il Fatto Quotidiano, 12 settembre 2025
Quanti scrittori in cattedra. Da Sciascia a King e Lodoli
Studenti e professori di nuovo tra i banchi per un anno scolastico che debutta sotto la stretta del ministro Giuseppe Valditara su cellulari in classe e voto in condotta. La campanella suona anche per un nutrito drappello di scrittori. Sì, perché la scuola è da sempre un vero e proprio vivaio – e stipendio garantito – della nostra letteratura. Non solo nei nostri confini se guardiamo alla parabola del francese Daniel Pennac o al passato con il gessetto in mano di best-selleristi del calibro di J. K. Rowling o di Stephen King. Dietro la cattedra – nel doppio ruolo di insegnanti e romanzieri – si avvicendano svariati nomi, segno che scrivere sulla lavagna è propizio per l’ispirazione letteraria. Una tradizione che attraversa tutto il 900 italiano: da Giosuè Carducci (Giovanni Pascoli tra i suoi allievi all’Università di Bologna) a Pier Paolo Pasolini (mentore di Vincenzo Cerami in una scuola media di Ciampino). Senza dimenticare, tra gli altri, Leonardo Sciascia, Giorgio Caproni, Franco Fortini. Tutti compresi nel loro ruolo di educatori prima ancora che di hommes de lettres.
Proprio sulla figura di chi impartisce lezioni si interroga Massimo Recalcati – professore allo Iulm di Milano e psicoanalista – che nel suo La luce e l’onda. Cosa significa insegnare?, fresco di stampa per Einaudi, scrive che “la forza di un maestro consiste nel dire ciò che sa già, nel dirlo nuovamente, con parole nuove, con variazioni differenti, per farlo esistere come un sapere inedito innanzitutto a se stesso… Solo nel dare e non nel conservare il proprio sapere il godimento del maestro trova la sua realizzazione”. Non a caso lo stesso Recalcati scomoda il don Lorenzo Milani di Lettera a una professoressa che definiva maestro “chi non ha nessun interesse culturale quando è solo”. Due pionieri della pedagogia e della letteratura per l’infanzia come Mario Lodi e Gianni Rodari lo hanno testimoniato. Vasta la bibliografia sulla scuola che ha scandito la nostra scena editoriale: il caustico pessimismo di Il maestro di Vigevano di Lucio Mastronardi (1962), il candore sottoproletario di Io speriamo che me la cavo di Marcello D’Orta (1990), la denuncia sociale sui ragazzi difficili delle periferie di Registro di classe di Sandro Onofri (2000). Domenico Starnone, premio Strega per Via Gemito, già negli anni 80, sulla scorta della sua esperienza negli istituti tecnici di Roma, con Ex cattedra traccia un ritratto grottesco della scuola tra alunni annoiati e docenti disillusi. Illumina il clima plumbeo degli anni 70 in un liceo borghese di Roma un altro premio Strega come Edoardo Albinati, insegnante nel carcere di Rebibbia, con il suo La scuola cattolica. Un autore ineludibile è Marco Lodoli (tra i suoi romanzi Il preside) che in Il rosso e il blu si domanda come una lezione su Leopardi possa folgorare i suoi alunni fatui e distratti delle scuole professionali. Christian Raimo insiste sull’uguaglianza che deve essere tutelata nell’istruzione pubblica (Tutti i banchi sono uguali) mentre Paola Mastrocola, premio Campiello 2004, ne La scuola spiegata al mio cane sfida la taccia di passatista e invoca il rigore di una didattica meno creativa. Gaja Lombardi Cenciarelli in Domani interrogo descrive l’intenso rapporto tra una professoressa di inglese e i suoi studenti in un istituto tecnico della periferia romana.
Se Alessandro D’Avenia, insegnante di lettere a Milano, scala le classifiche sin dal suo esordio Bianca come il latte, rossa come il sangue, Enrico Galiano, professore alle medie e una decina di best-seller all’attivo, con Scuola di felicità per eterni ripetenti esorta gli adolescenti a essere più veri che perfetti. Sulla stessa linea Eraldo Affinati, che insegna italiano agli studenti migranti, autore di Elogio del ripetente. Da menzionare ancora Gian Mario Villalta, Marco Balzano, Viola Ardone, Mariapia Veladiano, Marta Morazzoni (vincitrice del Campiello nel 1997). E docenti universitari come Walter Siti, Michele Mari, Alessandro Barbero. Le nuove leve, nati tra gli anni 80 e 90, poeti e romanzieri, denunciano con piglio militante i troppi vizi e le poche virtù dell’ecosistema scolastico che frequentano ogni giorno: Graziano Gala (Controdizionario della lingua italiana), Giuseppe Nibali (Una cosa che non parla. Intellettuali e studenti contro la scuola), Alfredo Palomba (Il cuore dell’uragano. Lettera a un ministro dell’istruzione sulla scuola che meritiamo). “Educare significa tirar fuori dai ragazzi quello che hanno dentro, non soltanto mettergli dentro qualcosa” afferma Roberto Vecchioni – cantautore e per trent’anni docente di latino e greco nei licei classici – in merito al suo Lezioni di volo e di atterraggio. Del resto è sempre lui a cantare, forse a nome dell’intera categoria degli scrittori-insegnanti: “Sogna, ragazzo, sogna”.