Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 13 Sabato calendario

Anutin, la cannabis e il governo thai

Appassionato di karaoke e di gastronomia, imprenditore miliardario che ha costruito l’aeroporto di Bangkok, il conservatore Anutin Charnvirakul, veterano della politica e amico di re Vajiralongkorn, ha sostenuto la legalizzazione della cannabis quando era ministro della Salute. Dal 7 settembre è il nuovo premier thailandese, il terzo in due anni. In uno scenario intricato, il suo governo (sostenuto dall’esterno dal Partito popolare, erede del movimento progressista messo fuori gioco dal potere dopo la vittoria nel voto del 2023) potrebbe rendere finalmente possibile una svolta lungamente attesa, in un Paese dominato da monarchia, militari e giudici. Certo, dovranno essere mantenute le promesse fatte nel giorno dell’insediamento: sciogliere il parlamento entro quattro mesi e indire un referendum per una riforma costituzionale. La sua intenzione, almeno sulla carta, è di «far tornare il potere al popolo per decidere sul futuro della nazione».
È iniziato così un ennesimo nuovo capitolo di quello che è stato chiamato il «paradosso» thailandese. Come scrive sul New York Times Sui-Lee Wee, se il sistema appare democratico da alcuni punti di vista – elezioni competitive e una giovane generazione politicamente attiva – la realtà indica invece che tutto viene deciso da «un potente establishment non eletto» —. «Lo scontro costante tra i movimenti di riforma democratica e il potere della vecchia guardia – aggiunge il quotidiano americano – ha creato un lungo ciclo di instabilità». Le incognite sono molte, quindi, e vanno ben al di là delle responsabilità di Anutin.
Negli ultimi venti anni a fare da protagonista del caso thailandese, alla guida del governo di Bangkok, è stata la famiglia Shinawatra (con cui il neo primo ministro ha collaborato) che ha espresso tre premier: il tycoon Thaksin, appena condannato a un anno di carcere, la sorella Yingluk, rimossa nel 2014 perché accusata di abuso di potere, e la figlia Paetongtarn, destituita in agosto dopo la diffusione di una conversazione telefonica molto amichevole con l’ex numero uno cambogiano Hun Sen durante il conflitto tra i due Paesi. Una guerra passata quasi inosservata nel disordine mondiale. I suoi cinque giorni sono stati però un inquietante segnale di allarme.