Corriere della Sera, 14 settembre 2025
Carceri, i numeri dietro gli annunci
Se nelle carceri fosse spuntato anche solo un posto in più per ogni annuncio governativo di piano carceri, per ogni videomessaggio della premier Meloni, e per ogni intervista del ministro della Giustizia Nordio, allora la rincorsa impossibile tra più posti in carcere e più detenuti avrebbe centrato almeno quel pareggio galleggiante che invece i più recenti dati proprio del Ministero disvelano sia una chimera.
Dal primo gennaio 2025 all’ultima rilevazione del 31 agosto, mentre i detenuti crescevano di altre 1.306 persone (63.167 contro 61.861, erano 56.225 all’inizio del governo Meloni nell’ottobre 2022), la capienza regolamentare nei 190 istituti non solo non è cresciuta, a dispetto dei proclami, ma rispetto a inizio anno è persino diminuita, 38 posti in meno (addirittura 160 in meno se non si contano quelli in Albania inutilizzati e quelli che erano nel carcere femminile ora chiuso di Pozzuoli). E vanno peraltro detratti i posti in concreto inagibili o indisponibili che sono 4.580, con un peggioramento di quasi mille in più rispetto a due anni fa, quand’erano 3.646, portando alla situazione per cui i 63.167 detenuti stanno in 46.658 posti veri (persino meno di quanti fossero cinque anni fa, 47.193 nel 2020).
E una operazione-verità dovrebbe essere fatta sulla contabilità dei suicidi (61 sinora nel 2025), non solo per le risapute difformità classificatorie – da cui discende la diversità di numeri tra Ministero, Garante dei detenuti, e osservatorio di Ristretti Orizzonti —, ma soprattutto per l’invece misconosciuto inaccettabile buco nero statistico che inghiotte le vite finite nella burocratica voce «cause da accertare» (cioè in attesa di essere aggiunte o alle morti naturali, che nel 2024 sono state 245, o appunto ai suicidi) : nei primi 7 mesi del 2025 i dati ufficiali registrano infatti ben 30 decessi per cause da accertare, e forse è ancor più impressionante che nelle statistiche (a parità di periodo gennaio-luglio) restino tuttora «appesi» a «cause da accertare» ancora 11 detenuti morti del 2024, 13 del 2023, 18 del 2022 e 6 del 2021. Non che ci fosse bisogno di questo macabro «fuori sacco» per far ammutolire i cantori della nenia della ineluttabilità dei suicidi: dovrebbe già bastare la secca realtà delle percentuali, visto che il tasso di 14,5 suicidi in carcere ogni 10.000 persone in questa prima parte dell’anno, di 15 per 10.000 l’anno scorso, e di 12 per 10.000 nel 2023, è venticinque volte più alto del tasso di suicidi tra persone in libertà, è il doppio della mediana nelle carceri d’Europa, ed è quasi il doppio di quanto ci si suicidava in carcere in Italia dieci anni fa.
L’incremento di presenze nei penitenziari dipende dai troppi arrestati posti in custodia cautelare dai magistrati, come lamenta sempre Nordio? Non parrebbe, perché i dati indicano (per usare un’espressione dell’ex Garante Mauro Palma) non tanto che “si entra di più”, quanto che “si esce di meno”: nei primi otto mesi dell’anno i detenuti che scontano condanne definitive sono cresciuti di 1.213, molto più di quelli in attesa di primo giudizio, aumentati di 186.
Nel frattempo l’ennesimo piano carceri, annunciato sette mesi fa per 16 prefabbricati che al costo di 32 milioni di euro avrebbero dovuto creare 384 nuovi posti entro gennaio 2026, neanche è partito perché il governo ha sbagliato i conti e, quando ce ne si è resi conto, Invitalia ha dovuto annullare la gara pubblica e rifare in estate il bando (scadenza tra dieci giorni) per un costo stavolta di 45,6 milioni e una messa in opera a 48 mesi, quando agli attuali ritmi di ingressi i detenuti saranno cresciuti di 6.800 persone.
Non a caso, dall’annuncio di quel piano carceri (febbraio) si è già passati (fine luglio) a un altro annuncio governativo di un ancora nuovo piano carceri per «9.696 posti nel triennio, più 5.000 ulteriori grazie alla valorizzazione di istituti nelle principali città». Qualunque cosa voglia dire, per ora si sono però già perse le tracce parlamentari del disegno di legge pubblicizzato dal comunicato stampa del 22 luglio da Meloni-Mantovano-Nordio sulla detenzione domiciliare dei detenuti tossicodipendenti per pene sino a 8 anni in apposite strutture delineate da un regolamento ministeriale «entro 120 giorni». Scadenza non rassicurante, visto il precedente del decreto legge del luglio 2024 battezzato da Nordio «carcere sicuro», che affidava a un regolamento del Ministero i criteri di istituzione delle comunità per detenuti privi di domicilio: passato più di un anno, l’albo è sempre annunciato per imminente.