La Stampa, 12 settembre 2025
Intervista a Enza Sampò
Quando Enza Sampò cominciò la sua carriera in tv, verso la fine degli Anni 50, le donne del piccolo schermo avevano un cammino obbligato davanti a sé: vallette, annunciatrici o presentatrici di programmi per ragazzi, altri ruoli non erano contemplati. Se poi, come sarebbe successo a lei con Campanile Sera, si trovavano nel ruolo di inviate nelle piazze della provincia italiana, dovevano essere scortate dai carabinieri perché le pacche sul sedere e altre molestie erano inevitabili.
È di quegli anni la sua relazione con Emilio Fede: «Fra il ’57 e il ’58 lavoravo a un programma per ragazzi a Torino, Il circolo dei castani, lui collaborava alla Gazzetta del Popolo e aveva una rubrica di auto alla Rai, sempre a Torino. Avevo 18 anni e non ero neanche maggiorenne, allora lo si diventava a 21».
Come andò la vostra storia?
«Lui aveva otto anni più di me ed era molto corteggiato perché era un ragazzo brillante con un bellissimo sorriso: aveva questa spiderina decappottabile e abbiamo iniziato un flirt adolescenziale. Era un gentleman del sud, rispettoso e corretto con me, poi un giorno l’ho lasciato».
Perché?
«Mi disse che avevo dimenticato un paio di occhiali da sole nella sua macchina e me li porse: ho riconosciuto gli occhiali di una collega… Sono scesa dalla macchina e non ho più voluto vederlo, sono proprio sparita, senza dare spiegazioni. Molti anni dopo mi ha chiamato per una sua autobiografia e mi ha chiesto il motivo: quando gliel’ho spiegato si è fatto una risata».
Lei ha avuto una relazione anche con Umberto Eco.
«L’avevo conosciuto a Milano nel 1960, più o meno nello stesso periodo in cui avevo condotto il Festival di Sanremo, lui faceva parte del gruppo dei “corsari” della Rai formato da Filiberto Guala, in cui c’erano anche Furio Colombo e Gianni Vattimo. È durata tre anni, ma con lui mi sentivo inadeguata: era troppo intelligente e io mi ritenevo non all’altezza, nonostante lui non me lo facesse pesare. Poi ho conosciuto il mio futuro marito e l’ho lasciato».
Che ricordo ne ha?
«Di una persona gradevolissima e molto simpatica: veniva invitato nelle case borghesi a intrattenere gli ospiti a livelli alti, i suoi. Ho assorbito e imparato di più in quegli anni che se avessi studiato all’università. Un periodo bello, vitale, volevamo cambiare il mondo e pensavamo che avremmo potuto farcela».
Lei invece a inizio carriera ha sperimentato anche l’Italietta in cui una donna che si presentava per un servizio televisivo in un paese veniva toccata per la strada…
«Sì, quando venivo mandata da Mike Bongiorno per il programma Campanile Sera c’erano uomini che allungavano le mani e quindi ero sempre scortata dai carabinieri. Era la prima volta che una donna veniva inviata nelle piazze e quella era l’Italietta di allora, ma si scopriva anche che in provincia c’erano delle belle teste con belle storie da raccontare, fra le persone che rispondevano alle domande di Mike dallo studio».
Che rapporto aveva con lui e con Enzo Tortora, anche lui inviato?
«Ottimo: erano carinissimi, mi aiutavano, mi spingevano, non c’era nessuna rivalità anche perché all’epoca era impensabile che una donna potesse rivaleggiare con un uomo, od oscurarlo sul piano professionale. Si sentivano superiori in partenza».
Quando sono cambiate le cose nel modo di considerare le donne in tv?
«Il primo segnale l’ho avuto nel periodo di Cordialmente, fra il ’64 e il ’65: si partiva da una vicenda personale e poi veniva sviluppata un’inchiesta. Lo spunto di una puntata era la lettera di un uomo che raccontava di sua moglie che gli guardava nelle tasche alla ricerca delle tracce di una possibile tresca. Doveva andare in onda la mia intervista a lei ma mi sono rifiutata, perché non me la sentivo di rappresentare una donna in quel modo. Andrea Barbato mi ascoltò e non la mandò in onda. Stava cambiando la mentalità».
Fra le sue interviste, molti anni dopo, quella a Nanni Moretti.
«Era a Tandem, con Fabrizio Frizzi. Avevamo preparato una torta Sacher, sapendo che era la sua passione, e per tutta la durata della chiacchierata non ha fatto altro che guardare la torta, a un certo punto gli ho detto di non azzardarsi a toccarla».
Fabrizio De André che effetto le ha fatto?
«È l’unica intervista che lui abbia fatto in uno studio televisivo, è ancora negli annali. Sono rimasta colpita dalla sua riservatezza, veniva fuori quello che era veramente. Al termine mi ha fatto: hai finito di sviolinare?...».
Le piace la tv attuale?
«Noi ci mettevamo tanto studio, interesse e soprattutto ascolto, ora i conduttori sono troppo protagonisti e molto verbosi, spesso autoreferenziali e concentrati più su sé stessi che sull’ospite».
E le sue colleghe?
«Mi piace la Fagnani, ha uno stile molto personale; a volte può essere aggressiva, ma dipende da chi ha davanti. Lilli Gruber la trovo molto settaria, io non sono meloniana e sto dall’altra parte, ma lei ha un atteggiamento un po’ troppo sprezzante. Mara Venier è molto empatica, si è cucita addosso un genere, mentre Milly Carlucci e Maria De Filippi fanno storia a sé, sono anche imprenditrici e dei loro programmi curano tutto, non solo la conduzione. Ma vorrei aggiungere una cosa su Emilio Fede».
Prego.
«Ho trovato molto sgradevole l’atteggiamento di certi intellettuali di sinistra, la veemenza dei loro attacchi, quando era già in declino. Anche quello della sua azienda non è stato bello, l’hanno licenziato con molto poca eleganza. La classe non è acqua».