la Repubblica, 10 settembre 2025
La pala del Carpaccio da Padova torna in Istria gli esuli: “Buon segno”
L’avevano nascosta in un convento, a Padova, per proteggerla dalle razzie dei nazisti. E lì è rimasta, per paura che i comunisti di Tito ne facessero strame. C’è nella storia della pala della Madonna col bambino di Vittore Carpaccio anche l’orrore del Novecento. Ora dopo 85 anni torna al suo posto a Pirano, in Slovenia, nella chiesa del convento di San Francesco. Così hanno voluto i frati padovani. «Il quadro che torna dimostra l’italianità del luogo e rappresenta un motivo in più per rivendicare le nostre radici» dice Renzo Codarin, il presidente di Federesuli.
Il Novecento non sembra finire per il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia e dell’eurodeputata leghista Anna Maria Cisint, che ritengono la ricollocazione uno schiaffo agli esuli istriani. Da giorni agitano la polemica, proprio alla vigilia della visita di due giorni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che oggi e domani sarà in Slovenia. Un viaggio che toccherà Lubiana e Capodistria. «La sua visita è l’occasione per rinforzare il dialogo», dice Codarin. «Chi contesta vede invece esaurire il proprio ruolo e cerca di farsi notare così. Un tentativo di rovinare la collaborazione tra Italia e Slovenia, che non è mai stata così buona, tanto che si parla di costruire finalmente un museo dedicato all’Esodo, un fatto storicamente rilevante, un segno di convivenza». Carpaccio era veneziano. Nel 1518 i frati di Pirano gli commissionarono l’opera raffigurante la Madonna col Bambino e i santi Ambrogio, Pietro, Francesco, Antonio, Chiara e due angeli musicanti. Un capolavoro. E lì è rimasta quattro secoli fino allo scoppio della guerra, nel 1940, quando, per proteggerla dalle razzie si rese necessario trasferirla. Il conte Leonardo Manin offrì la sua villa, a Passariano di Codroipo, in provincia di Udine, come rifugio. La casa divenne un luogo convertito in deposito per opere d’arte. Tre anni dopo, il 29 ottobre 1943, con i nazisti in Italia, s’impose urgente un altro trasloco: nel magazzino del convento di Sant’Antonio di Padova. Salvaguardata, ma non visibile. La guerra finì. La pala tornò alla luce, esposta al Museo Antoniano. La mancata restituzione alla Slovenia venne motivata con la necessità di proteggerla dai comunisti di Tito, che limitarono la libertà religiosa. La chiesa di Pirano venne addirittura nazionalizzata.
Ora però i frati francescani, sia italiani che sloveni, hanno deciso che è venuto il momento di ricollocarla laddove era. Le ferite della storia sono rimarginate. La Slovenia non è più quella della guerra fredda, da più di vent’anni è nella Ue, milita nella Nato. E i rapporti con l’Italia sono ottimi, testimoniati dall’amicizia tra il presidente Mattarella e la presidente Natasa Pirc Musar, che di recente ha parlato di «un bellissimo rapporto» col nostro Capo di Stato. I due avranno un bilaterale oggi pomeriggio a Lubiana. Quattro anni fa Mattarella e il presidente Borut Pahor, il predecessore di Pirc Musar, si tennero per mano davanti alla foiba di Basovizza.
Una certa destra però soffia sul fuoco del revanscismo. Dopo Menia che ha chiesto di «fare il massimo sforzo per non privare l’Italia di un’opera che gli italiani hanno sempre sentito propria» l’eurodeputata Cisint ha scritto una lettera al Quirinale per scongiurarne la cessione. Codarin scuote la testa. «La proprietà resta dei frati, non della Slovenia, va sottolineato». Mattarella domani inaugurerà il seicentesco Collegio deli Nobili, la scuola degli italiani, che riapre dopo due anni di lavori. Vi studiarono Nazario Sauro e Fulvio Tomizza. «Il rapporto della Slovenia con gli italiani è mutato, anche quello con noi esuli. Ma c’è chi non lo vuole capire», sostiene Codarin.