Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 06 Sabato calendario

"L’età mi ha ammorbidito faccio anche i selfie col pubblico"

Un mese di concerti, l’anno scorso, in un piccolo teatro di Milano, l’Out Off. 200 spettatori a sera, 70 canzoni fra cui scegliere. Non fra le più note di Francesco De Gregori: ma quelle che ha deciso di chiamare Nevergreen, «perché ci sono persone che, dal vivo, non ne possono più di sentire La donna cannone». Il progetto è diventato un film di Stefano Pistolini, in sala c fra l’11 e il 17 settembre.
De Gregori, d’accordo per i brani rari, va bene Il fischio del vapore e Stelutis alpinis…
«E i degregoriani talebani conoscevano pure quelle. Le conoscevano tutte. Non riuscivi a coglierli di sorpresa».
E però verso la fine del film arriva Buonanotte fiorellino che lei invita a ballare, «anche i più timidi tra il pubblico»
«È un gioco che mi ero inventato in tour con Antonello Venditti e funziona sempre».
Lei quegli spettatori li chiama addirittura «cari e belli». Quanto è diverso, un pubblico che sta a mezzo metro dal palco, da quello dell’Arena di Verona o di un palasport?
«È un’altra cosa, gli applausi non sono tutto. Quelli che vengono a sentirmi mi piace guardarli negli occhi, pensare a cosa sta passando nella testa della signora in terza fila. Certo i concerti nelle arene sono gratificanti. Ma di questi nei teatri e nei club non potrei fare a meno. Perché mi ci sento completamente a mio agio».
Vengono a cantare con lei molti ospiti speciali: Zucchero, Jovanotti, Elisa, e Malika Ayane che le confessa di avere passato l’adolescenza sui suoi dischi. Che effetto fa?
«Un po’ di rabbia perché penso che quando lei era teenager io ero già attempato e senza capelli.
Ma mi commuove che una collega che ammiro, e che poi ha preso strade diverse dalle mie, apprezzi Pezzi di vetro, il brano che canta nel film».
È vero che, con gli anni, si è ammorbidito, insomma è diventato più aperto ?
«Capita, invecchiando: si cambia, speriamo in meglio. Si imparano cose che non sapevamo di dover imparare. Nel film che feci molti anni fa sempre con Pistolini, Finestre rotte, c’è una scena in un paese delle Dolomiti che adesso non avrebbe più senso: una signora mi chiede una foto, e io invece di accettare con gentilezza, come si dovrebbe fare sempre, le dico cose terribili: metta via quel telefonino!».
Invece in Nevergreen tranquillizza la platea: fate quello che volete col cellulare, dice, sentitevi liberi, tanto ci sono abituato. A proposito di film: lei col cinema ha lavorato.
«Scegliendo sempre per prima cosa i registi: Roberto Russo per Flirt, Marco Risi per Il muro di gomma e Paolo Genovese per Sei mai stata sulla Luna? Per Il muro di gomma ho fatto la colonna sonora. Con la soddisfazione di ricevere un premio Sacher, rara manifestazione di trasporto da parte di Moretti. Scherzo, ovvio».
E intanto: terza volta a Venezia, che per un cinefilo come lei è un traguardo. Ha avuto tempo di vedere qualcosa?
«Sono in tour per i 50 anni di Rimmel, tra un concerto a Lecce e uno a Macerata. Mi sono perso purtroppo anche il film che hanno dato proprio prima del mio, un documentario sul Festival di Newport con degli inediti di Bob Dylan».
E a proposito di Dylan …
«A Complete Unknown non mi ha convinto, troppo annacquato, troppo romanzato. Meglio quello di Todd Haynes, che coglie le molte sfaccettature del personaggio».
Che altro le piace al cinema?
«Se rispondo Fellini, Kubrick, Hitchcock sembro il vecchio signore che rimpiange il burro di prima della guerra. Tra i nuovi apprezzo Sean Baker, quello di Anora. Mi ha divertito anche U.S. Palmese dei Manetti con Rocco Papaleo. Prefersico autori non allineati, il mainstream mi annoia, l’arte la pazzia sono sempre state connesse. I film li vedo quasi tutti in casa, ho un bell’impianto e frequento molto le piattaforme: lo so che in sala è un’esperienza migliore. Ma la lascio ai più giovani che hanno voglia di andarsi a cercare un parcheggio».