Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 14 Domenica calendario

Zuckerberg fa causa a Zuckerberg: i social di Meta bloccati dall’omonimo avvocato

Ha speso circa 11 mila dollari di inserzioni sulle piattaforme di Meta, a partire da Facebook, ma puntualmente la sua pagina è stata buttata giù perché accusata di contenuti fraudolenti. Negli ultimi otto anni è successo almeno cinque volte. La colpa? Chiamarsi Mark Zuckerberg, come il fondatore di Meta. È la lunga storia (perché iniziata nel 2017) di un avvocato dell’Indiana specializzato in bancarotta che, come raccontato dal New York Times, ancora oggi non riesce a trovare soluzione nonostante nel corso di un programma televisivo Meta abbia assicurato di essere consapevole del problema di omonimia nel mondo e di star cercando di risolvere la questione quanto prima. I sistemi di rilevazione automa delle piattaforme, infatti, sono abituati a ‘buttare giù’ quasi in automatico i contenuti problematici e poi eventualmente a ripristinarli qualora si vincano i ricorsi. Il nome di Zuckerberg, come è anche ovvio, deve essere collegato ad accorgimenti particolarmente stringenti. Il problema, pare, è che i soldi delle inserzioni vengono spesso utilizzati anche nel momento in cui le pagine sono sospese. Lo stesso avvocato ha reagito molto “sportivamente”: dice che non augura alcun male a Mark Zuckerberg (quello miliardario, non lui, ed è anche generoso: “Se dovesse attraversare un periodo finanziariamente difficile e dovesse trovarsi in Indiana, sarò lieto di occuparmi del suo caso in onore del nostro eponimo” ha aggiunto. I suoi problemi, ovviamente, vanno oltre internet. Ha raccontato di non poter utilizzare il suo nome quando prenota i ristoranti o per affari “perché la gente pensa che io stia facendo uno scherzo e riattacca il telefono”. Non è certo l’unico caso di problemi di omonimia sui social network. Un’artista qualche anno fa ha visto il suo account Instagram bloccato con la motivazione che stava fingendo di impersonare qualcun altro. In particolare, il suo account, creato molti anni prima, fu rimosso per impersonificazione ma poi ristabilito dopo due giorni: si chiamava @metaverse, come il progetto lanciato da Meta. Oppure accadeva che utenti con cognomi “non convenzionali” come quelli dei discendenti dei nativi americani non superassero l’iter della verifica del nome. Anche in questo caso sono stati necessari aggiornamenti.