la Repubblica, 11 settembre 2025
“In Italia non basta vincere l’oro per meritare rispetto”
La Signora della marcia non cede ai ricordi vintage. Sarà la prima dei 5 ori italiani di Tokyo 2020 a scendere in gara sabato in una città grigia (per ora), calda, e molto umida.
Nella 35 chilometri. Torna in Giappone dove a Sapporo ha vinto il titolo olimpico (nella 20 km) in quell’estate 2021 che si macchiò molto di azzurro e dove Big Italy salì in cima al mondo. Antonella Palmisano, 34 anni, è al suo quinto mondiale (2 bronzi, Londra 2017 e Budapest 2023), ha il secondo miglior tempo stagionale sulla 35 km e anche secondo la sua avversaria spagnola, Maria Perez, è la concorrente più pericolosa.
Quanto è distante Sapporo da Tokyo?
«Tanto, tantissimo e non faccio nulla per avvicinarle.
Quello che è stato deve restare alle spalle e poi è la prima volta che gareggio a Tokyo. Certo, una bella sensazione del Giappone mi è rimasta, era pure il giorno del mio compleanno, sembrava impossibile, invece mi è riuscita una marcia trionfale.
Ti dici: proprio male non sono, prendi fiducia. Ma è un attimo, te lo fai passare, ogni gara è una storia diversa, non sono le medaglie sul petto a renderti invincibile, ma la capacità di lasciarle a casa, di dimenticarle. Vivere con i ricordi è bello, vivere di ricordi è brutto».
Farà caldo, forse la partenza sarà anticipata di mezz’ora.
«È l’umidità che stronca e anche quella non manca. A Sapporo la marcia partì alle 4del pomeriggio, cercavo l’ombra, qui ci sarà il sole della mattina, anche se in Italia sarà l’una di notte, e vedrò di cercare un po’ di riparo. Sono pugliese, ma questi fattori esterni mi preoccupano, le zaffate di aria calda pungono molto. E questa volta con me non c’è Massimo Stano, rimasto a casa per un infortunio, mi manca molto, per me è stato sempre una spalla importante, le sue battute, la sua ironia, mi avrebbero aiutato a sdrammatizzare».
A quell’Olimpiade mancò il pubblico, causa pandemia.
«Sulla strada a Sapporo c’erano solo i fotografi, speriamo che Tokyo alle otto di mattina sia più appassionata. Il via sarà nello stadio, faremo tre giri e mezzo, e ci torneremo per l’arrivo. E questa è una cosa positiva perché il traguardo nella casa dello sport rende noi marciatori uguali agli altri e non figli di dei minori. Se penso a certi arrivi in posti desolati mi viene male. Uomini e donne partiremo insieme, non ci daremo fastidio».
Lei ha iniziato con la pallavolo.
«Sì, sono stata scartata perché troppo piccolina, ma il primo amore non si scorda mai e faccio i complimenti alle azzurre, sono state bravissime, avrei voluto essere lì con loro. E poi hanno Julio Velasco, uno che non ti stanchi mai di ascoltare, anzi dovrebbe parlare ogni tre minuti perché riesce sempre ad arrivarti al cuore e alla testa. Non racconta favole, te le fa sognare. Masiamo sempre lì: se uno sport ha visibilità può crescere, se invece resta al buio come fa la gente a conoscerti?».
A lei non la riconoscono?
«Vivo e mi alleno a Ostia dove passavo inosservata. Solo dopo aver vinto gli europei a Roma l’anno scorso la mia fama locale è un po’ aumentata, adesso c’è gente che mi ferma e mi dice: scusa, se non ti avevo riconosciuta.
Organizzare gli eventi in casa serve anche a questo, a rendere più popolari le nostre facce.
Perché purtroppo in Italia di cultura sportiva ce n’è poca e spesso non basta nemmeno vincere un oro per meritare rispetto».
È la sua seconda prova sulla 35 chilometri che è più una 20 km lunga che una 50 corta.
«Alla prima, a maggio, ho fatto il record italiano, 2 h 39’35”, ma non mi illudo. Una gara così va rispettata, non puoi credere di averla in pugno solo perché una volta l’hai assaggiata e l’hai digerita bene. Ho cercato di prepararmi, ho curato l’alimentazione, tanti carboidrati, acclimatazione, fisico, massaggi. Anche di testa sono più esperta e matura. Poi però capita l’inconveniente, come a Parigi dove avevo preso il Covid».
Da capitana della squadra femminile che aria respira?
«Che da Tokyo 2020 a Tokyo 2025 tutto è cambiato in nazionale. In quest’atletica c’è aria nuova, forte ambizione, sana leggerezza.
Quell’Olimpiade ha rovesciato tutto, ha dimostrato che se gareggi per migliorati, senza piangerti addosso e stare lì ad ammirare il mondo, in cima o nei dintorni ci arrivi. Se prima la responsabilità di fare risultato era solo di qualcuno e questa cosa ti opprimeva, ora è di tutti, uomini e donne. Tutti provano a scalare. Nadia, Larissa, Mattia. Battocletti, Iapichino, Furlani. Tutti ragazzi: 25, 23, 20 anni. C’è un domani che inizia oggi»