Corriere della Sera, 6 settembre 2025
Come salvare il vino. Un Patto in dieci punti: meno vigne, alt ai rincari
Due numeri tormentano i produttori di vino. Il primo, 3,3, certifica il calo in percentuale del consumo mondiale di vino nel 2024 (214 milioni di ettolitri) sull’anno precedente, mai così basso dal 1961. Il secondo, 5 milioni, indica le persone che hanno smesso, negli ultimi tre anni, di bere vino. Il cambio di stile di vita colpisce i Paesi che producono di più: il primato è italiano.
Il primo a uscire allo scoperto con un appello è Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, con clienti come Sting, Massimo D’Alema, Bruno Vespa tra i più di 100 in portafoglio. La proposta è un «Manifesto per il vino italiano» in dieci punti «per unire viticoltori, enologi, cantinieri, uomini e donne del marketing, consorzi, istituzioni, Regioni e Governo». Un programma che rompe con il passato, certificando la fine dell’età dell’oro e invitando ad adottare misure drastiche.
Il primo punto: produrre meno. «È indispensabile avviare un percorso di progressiva riduzione delle rese per ettaro per un equilibrio tra produzione e mercato. Solo così si possono evitare giacenze e surplus che oggi mettono seriamente in difficoltà il settore, deprimendo i prezzi e indebolendo la competitività internazionale». Altrimenti «il sistema rischierà di entrare in una crisi irreversibile che, inevitabilmente, ricadrà su tutti con pesanti conseguenze”.
Il secondo: frenare le nuove aperture di cantine a rischio flop, «invitando chi vuole intraprendere questa strada ad affidarsi a professionisti qualificati, che possano anche condurre analisi di mercato e fornire indicazioni chiare su quali vini, in quel determinato territorio, abbiano reali possibilità di successo».
Spesso i ristoratori non si limitano a vendere una bottiglia al doppio del prezzo di acquisto, talvolta moltiplicano per tre e oltre. Il terzo punto quindi è la richiesta di «evitare rincari eccessivi, preservando il vino come esperienza accessibile e condivisa» permettendo anche «alle nuove generazioni, affascinate dal mondo del vino ma spesso frenate dai costi, di avvicinarsi senza barriere».
Poi, secondo il presidente degli enologi bisognerà riscrivere la mappa del Vigneto Italia, riconvertendo e estirpando. È la tesi del quarto punto: «In alcune aree è preferibile ridurre la vite a favore di altre colture più redditizie o di servizi ecosistemici che rafforzino l’economia agricola locale. Solo con un’analisi seria e coraggiosa delle reali potenzialità territoriali si potranno creare basi solide per il futuro».
Per quanto riguardo i cambiamenti del gusto e la maggiore attenzione alla salute, la proposta (punto 5) è di «sperimentare nuove tipologie, come vini a gradazione contenuta, per intercettare consumatori attenti ai nuovi stili di vita. I mercati internazionali ci chiedono vini più versatili, capaci di accompagnare nuove abitudini alimentari».
Il futuro delle aziende del settore, secondo Cotarella, si regge (punto 6) su due impegni: «Ridurre l’impatto ecologico in ogni fase della filiera, ma anche garantire redditi equi e stabili a chi lavora in vigna e in cantina. Un vino sostenibile lo è solo se tutela il territorio e assicura futuro a chi lo produce».
Per questo cambio di passo servono «nuove generazioni di professionisti: enologi, agronomi, tecnici di cantina, addetti alla promozione». Investendo, come si sostiene al punto 7, su «una formazione continua, aperta alle innovazioni scientifiche e tecnologiche, ma radicata anche nella conoscenza della tradizione e del patrimonio culturale che il vino rappresenta».
Tutto ciò può esistere solo con l’unità, invocata al punto 8, «tra chi produce, chi trasforma, chi distribuisce e chi promuove.. con una visione condivisa che metta in rete esperienze, risorse e strategie» sorretta da «una strategia unica di comunicazione internazionale, capace di raccontare il vino italiano come espressione di territorio, cultura e stile di vita». Ultimi due obiettivi: al punto 9, la tutela verso «chi imita e banalizza denominazioni, vitigni autoctoni e vitigni che hanno dimostrato adattabilità ai nostri territori»; e al punto 10 «gli investimenti nei mercati in crescita, dall’Asia all’Africa, senza trascurare quelli consolidat»”.
La richiesta è che i protagonisti dell’intera filiera, con il sostegno di Regioni e Governo, firmino questo «Patto istituzionale nazionale». Il 4 agosto scorso la premier Meloni e i ministri Lollobrigida e Urso hanno riunito il mondo del vino a Palazzo Chigi, per l’emergenza dazi. «Un primo passo – dice Cotarella – perché solo uniti potremo garantire al vino italiano un futuro degno della sua storia».