Avvenire, 10 settembre 2025
Le miniere di nichel brasiliane alla Cina. E lo scontro tra imprese si fa geopolitico
Monete? Figuriamoci, a breve non esisteranno nemmeno più. Bigiotteria? Superfluo. Acciaio inossidabile? Già più interessante, ma è soprattutto per la produzione di batterie che il nichel viene oggi considerato un metallo strategico. Ed è per le batterie – dunque per la transizione energetica – che scatena intrighi internazionali come quello in corso in Brasile, con protagonisti un gruppo olandese guidato da un magnate turco, una società mineraria britannica tra le maggiori del pianeta e la solita impresa statale cinese a caccia di materie prime in giro per il globo.
In sintesi, è successo questo: Anglo American, nata dalla fusione con la sudafricana Anglo American Corporation, ha deciso quest’anno di privarsi dei distretti minerari di Barro Alto e Niquelandia, nello Stato brasiliano di Goiàs, un’area che da sola estrae quasi la metà di tutto il nichel di un Paese che è l’ottavo produttore mondiale del metallo con circa 90mila tonnellate l’anno. Motivazione della vendita di un così importante asset: «Semplificare il portafoglio globale dell’azienda, che vuole concentrarsi sulla produzione di rame, ferro e fertilizzanti».
Le miniere brasiliane sono dunque state cedute alla cinese Minmetals Corporation, attraverso la controllata MMG, per la cifra di mezzo miliardo di dollari. Ma è qui che subentra un’azienda olandese, Corex Holding, di proprietà del vulcanico magnate turco Robert Yüksel Yildirim, che sostiene di aver offerto quasi il doppio, 900 milioni di dollari, per l’acquisto di Barro Alto, Niquelandia e di due nuovi progetti nel Parà (dove si terrà la COP30 a novembre) e nel Mato Grosso: «Quando proponete un prezzo molto più alto – ha lamentato al quotidiano brasiliano Folha de Sao Paulo, vi aspettate almeno una chiamata. Questo non è accaduto, dovranno spiegare perché».
Il boss di Corex intende andare fino in fondo alla faccenda e ha già chiesto formalmente l’intervento della Commissione europea, del Cade (l’organo di Difesa economica brasiliano, che ha prontamente aperto un’inchiesta) e persino richiamato l’attenzione dell’Aisi, l’Istituto statunitense del Ferro e dell’Acciaio, che ha a sua volta sollecitato una reazione del presidente Donald Trump per evitare che quello della Cina sul nichel diventi un monopolio globale. L’accusa infatti non è tanto di aver rifiutato – secondo quanto sostiene Yildirim – un’offerta migliore, quanto di favorire un player già avvantaggiato mettendo a rischio l’approvvigionamento internazionale e, come scritto nel documento inviato da corex a Bruxelles, «la sicurezza energetica dell’Unione europea». «Il Brasile sta svendendo il proprio suolo alla Cina, senza pensare alle conseguenze. Dovrebbe aprire gli occhi e mostrare il cartellino rosso», ha tuonato Yildirim, aggiungendo che dopo l’operazione con Anglo American la Cina controlla il 62% delle riserve brasiliane di nichel e soprattutto – a suo dire – il 60% di quelle di tutto il mondo, visto che ha già messo le mani su quelle dell’Indonesia, che è il primo produttore globale del conteso metallo, estraendone quasi la metà del totale disponibile ad oggi sulla Terra. Lo scontro sembra più geopolitico, perché al contrario di quanto sostiene il miliardario turco, Anglo American giura che quella di MMG fosse l’offerta migliore, che presentava migliori capacità tecniche e gestionali oltre che maggiori garanzie finanziarie. «Abbiamo scelto un compratore affidabile e riteniamo che dall’accordo trarranno beneficio tutte le parti interessate, inclusi i territori e i lavoratori», hanno fatto sapere i britannici. A Corex però non manca l’ambizione: fino a poco fa estraeva nichel solo in Europa (Kosovo e Macedonia), recentemente ha deciso di puntare sul Brasile e ha iniziato a fare shopping prima comprando le miniere di rame di BHP per 465 milioni di dollari e poi provandoci col nichel di Barro Alto. Fino a scatenare, forse, un polverone internazionale.