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 2025  settembre 04 Giovedì calendario

Intervista a Nicola Piepoli

Novant’anni il 7 settembre, un compleanno tondo, ma a Nicola Piepoli non si può dire che gli anni «sono solo un numero», perché lui sui numeri ha costruito una carriera. Quando dici “sondaggi” pensi a lui.
Professore, partiamo dall’inizio. La prima volta che ha “indagato” la gente quando è stato?
«Ero neolaureato con il massimo dei voti e trovai lavoro in una banca, inizio anni ‘60, a Torino, in una agenzia del Credito Italiano che era a porta Palazzo dove arrivava meno gente che in altre banche. Mi è venuta la curiosità di capire perché e allora nelle ore di pausa uscivo per strada e facevo delle domande».
E come la prendevano i passanti?
«Apparivo come un bravo ragazzo e quindi prendevano bene le mie domande. Capii che venivano meno da noi che dagli altri perché non ci conoscevano bene come brand. Sono andato dal mio direttore e lui mi disse che stavo dicendo “fanfaluche” e che era una cosa che non mi riguardava. Allora andai alla biblioteca della facoltà di Economia e Commercio e chiesi dei libri sulle ricerche di mercato e iniziai a studiare. Tagliacarne aveva fatto delle analisi provinciali, Luzzatto aveva importato il metodo Doxa e mi dissero che a Torino c’era L’Oréal che faceva ricerche di mercato. Ho studiato il weekend e il lunedì ho dato le dimissioni iniziando la mia nuova carriera. Ma ora che ci penso sa quando per la prima volta ho capito quanto fosse importante capire cosa pensassero le persone?».
Quando?
«Il giorno in cui Mussolini annunciò la guerra avevo solo 5 anni e a casa sentimmo il discorso del duce e poi in famiglia lo commentarono. Mio padre, un intellettuale, vicerettore del Convitto nazionale di Torino, era afflitto e diceva che era la peggior cosa che poteva succedere. Poi siamo usciti e passando da via Cibrario, facendo i portici, mi ha fatto osservare le facce della gente. C’era chi piangeva, chi si abbracciava, un gruppo di persone anziane tristi e mute, un uomo che diceva a un amico che stava partendo per la Svizzera perché non si fidava più dell’Italia. E mi chiese: “Ma questa gente è allegra o triste?”. Io risposi: “Triste” e lui mi disse che l’infelicità è il prodotto della guerra».
In questo momento il mondo è di nuovo scosso dalle guerre.
«La popolazione non vuole la guerra e il governo ha dichiarato esplicitamente che non manda a combattere i propri soldati».
Il governo su questo segue i sondaggi?
«No il governo segue la storia, e gli 8 mesi che Mussolini ha passato come non belligerante. La Meloni non dice che è non belligerante, ma lo è nei fatti. Sta lavorando bene per il Paese».
È un endorsement il suo?
«Sono favorevole a un capo del governo che non manda soldati in guerra».
Lei è stato il primo a fare gli exit poll in Italia, giusto?
«Era l’inizio degli anni ’90, ma li chiamavano “sortie des urnes”, perché queste indagini le hanno inventate i francesi,non gli americani. Enrico Mentana, a cui rivolgo un pensiero di gratitudine, quando passò al Tg 5 aveva bisogno di qualche cosa che lo differenziasse dalla Rai e mi chiese consiglio. E io dopo un giro per l’Europa in Francia capii che le “sortie des urnes” erano una strada; quindi ho proposto il sistema e abbiamo vinto, superando la Doxa. E dopo tanti anni continuo a cercare nuove vie».
Lei è ancora sulla tolda di comando dell’azienda?
«Ci sono le mie nipoti, e un presidente che è esterno. Ma ovviamente anche io».
Quanto della vita familiare ha sacrificato al lavoro?
«In famiglia abbiamo sempre lavorato tutti, mia moglie in testa che mi ha sempre seguito nelle mie follie. Avevo un figlio che era un gran cervello e sarebbe stato un ottimo ricercatore. Era circondato da amici e aveva una grande conoscenza del mondo. Aveva studiato scienze politiche, non era il primo della classe come me perché gli piacevano tante altre cose, la vita in comune, l’amicizia, i viaggi. E ha perso la vita con la fidanzata a Zanzibar, in moto, travolti da un camion. Aveva 32 anni».
Come si sopravvive alla perdita di un figlio.
«Qui non c’è numero che possa aiutarti. È come morire due volte. Mia moglie non lo ha ancora superato. E io il lavoro che faccio lo faccio in suo onore e in suo nome. Stiamo costituendo una società senza scopo di lucro per la formazione alle nuove tecnologie dall’Ai, al problem solving, alla futurologia, con il brand Istituto Piepoli e il sottobrand: “Per-corso futuro”. Mio figlio si chiamava Corso. Se vogliamo è una dichiarazione di presenza».
In molti si chiedono lei per chi vota.
«Non mi ricordo».
Non ci credo
«Sono disinteressato alla politica e voto per una persona che reputo interessata al mio Paese».
Meloni?
«Non ricordo, ma posso dirle che si è comportata bene. Poi certo ci sono problemi nei ministeri, non è circondata da intellettuali. Comunque non la ho mai frequentata».
Berlusconi?
«A Berlusconi con cui lavorai alla presidenza del Consiglio dissi chiaramente che non lo avevo votato e mi ha preso ugualmente perché era uno che credeva nella meritocrazia. Lo ho rivalutato nel corso della vita».
Il politico che ha stimato di più?
«Prodi. Siamo più che amici, c’è ammirazione reciproca. Ha il sentimento del Paese e ha lavorato bene. Tuttora potrebbe essere capo del governo».
Politici con cui ha litigato o che le hanno fatto pressione?
«Nessuno perché non li frequento».
Maestri?
«Norberto Bobbio e Luigi Einaudi. Mi diedero un consiglio che ho sempre seguito: “Senti Piepoli sei video-genico, stai attento a non creare invidia altrimenti prenderai batoste e ti farai nemici"».
Ed è successo?
«Avevano ragione ma sono sempre stato molto attento a prendere la tv come servizio e non come vanagloria».
Lei è famoso per andare sempre a piedi.
«Oggi faccio solo 6 mila passi al giorno, vista l’età. Qualche anno fa chiesi al grande Caprotti, patron di Esselunga, che è stato un mio cliente, quale fosse il suo segreto di longevità e lui mi disse di controllare sempre quel che accade in azienda e di curare il fisico. Così cammino, mangio bene e vado a letto inesorabilmente alle 10 di sera».
Ha un motto?
«San Francesco ripeteva ai frati “nulla è impossibile”. E per me nulla è impossibile, compresa la pace».