornitrici di reclute – la quota dei reduci dall’Ucraina nelle liste ha raggiunto rispettivamente il 10 e il 7 per cento.
«Il Paese ha bisogno di purificarsi, di risanarsi, e i nostri eroi hanno un acuto senso di giustizia, conoscono il prezzo della vita, della vittoria, della libertà e della giustizia», è stato il commento di Pamfilova, che ha intitolato 90 seggi ai caduti nella Svo. Novaya Gazeta Europa ha letto con attenzione le liste elettorali, per scoprire che tra i candidati ci sono almeno tre militari che avevano partecipato alle stragi di civili a Bucha nella primavera del 2022, e che ora si preparano a beneficiare della loro esperienza gli elettori del Bashkortostan, di Krasnoyarsk e della Calmucchia. Altri futuri onorevoli sono stati identificati come responsabili delle esecuzioni di prigionieri a Berdyansk, dei bombardamenti di Sumy e dei raid contro i quartieri residenziali di Dnipro. Il primo governatore reduce dal fronte, a Tambov, ha un curriculum meno sanguinario: già ex deputato della Duma, Evgeny Pervyshov si era arruolato nel 2022, soltanto per venire recuperato nel “Tempo degli eroi” e ricevere quasi subito la nomina di presidente regionale ad interim.