Corriere della Sera, 14 settembre 2025
Manuela uccisa 30 anni fa, svolta nelle indagini sull’ex: 80 tracce di Dna maschile
«Manuela non si uccise buttandosi nel canyon. Fu violentata, assassinata e il corpo abbandonato nella necropoli punica». Dopo 30 anni sul giallo di Tuvixeddu c’è uno spiraglio: Anna, Elisabetta e Gioele, sorelle e fratello di Manuela Murgia, sono riusciti a far riaprire un’indagine archiviata due volte. Sui vestiti sono state trovate tracce di natura biologica di origine maschile. E l’ex fidanzato è indagato per omicidio. Ma Enrico Astero, che ora ha 56 anni (all’epoca 26) nega: «Sono pronto a far prelevare il mio Dna».
Manuela aveva 16 anni, uscì di casa in una gelida mattina, febbraio 1995. Il giorno dopo un a voce anonima telefonò alla polizia: «Andate nel canyon, c’è il cadavere di una ragazza. L’ho visto mentre portavo a passeggio il mio cane». Piccola, avvolta nel cappotto, jeans, giubbotto e maglioncino, le labbra tracciate di fresco da rossetto, Manuela venne trovata ai piedi di un dirupo della più grande necropoli punica esistente al mondo, ben dentro Cagliari, assorbita dalla città in espansione. Da poche settimane si era lasciata con il fidanzato: «Non la vedo da 10 giorni» disse alla polizia Astero.
Indagini rapide e nel 1997 archiviazione dopo l’autopsia: «I dati non permettono di accertare con fondatezza la natura dell’evento. Tuttavia è più verosimile una dinamica accidentale ovvero suicidiaria». Conclusione: Manuela si sarebbe lanciata da un dirupo. Ma il suicidio non ha mai convinto la famiglia. Nel 2012 riapertura delle indagini. Ma un anno dopo seconda archiviazione: suicidio.
Anna, Elisabetta e Giole non si sono arresi e hanno continuato a cercare indizi. Jeans, cappotto, maglione e suole degli stivaletti puliti, eppure a Tuvixeddu c’è sabbia calcarea dappertutto. E per arrivare al dirupo avrebbe dovuto scavalcare recinzioni di filo spinato, attraversare giardini di case private, protette da cani di guardia. Perché non sono mai stati interrogati i proprietari? Dice una delle sorelle: «Quando è uscita ha lasciato sul tavolo un cordless, profumo e rossetto. Aveva ricevuto una telefonata, si era fatta carina, doveva incontrare qualcuno». L’uomo dell’auto blu?
Nel 2023 la nuova istanza per la riapertura dell’inchiesta giudiziaria, stavolta accompagnata da una relazione medico legale: Manuela è stata abusata sessualmente, investita da un’auto e il cadavere trascinato e abbandonato nella necropoli. Quanto basta per far riaprire il fascicolo, comparare e riclassificare le tracce biologiche con le nuove tecnologie.
È così che nei mesi scorsi nei laboratori della polizia scientifica sono stati individuati più di 80 residui di Dna su giubbotto, jeans e – pare – anche su reggiseno e slip. Molti sono degradati, ma da alcuni emergono profili maschili. «A noi risulta che sia stato trovato soltanto un capello sul giubbotto – ridimensiona l’avvocato Marco Fausto Piras, difensore di Astero, che si avvale della consulenza del generale Luciano Garofalo, già capo del Ris di Parma – ma se anche fosse del mio assistito non proverebbe nulla. Stavano insieme fino a 20 giorni prima della morte». Ma la chiave potrebbe essere in un diario. Sparito. «Nel fascicolo mancano documenti e su dove sono finiti non abbiamo avuto risposte» sostengono Giulia Lai e Bachisio Mele, avvocati dei Murgia. «Il diario ci è stato sequestrato e non restituito – ricordano i fratelli – Manuela ci annotava tutto». Ora, dove è?