repubblica.it, 5 settembre 2025
Perché il ritorno dei bisonti è una svolta per le praterie
I bisonti sono uno degli animali simbolo degli Stati Uniti. Le loro immense mandrie hanno calpestato per migliaia di anni il suolo delle grandi pianure americane, prima che la caccia indiscriminata, nuovi patogeni e l’erosione del loro habitat naturale portati dai coloni europei li spingessero praticamente all’estinzione. Con la loro scomparsa, anche gli ecosistemi delle praterie sono cambiati. E oggi sappiamo esattamente come, grazie a uno studio pubblicato su Science che ha studiato i benefici portati dalla reintroduzione dei bisonti nelle praterie del grande parco nazionale di Yellowstone.
La storia dei bisonti si intreccia fittamente con quella delle popolazioni umane che hanno abitato il continente americano. La loro presenza nelle praterie del Nord America è attestata almeno a partire dal 9mila a.C. Abitavano in una vasta area, nota anche come “cintura dei bisonti”, che si estende dall’Alaska al golfo del Messico, dove vagavano in enormi mandrie che hanno rappresentato per millenni una risorsa preziosa per le popolazioni di nativi americani. All’inizio del diciannovesimo secolo si stima che la popolazione di bisonti americani superasse i 60 milioni di esemplari, che vivevano in perfetto equilibrio con gli ecosistemi in cui abitavano, e con gli esseri umani.
Un equilibrio che si è però spezzato con l’arrivo dell’uomo bianco: la costruzione della grande ferrovia transcontinentale americana venne infatti accompagnata da una campagna di sterminio senza precedenti, motivata non solo dallo sfruttamento dei bisonti come fonte di cibo e di pellicce, ma indirizzata anche a privare i nativi di una risorsa chiave per la loro sopravvivenza: spesso i bisonti venivano uccisi senza alcun motivo, da cacciatori appostati sui treni in transito nelle praterie, e le loro carcasse lasciate a marcire nell’erba. I risultati di tanti sforzi non tardarono a farsi vedere: all’inizio del ventesimo secolo l’intera specie si trovava infatti ad un soffio dall’estinzione, ridotta a poco più di 500 esemplari.
Fortunatamente, un’intensa campagna di conservazione ha permesso di salvare il bisonte americano, e oggi si contano oltre 30mila esemplari. Ospitati, però, per lo più in riserve e ranch privati, dove sopravvivono vivendo in piccole mandrie in uno stato di semi-libertà. L’unica eccezione è il parco nazionale di Yellowstone, dove oltre 5mila bisonti americani vivono liberi in uno stato che ricorda molto il loro stile di vita ancestrale. In questo “laboratorio vivente” si è svolto il nuovo studio: tra il 2015 e il 2021 un team di biologi ha monitorato le loro migrazioni all’interno del parco, studiandone l’alimentazione, misurando la velocità di ricrescita della vegetazione, i nutrienti e le sostanze chimiche presenti nel suolo, e molti altri parametri relativi alla salute degli habitat in cui si muovono.
Comparando le aree dove i bisonti avevano pascolato con aree non visitate da questi animali, i ricercatori hanno quindi potuto studiato il loro impatto sugli ecosistemi della prateria. Confermando un importante effetto benefico: brucando l’erba, i bisonti contribuiscono ad aumentare la biodiversità vegetale, mantengono l’erba bassa, compatta e ricca di proteine di cui possono cibarsi altri animali. Stimolano la presenza nel suolo di comunità microbiche ricche e variegate, che a loro volta, aiutati anche dalle sostanze depositate attraverso le feci e l’urina dei bisonti, forniscono nutrienti che potenziano la crescita di nuovi vegetali.
“Il passaggio dei bisonti aumenta del 150% la crescita vegetale”, spiega Jerod Merkle, biologo dell’Università del Wyoming che ha collaborato alla ricerca. “Prendendo questa percentuale e calcolandone gli effetti su tutta l’area in cui si spostano i bisonti nelle loro migrazioni, abbiamo stimato che la loro presenza fornisce oltre tre milioni di chilogrammi di proteine in più all’ecosistema”.
Tutto considerato, i ricercatori ritengono che la presenza di grandi mandrie di bisonti liberi di migrare aumenti la produttività del suolo, la biodiversità animale e vegetale, e promuova anche la presenza di popolazioni più abbondanti di altre specie di animali selvatici. A detta di Merkle, questi risultati confermano i benefici ambientali che si ottengono dalla presenza di bisonti liberi nelle praterie americane. Benefici che vanno in qualche modo a cozzare con gli interessi degli allevatori (le mandrie di bisonti possono provocare danni agli allevamenti, mischiarsi con il bestiame e rappresentare il vettore per la diffusione di malattie) ma che il biologo ritiene sufficienti per motivare una campagna di reintroduzione in natura, almeno in alcune aree del paese.