Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 12 Venerdì calendario

Arriva la stretta sui dehors L’ok della Sovrintendenza per i locali nei centri storici

Parola d’ordine: “riorganizzazione”. Nei fatti, è una stretta. Il governo mette un freno al far-west dei dehors. Stop alle maniche larghe su tavolini, pedane e tende di bar, ristoranti e attività commerciali che ovunque spuntano nelle città italiane e costringono turisti e residenti a fare slalom sui marciapiedi. Arriva un giro di vite sulle autorizzazioni. E riguarderà quei locali che hanno la fortuna di guardare in faccia monumenti storici, chiese, fontane e fontanili, statue e piazze di pregio. Un ddl atterrerà presto in Cdm e fisserà paletti più stringenti di quelli attuali. Figli dell’era Covid, quando in piena pandemia il governo Conte e poi Draghi allentarono la presa per permettere a baristi e ristoratori già vessati da lockdown e restrizioni di allargarsi sul suolo pubblico. Regole soft prorogate di anno in anno, per la gioia delle associazioni di categoria, molto meno di tanti cittadini infuriati per l’occupazione di marciapiedi e parcheggi.
Il testo della riforma, visionato dal Messaggero, era pronto per un primo varo in Cdm già ieri. Ma dai piani alti di Palazzo Chigi è arrivato nei giorni scorsi un sonoro altolà: non c’è fretta. Può sembrare una materia tecnica. In realtà è questione assai politica: le regole nuove di zecca, che vengono incontro alla legge sulla concorrenza Ue, rischiano di far innervosire le associazioni di categoria che riuniscono decine di migliaia di commercianti e spesso sono veri e propri motori di preferenze alle elezioni. Sicché, così si è deciso, meglio prendere tempo su un provvedimento potenzialmente spinoso, alla vigilia delle Regionali. Ma cosa prevede la riforma? In sostanza, d’ora in poi dovranno passare per un’autorizzazione preventiva della sovrintendenza culturale tutti i bar e ristoranti che affacciano su monumenti o strutture «dal valore identitario eccezionale e altamente rappresentativo dei luoghi». Esempi? Un elenco è abbozzato nel testo della riforma, sul tavolo del ministro della Cultura di FdI Alessandro Giuli e del ministro della Pubblica amministrazione forzista Paolo Zangrillo.
Saranno sottoposti a controlli preventivi i dehors di fronte a «monumenti nazionali, luoghi o edifici di interesse religioso di eccezionale valore culturale, fontane di straordinario rilievo urbano, colonne commemorative di eccezionale interesse storico o artistico, i complessi scultorei e gli altri elementi a spiccato carattere monumentale». Insomma chiese, statue, monumenti antichi e moderni di interesse pubblico, da delizia, rischiano di diventare croce per ristoratori e baristi che lavorano nei centri storici delle città, se non saranno centrati i nuovi requisiti. Niente pedane e tavolini all’aperto se impediscono «la percezione visiva dei luoghi» o il «godimento delle sequenze prospettiche urbane e delle opere storico-architettoniche». Ma la lista va avanti. Ad esempio, si legge nel provvedimento in fasce, peserà sul via libera del Collegio Romano anche l’«omogeneità degli elementi di arredo e degli altri materiali utilizzati in relazione al contesto urbano circostante» e il «decoro e la qualità degli elementi di arredo». Come a dire: vietato posizionare di fronte a chiese e anfiteatri, musei e piazze storiche dei centri italiani tavoli, sedie e pedane kitsch, magari dalle forme e i colori sgargianti, che rischiano di risultare un pugno nell’occhio per turisti, avventori e residenti.
La stretta toccherà anche i dehors “chiusi”, soggetti ai permessi edilizi: per costruirli e installarli servirà la «segnalazione certificata di inizio attività». Quanto ai dehors spuntati nelle città dal 2020 in poi, con le regole “soft” introdotte dal governo Conte nel primo anno della pandemia, dovranno anch’essi adeguarsi alle nuove istruzioni. Potranno restare a patto che ricevano l’autorizzazione dal ministero della Cultura. In caso contrario i proprietari dei locali avranno 180 giorni – sei mesi – per smontare le strutture e toglierle da strade e marciapiedi. Un anno fa, nella legge sulla concorrenza, il governo aveva inserito la delega per regolamentare le strutture all’aperto. Ora il riordino di un settore chiave e politicamente molto sensibile per il centrodestra a Palazzo Chigi. Il testo approderà presto in Cdm ma non sono escluse limature e ritocchi. La proroga dell’attuale normativa sui dehors scade a dicembre. Non c’è fretta.