la Repubblica, 5 settembre 2025
Supereremo con l’IA le correnti gravitazionali. “Universo senza segreti”
Due buchi neri che si scontrano fanno rumore. Ma se la collisione avviene a miliardi di anni luce, percepirla dalla Terra diventa difficile. Gli astrofisici hanno imparato a captare le vibrazioni provocate da questi cataclismi, che scuotono come una campana l’impalcatura dello spazio tempo e si propagano nell’universo sotto forma di onde chiamate gravitazionali, ma con molta difficoltà. Oggi in loro aiuto arriva l’intelligenza artificiale.
Teorizzate da Einstein nel 1915, leprime onde gravitazionali sono state osservate 10 anni fa, il 14 settembre 2015, premiate con un Nobel nel 2017. Si manifestano alterando le dimensioni della Terra in modo quasi impercettibile. Per captarle servono antenne chiamate interferometri, capaci di registrare distorsioni della forma del pianeta infinitesime: 10mila volte più piccole del diametro di un protone. Per descriverle esistono frazioni come 10 alla meno 18, ma non unità di misura di uso comune. Per migliorare l’acume di questi strumenti il Gran Sasso Science Institute (Gssi), il Caltech californiano e Google DeepMind hanno messo a punto un programma di machine learning descritto ieri su Science.
Prendiamo l’interferometro italiano Virgo. È a Cascina (Pisa) ed è gestito dall’Osservatorio Gravitazionale Europeo (Ego), di cui fanno parte l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e il francese Cnrs. È formato da due bracci a croce di 3 chilometri. Alle estremità di ogni braccio si trova uno specchio. Un raggio laser rimbalza tra gli specchi. Il passaggio di un’onda gravitazionale, causando uno svergolamento dei bracci, fa sì che gli specchi si allontanino e il laser se ne accorga. È uno spostamento infinitesimo, ma il segnale che qualcosa di grosso è avvenuto in qualche angolo dell’universo.
Già così sarebbe sufficientemente complicato. Basta poi un lieve tremore sismico accanto a un interferometro, le vibrazioni di un treno, di un’auto in lontananza o – un problema che si è rivelato più serio del previsto – il frangersi delle onde (quelle del mare) sulle coste, anche a centinaia di chilometri di distanza, per mandare a monte la precisione estrema. Gli specchi sono sospesi su pendoli che compensano le vibrazioni del terreno, ma entro certi limiti. Per raggiungere una stabilità ancora maggiore si è deciso così di arruolare l’intelligenza artificiale.
Il software di Gssi, Caltech e Google DeepMind in 4 anni di addestramento ha imparato a controbilanciare ogni movimento esterno con un movimento dello specchio uguale e contrario. La stabilità già impressionante è migliorata di 30-100 volte. Lo ha dimostrato una serie di test sull’interferometro americano Ligo che a Livingston, in Louisiana.
«In 10 anni, abbiamo osservato circa 300 fusioni di buchi neri. Il ritmo oggi è di un evento ogni tre giorni» spiega Gianluca Gemme, dirigente di ricerca dell’Infn e coordinatore degli scienziati di Virgo: oltre mille da 20 paesi. «Le vibrazioni del suolo ci limitano molto. Riusciamo a captare collisioni fra buchi neri grandi qualche centinaio di volte la massa del Sole. Quelli più massicci ci sfuggono. Un sistema che stabilizza gli specchi è come un paio di occhiali per vedere meglio l’universo».
Il sistema di intelligenza artificiale, con il suo contributo italiano, potrebbe aiutarci in una missione più mondana. Il successore di Ligo, Virgo e del giapponese Kagra – l’Einstein Telescope – potrebbe sorgere in Sardegna. La candidatura è sostenuta dall’Infn, dal governo che ha impegnato 950 milioni tramite il ministero della Ricerca e dalla Sardegna che ne ha impegnati altri 350. L’anno prossimo dall’Europa potrebbe arrivare la decisione, con Olanda e forse Germania come rivali.
Nel 2017 Ligo e Virgo hanno osservato un altro fenomeno estremo: la fusione di due stelle di neutroni, fra gli oggetti più densi del cosmo. In poche decine di chilometri di diametro contengono la massa di uno o due Soli. Nelle loro esplosioni si formano oro e platino. «Ci saremmo aspettati di osservarne di più» commenta Gemme. «Speriamo, con specchi più stabili, di captarne altre». Il machine learning permetterà di visualizzare centinaia di eventi in più ogni anno, moltiplicando gli allarmi che suonano sui cellulari degli scienziati ogni volta che passa un’onda gravitazionale.