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 2025  settembre 10 Mercoledì calendario

La parabola di Musk dopo la rottura con Trump: ora la sfida è sopravvivere a sé stesso

In una sua celebre lezione alla lavagna, giacca di tweed marrone e gesso in mano, che YouTube ripropone allegra e geniale, lo scrittore americano Kurt Vonnegut, maestro del “Mattatoio N.5”, spiega che ogni storia ha una struttura eterna, Ascesa, Caduta, Gloria, Sconfitta, Ricco, Povero e a riascoltarla oggi viene in mente quel che Vonnegut non immaginava certo: nessuno è più solo di un miliardario in odore di disgrazia. Lo sa bene Elon Musk, imprenditore visionario e capriccioso di Tesla e SpaceX, ora al centro di una parabola in picchiata, politica e personale, che lo vede separarsi bruscamente dal presidente Donald Trump, suo alleato di ieri, suo avversario possibile 2026.
Quando Andrea Stroppa, il braccio destro di Musk in Italia, ha criticato la politica sull’emigrazione del governo di Giorgia Meloni come troppo morbida, niente blocco navale militare contro i barconi dei dannati della Terra dall’Africa, gli osservatori son rimasti colpiti da due dati. Primo: Stroppa è da anni impegnato nel lavoro di solidarietà cattolico con i poveri, spesso immigranti, con missioni per esempio alla Stazione Termini. Secondo: tra Musk, che ha rilanciato il post del suo collaboratore, e gabinetto Meloni c’era aria di intesa, qualcuno parlava, forse con troppa ingenua precipitazione, di commesse militari intorno alla Difesa. Tutto finito? Allontanandosi da Trump Musk si allontana anche da Roma? Per anni Donald Trump e Elon Musk hanno marciato fianco a fianco: Musk garantiva innovazione, sogni spaziali e tweet virali, Trump offriva la potenza del megafono politico, la promessa di deregolamentazioni, lo scudo del potere sovranista. Un matrimonio di convenienza che, come spesso a Washington, si è infranto su ego ipertrofici.
Il casus belli? Non uno solo. C’è chi parla di gelosie reciproche, chi di divergenze reali sulla linea dei dazi e sulla legge Finanziaria e fiscale, chi di rancori personali legati alla gestione di donazioni e alle campagne per le elezioni Midterm 2026, chi del rigurgito del caso Jeffrey Epstein, il miliardario pedofilo le cui carte potrebbero presto esser rese pubbliche. La verità è che, fra Wall Street, Silicon Valley e la Casa Bianca, cattedrali del potere nel XXI secolo, non esiste mai un’unica causa, c’è sempre una filigrana di vanità, denaro, strategie. Musk si ritrova con un sogno politico zoppicante. Il suo “America Party”, lanciato come terza via fra repubblicani e democratici storici, arranca, presto polveroso. Costruire un partito dal nulla negli Stati Uniti è un’impresa, servono soldi, sì, ma anche radicamento territoriale, macchine organizzative, media amici, spin doctor alla Carville per Clinton, Rove per Bush, Alec Ross per Obama. Musk ha il capitale, non la struttura e i sondaggi lo relegano ancora a una nicchia rumorosa, non a una massa critica capace di influenzare le urne. Non ha strategia, ideali, uomini. Il consiglio di amministrazione di Tesla lo osserva con crescente inquietudine dalle stanze con le pareti foderate in ebano. Perché, mentre Musk si concentra sulla politica, le azioni oscillano, gli investitori fremono, i concorrenti – cinesi e americani – avanzano feroci. E allora ecco l’offerta, pacco di caramelle al bambino goloso: bonus, incentivi miliardari, pacche sulle spalle e richieste velate. “Torna a casa, Elon. Guida le tue aziende. Lascia la politica agli altri”.
Non è la prima volta che Musk si trova davanti a un bivio. Quando Tesla rischiava il fallimento, dormiva sul divano dei suoi uffici, chiedeva prestiti agli amici, twittava poco, ingurgitava beveroni dal contenuto incerto e chimica solo a lui nota. Dopo aver scritto “Taking Tesla private”, sfida la SEC, agenzia arbitro della Borsa Usa, e rischia di perder tutto, ma ogni volta rimbalza in avanti, come gli eroi sulla lavagna di Vonnegut, più forte, più ricco, più famoso. Ora però la sfida non è tecnologica, è esistenziale, non coinvolge razzi e chip, ma idee, lavori, consenso, altra dimensione. Gli amici gli rimproverano la mancanza di disciplina, i detrattori la megalomania. I fan, vedi il giovane Stroppa, uomo intelligente e preparato, lo seguono con la devozione che altri riservano a rockstar o calciatori. Lo vedono come il visionario che vuole portarli su Marte, liberare l’umanità dalle catene dell’energia fossile, sconfiggere l’Intelligenza Artificiale “nemica”. Il culto di Musk non è finito, scricchiola, il gessetto di Vonnegut lo vede come il Principe alla vigilia del Duello Cruciale. Trump, dal canto suo, non perdona mai. Al presidente non piacciono i rivali che gli sottraggono la scena. Dopo il divorzio tra i due leader, i suoi consiglieri hanno iniziato a lanciare frecciate: Musk è “inaffidabile”, “incapace di mantenere la rotta”, “un narcisista che pensa di poter battere il sistema ma non sa neppure governare una coalizione”.
Parole che pesano. Riusciranno a far pace? Forse. La politica americana conosce infiniti ritorni di fiamma, basti ricordare l’abbraccio tra Trump e Ted Cruz, un tempo acerrimi nemici o J.D. Vance vicepresidente, dopo aver definito Trump “Nuovo Hitler”. Musk potrebbe tornare utile a Trump per i soldi, la visibilità, l’aura tecnologica. E Trump potrebbe tornare utile a Musk per le licenze, i contratti governativi, le agevolazioni fiscali. Non si escludono colpi di scena, magari proprio alla vigilia delle elezioni 2026, stay tuned. Ma ci sono ombre più scure. Il fantasma del caso Epstein, il miliardario pedofilo, continua a incombere su Wall Street e Silicon Valley. Musk nega ogni legame, eppure fotografie, voci e insinuazioni circolano anche al Congresso con lo schizzo osceno e i versi di Trump per Epstein. In un’America polarizzata, bastano poche immagini a bruciare reputazioni costruite in decenni. Per un imprenditore che vuole entrare in politica, la vicinanza anche solo apparente a scandali del genere potrebbe essere letale.
La domanda resta aperta: è l’inizio della fine per Elon Musk? O, fedele alla sua biografia di cadute e resurrezioni, saprà reinventarsi ancora una volta? Se sceglierà la politica, rischia l’irrilevanza. Se tornerà all’industria, potrà ancora guidare la rivoluzione verde e digitale, ma confuso, uno “qualunque”, tra gli altri 1135 miliardari Usa censiti dal Wall Street questa settimana. Se farà pace con Trump, riacquisterà spazio ma perderà autonomia. Se resterà solo, potrebbe finalmente scoprire se la sua leggenda sa resistere senza applausi. Elon Musk, l’uomo che voleva conquistare Marte, oggi deve affrontare la sfida più dura per tutti noi, sempre: sopravvivere a se stesso.