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 2025  settembre 04 Giovedì calendario

Saddam Haftar, l’ultimo dei sette figli e il prediletto destinato a succedere al padre in Libia

Non è un caso che nei giorni scorsi a Roma, per negoziare sul destino del proprio paese e sulle tensioni crescenti a Tripoli, Khalifa Haftar, l’uomo forte dell’Est (Cirenaica) e del Sud (Fezzan), abbia inviato il figlio Saddam, 34 anni. Di fronte si è trovato Ibrahim Dbeibah, nipote di Abdel Hamid Dbeibah, premier a Tripoli, riconosciuto dall’Onu, ma da settimane molto traballante.
Saddam Haftar, con le sue immancabili uniformi militari, viaggia ormai in mezzo mondo in rappresentanza del padre, che il 14 agosto lo ha nominato vicecomandante dell’Esercito nazionale libico, capeggiato proprio da Khalifa, 82 anni, dalla salute incerta, dopo essere stato colpito da un ictus nel 2018. Insomma, Saddam, l’ultimo dei sette figli, è diventato ufficialmente il numero due del regime e l’erede designato. Il Parlamento, che ha sede a Bengasi, dove risiede il clan Haftar, ha adottato una legge, che ha messo tutto nero su bianco.
Ma chi è Saddam? Altri fratelli ambivano al riconoscimento (tanto più che, pessimo studente, non si è mai laureato, a differenza di loro). Perché proprio lui? “È stato sempre il protetto del padre – sottolinea Jalel Harchaoui, ricercatore del Royal United Services Institute di Londra ed esperto di Libia -: il figlio timido, viziato, il più piccolo dei sette, favorito da Khalifa”. È cresciuto a Bengasi con la madre e i fratelli, mentre Haftar, rivale di Muammar Al-Gaddafi, era scappato in esilio negli Usa. Ma anche a distanza e dopo che la famiglia si è riunita, “Saddam ha avuto dal padre più attenzioni di tutti”, continua Harchaoui.
A lungo è stato il fratello Khaled a sembrare l’erede naturale di Khalifa. Militare tutto d’un pezzo, Khaled è sobrio, calmo e convenzionale. Saddam, invece, è molto più ambizioso e, al di là degli affari militari, ha sempre pensato innanzitutto a fare soldi. Ci è riuscito in maniera scaltra e gli ingenti mezzi finanziati oggi a sua disposizione sono la sua più grande forza. Saddam, anche nel business (traffico di migranti, di carburanti ei droga) è intempestivo e sconcertante, mai prudente. Nella giungla libica funziona.
Nel 2022 Amnesty International aveva denunciato gli “orrori” commessi dalla sua potente milizia, Tariq Ben Zeyad, soprattutto sulle popolazioni civili, evocando torture, stupri, assassini, sequestri e trasferimenti forzati. “Più che un comandante militare è uno spietato autocrate in erba – sottolinea Emadeddin Badi, esperto di Libia nel think tank Centre on Armed Groups -. Si è concentrato sulla costruzione del suo impero reprimendo la dissidenza”.
Saddam sarebbe implicato anche nel traffico di migranti. In un documento del dicembre 2024, un gruppo di esperti dell’Onu descrive Ali al-Mashai, detto “l’uomo di Saddam”, come un “attore chiave di un programma internazionale di tratta di esseri umani e di migranti”, gestito in collaborazione con diverse mafie del settore a livello internazionale “almeno dal 2023”.
Nonostante tutto questo, nessuno, anche fuori dai confini libici, osa contrariarlo. Negli ultimi mesi ha visitato a più riprese la Turchia (che prima appoggiava Dbeibah e ora si è spostata verso gli Haftar, sempre più potenti In Libia). E poi è andato in Qatar, Niger, Ciad e Burkina Faso. E pure negli Usa e in Egitto. “È in una fase talmente ascendente che tutti prendono delle precauzioni con lui – continua Harchaoui -. Un giorno sostituirà il padre e non solo: vista la debolezza di Dbeibah e la confusione a Tripoli, potrebbe diventare il padrone assoluto di tutta la Libia”. Khalifa ha intessuto le sue alleanze con la Russia, l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti. Ma ormai anche la Turchia ha bussato alla sua porta e perfino gli Usa di Trump trattano il clan Haftar con i guanti di velluto. Non parliamo dell’Italia di Giorgia Meloni…
Intanto, il fratello Khaled non è scomparso. A metà agosto, dopo il “regalo” a Saddam, lui è stato nominato generale e capo di Stato maggiore. Pochi giorni fa era a Pechino, prima ancora a Mosca. Pure lui, come Saddam, ha una milizia ai propri ordini. I due, in un modo o nell’altro, devono intendersi. C’è poi Belgacem Haftar, l’unico fratello civile, un ingegnere in giacca e cravatta (e senza milizia), che gestisce il Fondo di ricostruzione e sviluppo, creato con i soldi del petrolio per far ripartire la Cirenaica dopo le alluvioni a Derna del 2023: quasi due miliardi di euro investiti in maniera a dir poco opaca. Da tempo, però, anche Saddam, coi fondi pubblici, ha messo su il suo programma (si chiama Apparato di sviluppo nazionale), con progetti a Sirte e Bengasi. Ma da metà agosto è sempre più attivo ovunque. Quasi volesse mettere nell’ombra Belgacem.