il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2025
Israele, per i riservisti card da 1.500 $ e bonus vacanze
L’esercito israeliano si rifiuta di rivelare quanti riservisti si sono presentati in servizio martedì scorso, dopo che sono stati emessi 60 mila avvisi di chiamata in vista dell’occupazione pianificata di Gaza City. Le ultime percentuali disponibili di risposte positive alla chiamata erano intorno al 60-70%, tra le più basse mai registrate in Israele. Così, Idf e Ministero delle Finanze – quello guidato dal falco messianico Bezalel Smotrich – forniranno ai riservisti carte prepagate di un valore fino a 1.500 dollari, buoni vacanza raddoppiati, sussidi ampliati e bonus che potrebbero ammontare a decine di migliaia di dollari per soldato. Un modo per superare le perplessità che la sporca guerra di Gaza si trascina, e di cui la maggioranza degli israeliani non capisce più lo scopo.
Si prevede che i pagamenti raggiungeranno decine di migliaia di shekel (oltre 13.800 dollari) per soldato, in particolare per le truppe da combattimento, in aggiunta ai bonus già esistenti. Le Idf stanno attuando una decisione governativa di inizio anno che aumenta gli incentivi finanziari a livelli record. Chiaramente l’iniziativa mira a incoraggiare i riservisti a presentarsi in servizio e a contrastare il recente calo dei tassi di partecipazione.
La scorsa settimana, l’esercito ha iniziato a valutare quali riservisti convocati si presenteranno, principalmente per dare il cambio alle forze regolari nei settori operativi e consentire loro di addestrarsi e prepararsi per le operazioni nell’area urbana di Gaza City. Per far fronte alla carenza di personale in vista dell’operazione di terra prevista nel nord di Gaza, l’Idf ha deciso di suddividere la chiamata dei riservisti in tre ondate. La prima ondata, che coinvolgerà circa 60 mila soldati, è iniziata martedì scorso, e sarà seguita dalle ondate di novembre e marzo 2026. Al picco massimo, si prevede che saranno richiamati circa 110 mila riservisti.
Gli ufficiali che hanno già ricevuto l’Ordine n. 8 e che hanno risposto alla “chiamata” vengono sollecitati a dare interviste dalle tv israeliane. Ma c’è una nuova tendenza: tutti si coprono il volto con cappucci neri. “L’esercito del popolo è diventato l’esercito di incappucciati”, ha scritto Haaretz. Sono soldati che hanno qualcosa da temere o che si vergognano di ciò che saranno costretti a fare. Presumibilmente c’è qualcuno, e qualcosa, che deve essere nascosto. Il fatto che ufficiali dell’Idf indossino cappucci suggerisce che all’interno dell’esercito ci sia la consapevolezza che qualcosa non va e che sia necessaria cautela. Non cautela nelle azioni, ma piuttosto per non essere incriminati a causa di esse.
Gli uomini del Secret Service che si occupano della sicurezza del primo ministro Benjamin Netanyahu – ma anche alcuni membri del gabinetto – si sono recentemente uniti a questa farsa del mistero, dell’occultamento. Indossano mascherine chirurgiche nere, aggiungendo un’ulteriore dimensione a quello che era già uno spettacolo grottesco di decine di guardie del corpo che circondano il premier anche in luoghi al chiuso già “bonificati” prima del suo arrivo. Sembrano anche loro sicari mafiosi. Ma forse è questo l’obiettivo.
Gli incentivi economici, i cappucci militari e le mascherine delle guardie del corpo riflettono una realtà ampia. Almeno alcuni ufficiali riservisti che andranno a Gaza questa settimana lo fanno sapendo che sono destinati a commettere orribili crimini di guerra. Ma si presentano comunque in servizio. Il cappuccio dovrebbe rendergli le cose più facili. Dice che hanno qualcosa da nascondere e qualcosa da temere: la paura dell’Aja si è riversata sui militari, come era giusto che fosse. Ma le ruote della giustizia all’Aja sono lentissime. Quando si stabilirà se a Gaza si sta verificando un genocidio, nessuno sarà più rimasto lì. Né Benjamin Netanyahu verrà mai estradato, nonostante il mandato di arresto della Corte penale internazionale.