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 2025  settembre 12 Venerdì calendario

Intervista a Tommaso Paradiso

«Fissato con gli Oasis? A casa mia erano disperati, dormivo con una cuffia per farmi venire i capelli a caschetto». Il ritorno dei fratelli Gallagher è uno dei motivi di gioia di Tommaso Paradiso. Padre da pochi mesi, ha interrotto un silenzio artistico di due anni con il nuovo singolo Lasciamene un po’, da oggi su tutte le piattaforme, e ha appena annunciato un tour nei palazzetti che partirà il 12 aprile da Roma per toccare Milano, Torino, Bologna, Padova, Firenze e Napoli.
La paternità l’ha cambiata?
«Certo che ti cambia, ma è un discorso molto complesso e profondo e non vorrei sminuirlo con delle banalità».
Parlavamo degli Oasis, molto più di una semplice fissazione.
«Sono andato a vederli a Londra. Ho vissuto una sensazione tipo “non lo sapete, ma grazie a voi faccio questo mestiere”. Non ho resistito, ho pianto due ore di fila al concerto. Pensi che da ragazzino feci una foto con Noel, una situazione avventurosa, ma non c’erano i cellulari, la macchina non era mia, chiesi a uno che era lì e quella foto non ce l’ho e non l’avrò mai. Il mio sogno sarebbe semplicemente poter dire ai Gallagher “grazie”».
Torniamo al nuovo singolo. Un brano molto elettronico con un sapore new wave.
«È nato in tre minuti in studio con Davide Simonetta. C’è un po’ di new wave, con un pizzico di Springsteen. Nel testo ho messo cose che volevo dire da tempo.
Ora vanno tantissimo le ballad, questo è un singolo rock. Poi le ballad arriveranno, ma in questo brano c’è malinconia e anche un pizzico di crudeltà».
Sono passati due anni da “Sensazione stupenda”. Che idea si è fatto di questo periodo in cui sembrano contare solo i numeri?
«Ho preso una decisione, che è quella che mi ha portato a fare musica: scrivo solo cose che penso, che mi emozionano. Non ho mai guardato a mezzo numero, non avrei fatto quello che ho fatto. Poi ho avuto la fortuna di incontrare i gusti del pubblico. Però molti colleghi con cui parlo stanno seguendo questa filosofia, fare solo le cose che sentono di dover dire. Alla fine questo approccio paga sulla carriera».
È appena passata la stagione dei tormentoni estivi. Quel “vocale da dieci minuti” è stato più una dannazione o una fortuna?
«È stato una fortuna, senza quello non sarebbero successe tante cose belle. Le persone che vengono ai concerti apprezzano tutte le canzoni, non aspettano solo quella».
Ha raccontato più volte dei suoi esordi, dei concerti nelle pizzerie che non bastavano nemmeno a pagare la benzina. Qual è la sensazione più forte che ha quando ripensa a quel periodo?
«Mi vengono in mente la potenza della voglia di riuscire, unita alla disperazione. Un mix che genera un effetto bomba micidiale. Anche se le cose andavano male, anche se dovevo fare miliardi di chilometri per suonare davanti a tre persone c’era una forza inarrestabile che mi spingeva avanti. Invece di mollare ho continuato, anche le situazioni deprimenti mi hanno mandato avanti con performance fisiche che oggi, a 42 anni, mi sembrano impossibili. Quelli della mia generazione sono nati con un meccanismo diverso, abbiamo fatto più gavetta, non si arrivava al successo a 20 anni».
Suo padre ha abbandonato la famiglia quando lei aveva pochi mesi. Lo ha mai incontrato?
«No. Senza alcun rimpianto. È stata una sorta di protezione nei confronti miei e di mia madre, comunque non ne ho mai sentito l’esigenza. Nel mio mestiere un po’ di lacerazione serve. Vivo sempre nell’alternanza di felicità e tristezza».
Non ha mai nascosto di aver attraversato periodi molto bui, in cui non riusciva nemmeno a uscire da casa. E poi è uno dei pochi artisti che ha ammesso di aver scritto anche canzoni brutte.
«Lo abbiamo fatto io e Bono (ride, ndr). Succede quando ti perdi, ci sono momenti come in tutti i mestieri in cui si provano delle strade e si accettano delle soluzioni suggerite da altri. Non c’è niente di male, ma se sei ilprimo a non crederci ovvio che non andrà bene. Grazie a Dio sono pochissime».
Nella nuova canzone si parla anche di una terra in cui non arrivano missili. Che pensa del dibattito sul ruolo degli artisti rispetto a ciò che avviene nel mondo?
«Credo che non ci sia una regola da seguire. L’uomo è libero anche di non esprimersi. Penso però che certe cose debbano essere dette, soprattutto se le senti dentro. Il cantautore è anche un contenitore dell’attualità, non si può rimanere impassibili rispetto a certe situazioni che coinvolgono l’animo umano. L’artista ha un ruolo importante ma non così tanto, mi piacerebbe che i governi prendessero posizioni forti rispetto a certi avvenimenti. Noi siamo veramente delle formiche, possiamo fare poco o niente, abbiamo il potere della penna ma ai potenti cosa importa?».
Nelle canzone nomina anche “Belve”: lei che belva si sente?
«Sono più un cane buono che torna sempre a casa».