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 2025  settembre 14 Domenica calendario

Case sfitte e boom di sfratti, Palermo nella trappola dell’overtourism: “È ormai una friggitoria a cielo aperto”

“Il turista cerca un cibo più semplice, più instagrammabile e aderente a un’idea stereotipata e immutabile di ‘Sicilianità’”, spiega Federico Prestileo, attivista della Rete SET e di a.p.r.o., l’assemblea nata a Palermo nel 2024 “per resistere all’overtourism”. Conclude così la storia di un panino con la milza (incluso di trachea e polmoni) che nel capoluogo siciliano non è più l’alimento principale dello street food. Non certo per pulsioni animaliste ma perché non “adatto” alla papille gustative straniere. Anche se poi gli animali sono tutt’altro che tutelati dall’iper-turistificazione della città che pullula di “gnuri”, cioè di cocchieri, che con le carrozze regalano un’esperienza fittizia ed ‘esotica’ ai turisti.
Mentre chi visita la città va in cerca di esperienze autentiche, al tempo stesso la trasforma, escludendo ed disgregando le comunità che la abitano. “La classe ‘media’ inizia a occuparsi di overtourism solo ora che vede eroso il proprio potere d’acquisto in un contesto turistificato, soprattutto per quanto riguarda la casa”, spiega Prestileo. Con affitti più alti e riduzione degli spazi pubblici si altera irreparabilmente la vita quotidiana dei residenti: a ferramenta e alimentari si sostituiscono boutique e ristoranti. Proprio sul cibo Palermo, ridotta a “friggitoria a cielo aperto”, sembra cambiare più profondamente. Il turismo enogastronomico della città, soprattutto quello di strada (costellato di arancine, granite e cannoli), si organizza ora in food tour dei “migliori posti dove mangiare”.
“Gli influencers in questo sono parte integrante del meccanismo: sponsorizzano posti dove si mangia a bene e buon mercato e questi vengono velocemente turistificati”, dice l’attivista della Rete SET (avamposto contro la gentrificazione dal 2017), che spiega come le arancine stesse siano state trasformate nel giro degli ultimi cinque anni. “Prima erano di due tipi – racconta – burro (cioè prosciutto, besciamella e mozzarella) o carne (di manzo, con piselli, e spesso speziato). Adesso sono anche alla Norma, con il riso venere o con salmone, Philadelphia e pistacchio, ci sono perfino arancine al pollo al curry”.
Nell’area del mercato di Ballarò “al posto di alimentari e negozietti stanno spuntando molte urban winery, enoteche pensate per i turisti con insegne e menù in inglese”, racconta Nao More dell’assemblea. Spiega anche che nel centro storico “i bar dei residenti, luoghi storici di aggregazione (come il caso del caffè da Baldo in Piazza Marina) prima senza un’insegna o menù, si sono arresi ad una nuova clientela con conseguente sovrapprezzo e listino solo in inglese”. Un altro caso emblematico è quello di una piccola trattoria cinese che faceva ramen a mano, ristorante molto vissuto dal quartiere popolare della Kalsa. “Dopo due soli reel di food influencer è esploso: ora quasi ogni sera c’è la fila fuori nonostante la nuova apertura di un locale e più grande e ‘turistico’ in via Roma e – conclude Nao – l’overtourism quindi non logora solo le tradizioni storiche siciliane ma anche la stratificazione etnico-culturale dei quartieri”.
Chi resiste all’overtourism non lotta certo contro la contaminazione culinaria, ma analizza il rapporto tra la cucina street-povera con i processi di turistificazione: l’arancina (che prima doveva sfamare) si è ridotta, in pochi anni, in dimensione e con un sovrapprezzo medio di due euro. “Spesso si dice che il turismo salva certe tradizioni gastronomiche che non avrebbero più mercato. Non è solo falso ma tendenzioso: da un lato l’overtourism esclude una serie di cibi che consuma solo la popolazione residente, sacrificati perché non aderiscono ad un’idea della Sicilia come prodotto. Dall’altro molte ricette sono semplificate per adattarsi alle papille gustative dei turisti, tutto questo con un sovrapprezzo”, conclude Prestileo. Le tradizioni enogastronomiche, se sopravvivono, vengono edulcorate, sovraprezzate e sradicate dalle comunità locali.
Il turismo a Palermo infatti è sempre più straniero. Rispetto al 2019, nel 2024 gli arrivi a Palermo sono cresciuti del 18,6%. La presenza di italiani è cresciuta del 4%, quella degli stranieri del 32,7%. La mappatura di “Insidebnb”, una piattaforma online, fotografa la presenza e la natura degli affitti brevi nelle località. Attraverso i dati dei giganti degli affitti brevi dimostra che Airbnb e Booking.com sono tutt’altro che parte della “sharing economy” dal momento che gli annunci riguardano, in quasi tutti i casi, interi appartamenti affittati per tutto l’anno con conseguenti ripercussioni destabilizzanti sul mercato immobiliare e sulle comunità che abitano la città. Inoltre basta uno sguardo veloce sulla piattaforma per notare che a Palermo i primi tre gruppi hanno più di duecento appartamenti ciascuno.
La capitale dei beni confiscati
Inoltre, i dati di Asia-USB raccontano che ci sono stati nel 2024 programmati più di 4.500 sgomberi per morosità non colpevole, con un notevole incremento rispetto agli anni precedenti. Ci sono più di 67.000 case sfitte nel comune di Palermo e di 237.000 nell’area metropolitana, “è la la città con la maggiore consistenza immobiliare di beni sequestrati e confiscati, ma con la più scarsa trasparenza nella gestione e soprattutto con un’alta alienazione remunerativa, ovvero con una conseguente speculazione immobiliare di immobili che invece dovrebbero essere restituiti alla comunità”, spiega Gabriele Rizzo, rappresentante territoriale di Asia-USB.
L’overtourism a Palermo si traduce quindi in sfratti, lavoro povero e sottopagato e emigrazione verso altri quartieri o, “se si appartiene ad una classe non poverissima ma anche medio-bassa, verso altre città dove si è altrettanto sfruttati e sottopagati”. Sono da tenere sottocchio le aperture in città di catene come KFC o Candy Lisa: “Campanelli d’allarme di una città che si svuota e diviene vetrina”, secondo Marco Militello di Usb. “Senza un facile accesso ai dati sulle attività commerciali che cambiano – aggiunge Prestileo – possiamo solo muoverci con i sensi: con l’olfatto, la vista e l’udito ci immergiamo infatti in una friggitoria a cielo aperto. Non si può passare in alcune vie del centro, come via Maqueda o via Alessandro Paternostro, senza sentire l’odore nauseante di fritto, essendo le cappe spesso su strada. Così come non si può far a meno di sentire le urla dei camerieri, “i buttadentro”, o la musica lounge e i tormentoni che rimbombano per le vie della città”.
L’estate può dirsi conclusa, ma “parlare di overtourism e stagionalità a Palermo non ha senso: lo sfruttamento del lavoro per esempio non è solo estivo, segue il turismo da una parte all’altra dell’isola. Nei settori dell’accoglienza e della ristorazione, dove l’overtourism chiama ancora più lavoro povero, sono la norma i contratti ‘finti part-time’ o assenti, pagati da 3 ai 5 euro l’ora” dice Militello di USB. Un turista visita Palermo in media per quattro giorni, anche se con le crociere la toccata e fuga si riduce a solo 6/7 ore. Così la città sta diventando – è la sua analisi – “il feticcio italiano del mastica e sputa, del mordi e fuggi, incastrata nella questione meridionale, nella precarietà e nel tardo-capitalismo”.