repubblica.it, 11 settembre 2025
“Il granchio blu ha fatto chiudere 800 aziende, ma diventerà specie protetta”
Tra dieci giorni, sarà un anno di attività del commissario straordinario per il Granchio blu, Enrico Caterino, ex prefetto di Ferrara e Ravenna. È stato scelto dal governo l’8 agosto 2024 perché per 37 anni aveva lavorato alla foce del Po, ai confini tra Emilia e Veneto, l’area duramente colpita dalla proliferazione del granchio alieno nel 2022 e nel 2023. Il prefetto Caterino si è insediato il 20 settembre 2024 e, dopo un anno di attività, fa un bilancio con Repubblica dell’emergenza ambientale e industriale.
Commissario, sarà mai eradicato il granchio blu, vorace predatore di specie autoctone, dalle coste del Nord-Est?
“No, e ne siamo tutti consapevoli. Questo ufficio, il governo, i pescatori, i coltivatori. Ora che la fase più critica è passata, dobbiamo accettare che con il granchio blu si dovrà convivere. Come fanno negli Stati Uniti, in Tunisia, in Grecia, dove è arrivato prima e prima si sono prese le contromisure”.
In attesa di questi tempi, quante aziende di acquacoltura hanno chiuso?
“Cinquecento aziende in Veneto e trecento in Emilia Romagna. I due anni successivi al Covid sono stati durissimi, il granchio di dimensioni extra sembrava invincibile, ma stiamo trovando la risposta e il rilancio. Vorrei offrire un numero significativo”.
Dica, commissario?
“Da aprile ad agosto scorsi, 3.500 tra pescatori dell’Adriatico e acquacoltori del Delta del Po e della Laguna veneziana hanno catturato e portato a terra 1.300 tonnellate di granchi blu. Con l’aiuto dei biologi, si è deciso di puntare sulle femmine che, in primavera ed estate, vanno al largo o nelle aree più saline per depositare fino a otto milioni di uova. In quelle acque, adesso, vengono pescate”.
Dopo che sono stati portati a terra, che si fa di queste tonnellate di granchi blu?
"I più piccoli sono direttamente smaltiti, quelli di dimensioni maggiori vengono usati al 25 per cento”.
In che modo?
"Con la parte dura, la corazza, si può fare polvere per mangimi. La chitina, un cicatrizzante, si utilizza a fini farmaceutici”.
La polpa?
"Lì si annida il business. Due aziende italiane hanno iniziato a usarla per gastronomia industriale: una produce pasta ripiena con granchio blu, una seconda, veneta, una crema. Poi c’è la vendita locale, per i ristoranti”.
E la vendita all’estero. A inizio agosto sono partiti i primi due carichi da Goro per la Florida e il New Jersey: container da 200 quintali l’uno di prodotto surgelato.
“Sì, abbiamo stretto accordi con un’azienda tunisina e una cingalese. In Tunisia, nove anni dopo la loro invasione, i granchi blu rappresentano il 25 per cento dell’esportazione nazionale di pesce. Negli stabilimenti Scardovari e Porto Tolle, entrambi in provincia di Rovigo, si sono insediati gli emissari dell’impresa dello Shri Lanka, hanno installato i macchinari e avviato il processo di esportazione. A Bosco Mesola, in provincia di Ferrara, il crostaceo viene lavorato con maestranze specializzate tunisine. Lo inviano sui mercati più avanzati per il genere: Stati Uniti, il Paese dove sono cresciuti naturalmente, e la Corea del Sud, dove la richiesta è fortemente cresciuta. Nella Costa atlantica americana il granchio blu è una specie così ricercata dai consumatori che in alcune stagioni deve essere protetta: nelle fasi di riproduzione non può essere pescata”.
Accadrà anche in Italia? Il grande nemico di bivalvi e anguille diventerà specie protetta?
"Il percorso è quello, dovremo essere bravi, come spiegavo prima, a gestire la convivenza. Diciamo tanto che il granchio blu è specie aliena, ma dobbiamo ricordare che il primo esemplare, da noi, è stato pescato nel 1949, a Marina di Grado, in Friuli Venezia Giulia”.
E perché dal 2022 c’è stata l’apocalisse?
“Le alluvioni che si sono scaricate sul Delta del Po e l’innalzamento delle temperature dell’Adriatico hanno creato le condizioni ottimali per lo sviluppo del granchio, specie resistente e fortemente predatoria”.
Ci sono voluti tre anni per l’insediamento di un commissario dedicato alla questione. Perché tutto questo tempo?
“Non so se l’insediamento del commissario è stato tardivo. Io arrivo dopo la prima attività svolta dalle prefetture, poi, su pressione delle Regioni e delle cooperative, si è scelta la struttura commissariale”.
Teli in laguna, recinzioni e poi? Che si farà per la protezione delle colture?
“Oggi la costa emiliano-veneta, laddove i fondali sono bassi, è protetta con teli e recinzioni, appunto. Stiamo sperimentando strumenti che, producendo rumori e onde sonore, potrebbero allontanare i granchi blu, ma ancora non abbiamo autorizzato nulla”.
Quanti soldi è costata, ad oggi, l’invasione del crostaceo?
"Il commissario ha 10 milioni di euro a disposizione, i ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente fin qui hanno firmato finanziamenti per 47 milioni. Poi ci sono i soldi delle due regioni, nell’ordine dei 4 milioni. In tutto, 60 milioni di euro”.
Bisogna aggiungere i costi di ottocento aziende che hanno chiuso, cambiato attività. Qualcuno sta tornando all’allevamento delle vongole filippine?
“Sì, e diverse piccole imprese hanno spostato il fuoco della loro attività sulle ostriche, più resistenti”.
Il granchio blu, ormai, si è diffuso in tutta Italia.
“Le tre regioni interessate dal piano del commissario straordinario sono Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia, quest’ultima comunque meno colpita. Di fronte a notizie di stampa, ho scritto lettere ad altre sei amministrazioni: Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Per ora, non ho ricevuto risposta. Il problema sta diventando importante sul Lago di Paola, in provincia di Latina, e ad Orbetello, dove ho fatto un sopralluogo. Nella Laguna del Po abbiamo creato un modello, può essere replicato nel resto del Paese”.