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 2025  settembre 10 Mercoledì calendario

Camera, addio ai "discorsi fiume": a Montecitorio arrivano i microfoni a spegnimento automatico

Qualcuno, tra i deputati con più legislature alle spalle, già la bolla come la fine di un’epoca. Altri ricordano con malcelata nostalgia autentici campioni di oratoria come il radicale Marco Boato, che nel 1981 (per protestare contro la proroga di un anno del fermo di polizia introdotta dal decreto Cossiga) tenne il discorso più lungo mai registrato tra gli scranni di Montecitorio, 18 ore e 5 minuti.
Nulla di tutto ciò sarà più possibile, almeno in teoria. Perché la rivoluzione dell’efficienza e della modernità parlamentare sta per abbattersi come una tagliola sugli interventi troppo prolungati dei deputati. Che spesso protraggono i loro discorsi come tecnica di ostruzionismo, ossia per rallentare o impedire l’approvazione di provvedimenti che contestano. Come? Con l’introduzione, anche alla Camera, dei microfoni a spegnimento automatico.
Eccola, la novità che gli eletti a Montecitorio hanno trovato sui loro banchi al rientro dalla pausa estiva. Chi con un sospiro di sollievo ("Era ora!"), chi con un certo scetticismo per un’altra prerogativa dei parlamentari (quella di prolungare ad libitum la propria orazione, almeno fino all’intervento dei commessi) che irrimediabilmente viene loro sottratta, sacrificata sull’altare della produttività e del “basta chiacchiere, votiamo”.
Ma in cosa consiste la novità? Di fatto, si tratta di un metodo già applicato al Senato per “contenere” la verbosità e l’eccessiva lunghezza delle sedute. Quando il tempo assegnato sta per scadere (un minuto prima per gli interventi più corposi, oppure trenta secondi per quelli più brevi), il microfono comincia a lampeggiare, avvertendo l’oratore di sbrigarsi e avviarsi alla fine.
Una volta esaurito il tempo, il microfono si disattiva da solo. Facendo cadere nel vuoto le ultime parole del deputato, con tanti saluti alla conclusione a effetto se non arriva nei tempi previsti. E con buona pace dei siparietti a cui quotidianamente assiste chi segue le sedute di Montecitorio, con ripetuti inviti della presidenza a fermarsi ("onorevole, concluda, la prego") e altrettanti tentativi di svicolare ("vado a concludere, presidente, solo un minuto”; “no, concluda ora”, ecc).
Un sistema, si diceva, già applicato da tempo a Palazzo Madama. Ma che non è riuscito del tutto a frenare il problema degli interventi troppo prolungati. Perché in breve tempo si è diffusa la prassi, da parte dei senatori, di richiedere al presidente qualche secondo (o minuto) extra per chiudere la dichiarazione.
E una volta concesso lo “sforamento” a un gruppo, è difficile, per chi presiede i lavori, non concederlo anche a tutti gli altri, a meno di non voler sollevare le proteste e le accuse di favorire questa o quella formazione. E così, al Senato, non è insolito vedere il presidente La Russa fare cenni dal suo scranno a chi materialmente regola il funzionamento dei microfoni, di fatto concedendo quasi sempre un po’ di tempo extra praticamente a tutti. Chissà se anche alla Camera, ora che sono arrivati i microfoni con la “tagliola” integrata, si diffonderà questa abitudine.
Quel che è certo è che a rendere più rapide le sedute ci si era già provato con la riforma del regolamento. Che a inizio anno, aveva tagliato con l’accetta i tempi a disposizione degli onorevoli per i vari interventi: da trenta a dieci minuti come limite generale (tempo che sale a venti minuti se parla un unico esponente per tutto il gruppo), da 60 a 45 minuti per i voti di fiducia, da 60 a 30 per gli interventi su progetti di modifica costituzionale. E un tempo complessivo per i deputati per prendere la parola passato da 10 a 8 minuti. Taglio dei tempi a cui da ieri si è aggiunto il nuovo sistema di microfoni. E chissà se quello ai discorsi fiume sarà davvero un addio o soltanto un arrivederci.