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 2025  settembre 05 Venerdì calendario

Osservato per la prima volta un buco nero che potrebbe essersi formato pochi istanti dopo il Big Bang

Una scoperta che potrebbe riscrivere la storia dell’universo. Gli astronomi di tutto il mondo sono in fermento dopo che il telescopio spaziale James Webb, dalla base in Guiana Francese, ha individuato un buco nero antichissimo, che potrebbe essersi formato nelle primissime frazioni di secondo dopo il Big Bang. C’è già chi parla di un «nuovo paradigma» e, soprattutto, di una clamorosa conferma a una delle ipotesi più affascinanti di Stephen Hawking: l’esistenza dei cosiddetti buchi neri primordiali, previsti dalla teoria ma mai osservati fino ad ora. Se ulteriori analisi confermeranno questa scoperta, potremo trovarci davanti a una vera e propria rivoluzione nella nostra comprensione dell’universo.
«Questo buco nero è praticamente nudo – ha affermato al The Guardian il professore Roberto Maiolino, cosmologo dell’Università di Cambridge e membro del team che ha condotto le osservazioni – È davvero una sfida per le teorie. Sembra che questo buco nero si sia formato senza essere stato preceduto da una galassia attorno a sé».
La teoria sui buchi primordiali era stata ipotizzata negli anni ‘70 da Stephen Hawking. Lo scienziato riteneva che alcuni buchi neri potessero essersi formati prima ancora delle stelle, nei primissimi istanti di vita dell’universo. Secondo questa teoria, rimasta a lungo nel regno delle speculazioni, durante l’espansione caotica successiva al Big Bang, regioni particolarmente dense e calde avrebbero potuto collassare su sé stesse, dando origine a buchi neri primordiali di varie dimensioni. In questo scenario, sarebbero stati proprio questi oggetti a giocare un ruolo chiave nella nascita delle prime strutture cosmiche, agendo da «semi gravitazionali» attorno ai quali polveri e gas avrebbero iniziato ad aggregarsi, dando forma alle prime galassie. Non solo: Hawking suggeriva anche che questi buchi neri antichissimi potrebbero rappresentare una delle possibili spiegazioni della materia oscura, quella misteriosa componente dell’universo, che tiene insieme tutto ciò che conosciamo.
Gli astronomi stanno concentrando le loro osservazioni su un minuscolo «puntino rosso» chiamato QSO1, risalente a oltre 13 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva appena 700 milioni di anni. Tra i tanti oggetti compatti e luminosi individuati dal telescopio James Webb, QSO1 è stato riconosciuto come un antico buco nero supermassiccio.
Nonostante l’enorme distanza, gli scienziati sono riusciti a misurare la velocità con cui il gas e la polvere ruotano attorno a questo buco nero. Questi dati hanno permesso di stimare una massa pari a 50 milioni di volte quella del Sole, mentre la massa complessiva della materia che lo circonda è meno della metà. «Questa scoperta è molto diversa da ciò che osserviamo nel nostro universo vicino, dove i buchi neri al centro delle galassie – come la Via Lattea – hanno una massa circa mille volte inferiore rispetto a quella delle galassie che li ospitano«ha spiegato il professor Roberto Maiolino.
In un’analisi separata, è emerso che il materiale luminoso che circonda il buco nero è chimicamente «puro», composto quasi esclusivamente da idrogeno ed elio, gli unici elementi presenti subito dopo il Big Bang. L’assenza di elementi più pesanti, che si formano nelle stelle, conferma che nelle vicinanze del buco nero non c’è stata una significativa attività di formazione stellare. «Questi risultati segnano un vero e proprio cambio di paradigma – ha dichiarato Maiolino – Qui stiamo osservando la nascita di un enorme buco nero senza la presenza di una galassia vera e propria, almeno per quanto possiamo dedurre dai dati disponibili».